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23 Maggio 2014

Uncategorized · arrampicata · Christian Roccati · Muzzerone

Giornate come altre

Accade un giorno, uno come un altro, che ti svegli e dici, “ok, da oggi ricomincio a scalare”. Apparentemente non esiste un perché, in realtà, dentro di te sai che hai maturato minuto dopo minuto, secondo dopo secondo, un enorme cammino, che ti ha portato fin lì. Da fuori non è passato un istante: prima non arrampicavi, dopo si.

In questi tre anni ho toccato molte volte la plasitca e ho portato gente su roccia, per avviarla e lasciarla andare, ma non ho mai scalato, non mi sono mai messo ad arrampicare per me, davvero.

Due settimane e due uscite. “Luca ci sei sto pomeriggio? Ok, si va”. Ci vediamo alle 16 e partiamo alla volta di Finale, va così, per due volte. Ho ricominciato a scalare su un tiro di 7c… finalese… al solito ancora quotato in lire. Può sembrare una cosa da pazzi, ma non lo è. Si tratta solo di un numero e non può fermare l’estetica e l’armonia di una linea solo per un numero. Non ho iniziato nuovamente per arrampicare una certa difficoltà, ma per lo stimolo di affrontare quella linea, razionalmente più grande di me.

Due settimane e tre giri. Il chiave risolto senza troppo impegno, la via che aspetta un vero tentativo. Sono molto contento per questo inizio, lascia grandi speranze, accende le prospettive.

E questa settimana? Sta volta niente. Un movie maker mi ha chiamato per fare un documentario, un cortometraggio, sull’arrampicata on sight, a vista, e i suoi significati profondi. Benissimo, peccato che non si possa fare però sulla via che vorrei provare. Andremo quindi al Muzzerone, altra mecca della scalata, vero paradiso terrestre dal punto di vista naturale.

Son sincero, mi dispiace molto d’esser ripreso con la forma atletica di uno che ha ricominciato due volte fa… A me piace danzare sulle vie e non cercare di rimanerci appiccicato, ma c’è solo una giornata possibile, questa. Luca prende ferie, io recupero tempo dai vari impegni con i miei partner… e si va.

La notte devo per forza lavorare e scrivere una lettera importantissima, il risultato è che mi trovo a dormire soltanto un ora e mezza… e considerando che dal 10 al 20 maggio ho riposato al massimo 2-3 ore a notte, la mattina per il vero, non sono nella forma ideale, ma il progetto è interessante, m’incendia.

Passo a prendere Luca e ci dirigiamo verso La Spezia. Il destino ci mette lo zampino e la mia giovane auto di 210.000 km, la mia “furia buia”, una classica quanto splendida punto nera, si spegne in galleria. Giubbotto a Lu’, 4 frecce, e usciamo a segnalare perché altri non si facciano male e per non trovarci in una trappola. Un tir, forse guidato da un autista ancora assonnato, si dirige contro di noi, con le porte mezze aperte valuto al volo il campo. Non c’è il tempo d’infilarci in un alcova, quindi entriamo in macchina e ci mettiamo le cinture di sicurezza in un istante. Il gigantesco mezzo ci passa a pochi centimetri, la macchina sballotta per il vento.

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Il mio socio mi chiede cosa fare, non ci sono colonnine SOS, “avverto subito”. Usciamo e come compagni di cordata ci intendiamo in un attimo; Luca inizia a segnalare il rischio sventolando il giubbino, così non mettiamo in pericolo gli altri, io tiro fuori il triangolo e lo monto, glielo porgo e mentre lui corre a posizionarlo, chiamo i soccorsi.

Dopodiché ci infiliamo in un’alcova, protetti in caso di autisti dormienti. Chiedo al mio amico se voglia uscire dalla galleria mentre rimango dal mezzo, ma lui sta con me. Faccio due o tre telefonate e ci individuano. Ci accordiamo e Luca sposta più lontano il triangolo che rimane integro solo per pochi minuti e presto viene centrato da una macchina andando in pezzi. Mi vesto ulteriormente con abiti riflettenti e così, come due lampadine, corriamo a sventolare i frammenti rimasti. Le macchine per un po’ ci evitano poi arriva il carro degli ausiliari che si mette in protezione. Dopo dieci minuti è la volta del carro attrezzi che ci carica e porta a Sestri Levante. Sembra sia andata bene, siamo vivi.

Nel frattempo il regista continua a chiamarmi per avere notizie, informazioni che non posso dargli. Luca mi domanda se ce la sentiamo ancora? Mi dice serio: “va beh che sei d’acciaio ma sarebbe normale abbandonare tutto”. Guardo il cielo e il tempo atmosferico per altro è più che funesto, tutto il contrario di ciò che serve alle telecamere. Sono tutt’altro che d’acciaio, una persona estremamente sensibile che cade sempre, ma che si rialza sempre, in qualsiasi condizione. La sua frase però mi riempie d’orgoglio, visto che è detta da uno degli scalatori d’eccellenza del nord ovest Italia, ancora scosso dall’evento.

2014-05-20 10.40.00

La macchina non parte, probabilmente ho fuso il motore perché si è staccato il manicotto del radiatore. Sintomo o conseguenza? Sia quel che sia, questa è davvero una grana, ma non possiamo perdere la giornata. Andiamo a piedi fino in stazione, in treno fino a La Spezia, mediante passaggio in macchina fino al sentiero e finalmente verso la parete.

Regista e aiuti sono persone estremamente simpatiche e competenti. La via è magnifica, una storica linea “Gioia dei Tendini”, un 7b+ classico, strapiombo aereo su tacche, geniale e bellissima. Peccato, davvero peccato che sia la terza volta che scalo veramente da tre anni… Maledetti eventi funesti, maledetto orgoglio.

2014-05-20 13.22.05

Ci scaldiamo su un tiro che piacerebbe tanto al nostro guru, Fabio lo Shaolin… non possiamo non nominarlo ogni tanto o la giornata non parte bene. Affrontiamo quindi la nostra parete. Luca fa il primo giro e a vista la ceffa di un soffio per le condizioni… Lui non sbaglia mai questo grado a vista. Tocca a me, che non ho velleità: il mio scopo oggi sarà arrivare in fondo alla giornata economizzando le mie poche forze. Per l’occasione uso anche le scarpette nuove… Al secondo giro il mio socio si porta a casa la via e da quel momento si mette a disposizione. Ripetiamo la linea non so quante volte, ripresi da tutti i lati da un regista creativo e appeso nel vuoto. Io mi occupo dei due terzi del tiro; ripetere molte volte il chiave mi consumerebbe e non arriverei alla fine del dì. In ogni caso ci metto un po’ a capirlo e alla fine tasto la presa di uscita ed è buonissima, verrò a fare questa splendida linea. Quasi sicuramente l’affronterò PP, cioè metterò prima i rinvii con un giro di riscaldamento e poi la chiuderò in un secondo giro. Vedremo.

Tra noi parliamo, i ragazzi si stupiscono che sappiamo tutti i movimenti subito a memoria. In realtà ogni nome che diamo a una presa sta a significare una sequenza, uno schema motorio conosciuto ed è questa la cosa che abbiamo in realtà in testa. …si tratta della differenza tra memorizzare una cosa e capirla.

gioia dei tendini

La giornata è lunga ed entusiasmante. Faticosa. Siamo in gara con il tramonto che quasi ci sorprende. Giungiamo infine al momento delle interviste quando è buio. Le facciamo in un punto panoramico a un metro dal culmine di un pilastro famoso che precipita per 300 metri. Ci fermiamo a mangiare lì. Rimaniamo in quattro, cucina la troupe. Le stelle sono tutto intorno, quelle di gas in cielo e quelle con lo scafo in mare.

La mia mente è lontana, purtroppo non è qui, ma il mio corpo assorbe le tenebre. Il regista ci accompagna a casa, oramai è notte fonda. Devo dedicarmi ancora a qualche ora di lavoro, nella migliore delle tradizioni, e finalmente svengo nel letto.

Sembra proprio che la mia vita stia per ricominciare.

Christian Roccati
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