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21 Ottobre 2014

Uncategorized · alluvione genova · Christian Roccati · Montoggio

Alluvione Genova (Montoggio – venerdì 10) Giorno 2 di ?

La notte del 9 ottobre scorre, dapprima molto piacevolmente, ridendo e scherzando e, dopo la magica cenetta, un po’ meno serena. Il tempo che impazza bombarda il tetto da ogni lato. Sento domande inespresse, perplessità di piombo in forme aeree in ogni respiro della fanciulla. Non posso che rispondere con la sicurezza che si percepisce prima d’ogni vocabolo, così dev’essere. L’unica che possiedo è vera: c’è sempre una risposta per qualsiasi problema. Questo non è altro che un sistema e come tale ha una soluzione.

9 ottobre… gli dei hanno il senso dell’ironia… Senza richiamare impunemente mostri sacri, la mia mente non può che volare al 1963, quando la terra scese a baciare l’acqua… e fu il Vajont.

Ma non è questo né l’anno né il tempo… è solo la solita alluvione a cui nessuno tende ad abituarsi.
Chiudo gli occhi, ronfo bene e mi riposo; dormo io, dorme lei, in un caldo abbraccio, domani avremo di che sistemare! …e infatti sveglia 8.30… Sono in ferie, oggi niente orari lavorativi malsani!
Casa allagata, pazienza!

Non ci sono acqua, luce e gas. Di mio già non ho telefono, tv, radio e via discorrendo…
Insomma sono in uno dei soliti bivacchi. Se Maometto non va alla montagna… dicono…

La fanciulla è serena, quindi esco e noto il nuovo style di cortile, vialetto e stradicciola.

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Quanto adoro i disaster movie… “The day after tomorrow”, “The street”, “Postman”, “Waterworld”… beh si anche quest’ultimo!

Sono bardato della mia attrezzatura anche se, per il momento pioviggina soltanto e il cielo offre clemenza, una tregua che ipotizzo momentanea: controllo l’auto della ragazza, la prima cosa. Tutto ok. Ben diversa è la condizione delle vetture dei vicini.

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Scendo in paese e osservo vie, ex scaletta e la macchina che ho in prestito, anch’essa intatta. Conservare la mente come in qualsiasi altra giornata alpinistica è servito. Per anni è stato l’ordinario, non l’alluvione… ma l’esplorazione: aprire la porta la mattina e non aver l’assoluta certezza di ritoccarla la sera, anno dopo anno. Questa è solo un’altra giornata; chi fa lo stesso mestiere, può capire.

pietruzze

scala

Di nuovo a casa e via di pulizia: dapprima l’esterno… qui oramai quasi pulito…

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Poi l’interno, un blocco di fango liquido, molto difficile da togliere. Eppure devo esser sincero… il clima continua a essere iper gioviale. Si canta tutto il tempo, con serenità, entusiasmo: sono in ferie, mi sto curando della mia casetta, sono quasi felice. …che posso farci? Son fatto così!

Tutto è lindo e pulito… asciutto, di nuovo!

Vado anche a riprendermi il cancello, nel neonato letto del torrente. Prima o poi lo rimonterò. Un pezzo del mio forno è piantato nel furgone che è saldamente ancorato al mio muro, anche quello poi farà di nuovo parte della mia casetta.

Intanto il tempo ha ripreso da ore a incattivirsi… Non ho sensi di ragno, ma ho parametri da canyoner…
Ho la quai matematica certezza che stia per arrivare un’altra onda di piena… penso la seconda, in realtà è la terza. Devo costruire una diga e farlo all’istante. Avrò si e no 5 minuti e non so quanto possa durare.
Non voglio che distrugga il pian terreno, già non c’è più la strada…

…l’acqua sale… ho pezzi di forno, asfalto, marne… Ce la posso fare.

Termino il lavoro con macerie di catrame da 60 kg, scudi neri contro la volta plumbea e mi preparo con una scopa in resta a fermare l’avanzata. Mi ricorda la pubblicità americana di quell’uomo che con una mazza da baseball vuole respingere un asteroide. Mi ferisco a fondo una gamba, e superficialmente il naso, ma ci penserò poi.

Ce la posso fare.

…E l’acqua sale, ancora lentamente per ora. Ce la posso fare: stappo i pluviali, continuativamente, faccio dighette e butto fuori l’acqua con le setole. Non mi arrendo, lotto.
raggiungo uno stallo… E l’umore prosegue nell’essere altissimo.
Non mi porterai via la mia casa. …é la mia casa.

Continuo a scherzare… non me lo invento.
Questo è il mio mondo. Io la vedo così…

La strada è il torrente… basta resistere…
Ce la posso fare… sic.

Alla fine l’onda arriva…

onda

…ma se dico che ce la posso fare, significa che ce la posso fare.
Vado avanti ininterrottamente fino al defluire di ogni massa d’acqua…

vittoria

Svuoto il pluviali per la millesima volta e sistemo tutto, perché il terreno è zuppo e la guerra è solo rimandata di una battaglia.

…e così è, arriva una nuova onda, la quarta che io conto come terza, e le condizioni mi dicono che questa volta perderò le mura esterne del castello e dovrò rintanarmi nella fortezza. La ragazza è al pian terreno e, prima di qualsiasi altra cosa, serro dall’esterno la porta con una diga. L’acqua entrerà, ma non la metterà in pericolo.
Poi esco, e combatto finché posso, l’acqua ha la meglio come preventivato, ma azzero i danni aggiuntivi…

Uno a uno, palla al centro.

Non mi resta che entrare in casa… ma posso solo scalare la facciata e scambiare una finestra per la porta, dal primo o dal secondo piano.

finestra

Mi ripulisco e si mangia. Il pian terreno è nuovamente allagato, ma pazienza.

Oltre alla luce del giorno, grazie alla disciplina montagnard abbiamo:

– lampade frontali e candele per la notte
– bombole di gas e fornelli per mangiare
– 500 litri d’acqua in vasca d’emergenza, filtri e un depuratore
– attrezzatura di vario genere per ogni disciplina outdoor e situazione

Mi detergo e pulisco le ferite, non mi cucio per ora, ma uso il cortisone.

Mangiamo alla grande nonostante l’autorazionamento di viveri e fonti idriche. Beviamo anche buon vino. In condizioni di sopravvivenza non si dovrebbe, perché raffredda, al contrario della credenza popolare, e contribuisce alla disidratazione. Ma siamo al super sicuro… so dove e come procurarmi altra acqua… e sono in ferie!
Nei bivacchi bevo ben il vino no? Se la montagna… bla, bla, l’ho già detto!

pranzo

Il cellulare non va e non ho quasi più batteria, ma abbiamo avvisato parenti e amici mediante wapp accendendo i telefonini una volta all’ora.

Piuttosto ne approfittiamo per dormire un poco… Dato che il cielo ci dà una tregua momentanea scendiamo in paese. Incontriamo protezione civile, croce rossa militare e non e vari corpi d’armata. Prendiamo le informazioni utili e andiamo in macchina. Qui la corrente c’è e fa bene al motore: carichiamo la batteria dei telefoni e avvisiamo. Poi, prima che il tempo peggiori oltre misura andiamo a controllare l’altra vettura, che continua a dormire beata fuori d’ogni problema, e torniamo a casa.

Per la cena proseguiamo nel cucinare ciò che ho nel frezeer, così da non sprecare alcuna vivanda.
La notte si fa discorsi, quelli belli, mai monologhi, sempre dialoghi, quando la voce si fa grave e più profonda, quasi irriconoscibile, come un respiro ventrale e il cuore porpora si apre.

cena

racconti

Questo è il giorno due… ma di quanti?

Non lo sappiamo: rrestiamo allegri e sereni, ma non molliamo la nostra disciplina.

Domani, anche se l’attacco non è finito, passeremo alla ricostruzione. Drenerò un’altra volta il pian terreno, dato che sembra ci siano peggioramenti a 48 ore. Abbiamo una finestra, ci prepareremo, e anche se il gran finale deve ancora verificarsi, non passerà una goccia sta volta.

Mandiamo messaggi ai genitori per conferma di questo buon vivere.
La fanciulla dorme tranquilla, la mia casa anche, presto sarà migliore di prima. Tutto è sereno.

Christian Roccati
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