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15 Luglio 2009

Mountain Book · Personaggi · Riflessioni · storia

GLI STRAPIOMBI NORD

casara-obliqua.jpgIl 3 settembre 1925 Severino Casara dichiarò di aver effettuato da solo la prima salita degli Strapiombi Nord del Campanile di Val Montanaia. Sul momento non ci furono contestazioni, ma con il tempo queste vennero a galla con una intensità e con una “cattiveria” veramente eccezionali. Accadde particolarmente dopo la pubblicazione della famosa guida delle Dolomiti Orientali di Antonio Berti, uscita nel 1928. “L’arte di Annibale Caffi ha poi dato vita a queste rudi pagine” scrive Berti nella presentazione. Sarà proprio uno schizzo di questo ottimo e incolpevole disegnatore a dare il via alla “danza macabra” del venticello calunniatore. Lo si vede a pagina 716 del rarissimo volumetto. Un “volumetto” di 902 pagine stampate fitte fitte su una favolosa “carta riso”.

La via era segnata in modo errato. Alcuni “grandi” di allora tentarono di ripetere il passaggio, ma non ci riuscirono. “Seguendo l’itinerario com’è sulla guida, non si passa”, sentenziarono. Come dire: “Se non sono passato io, non può essere passato neppure lui.” Lui sarebbe Severino Casara. Tanto più che il vicentino aveva dichiarato di essere passato senza scarpe, con i soli calzetti di lana che, come ben sa chi ha esperienza, non fanno presa, anzi…

Fatto sta che nel 1930 viene fatto a Casara un primo “processo”. Non quelli da tribunale ben s’intende, ma di quelli, ancora peggiori, “del popolo”. Viene incaricato Antonio Berti, unanimemente riconosciuto al di sopra delle parti. In realtà è un grande amico di Casara, ma riuscirà a rimanere neutrale e a imbastire un dossier di 15 pagine dattiloscritte in cui riassume tutta la vicenda, analizzata e ricompressa in una sintesi finale. Accompagnano il dossier una sfilata di ben 171 fogli allegati che vengono spediti il 5 novembre 1930 all’on. Angelo Manaresi, gran gerarca e gran capo del Cai.

Non finisce male per Casara; anzi, la testimonianza di Castiglioni e Gilberti che parlano di Severino Casara“via possibile” è confortante. In realtà è solo un attimo di pausa. E’ in corso la lotta fra lo Sport e l’ Ideale e alcuni vogliono dimostrare che Casara è un bugiardo proprio in virtù del fatto che l’Ideale, almeno nel caso degli Strapiombi, non è sufficiente a scalare un tratto di puro Sport. Soprattutto se si tratta di quello che loro considerano “lo sport fascista” per eccellenza, tutto muscoli e prestanza, duro e puro. A peggiorare le cose si sparge la voce che Casara “è” un omosessuale (cosa peraltro mai provata e assolutamente mai trovata nei 30 anni di mie ricerche).

Per Casara inizia un calvario di mezze accuse, accuse intere, sorrisi e ghignate, battute perfide del tipo: “Guarda, c’è Sederino Casara”. Inizia così il suo ergastolo.
Alpinisti di grosso calibro gli sono nemici; altri grandi tacciono; alcuni grandi medi piccoli lo difendono, come Dino Buzzati, ma perderà di immagine. E’ meglio stare zitti.
Sua Eccellenza Manaresi non è soddisfatto. Ordina agli Accademici del Cai di sbrogliare la matassa. Allora si usava così. Non c’era un Presidente Generale come il nostro Annibale Salsa che chiede “per favore”; allora uno ordinava, gli altri eseguivano e basta! Gli Accademici parlano della faccenda il 20 settembre 1931 nella loro riunione di Bolzano. Ne scaturisce il famoso e triste “lodo di Bolzano”. Assoluzione per insufficienza di prove; in definitiva una condanna. Una barzelletta alla Ponzio Pilato. Per il vicentino il clima rimane sfavorevole e il 26 ottobre 1931 Casara si dimette dall’Accademico.

E arriviamo al 1948. Altro “processo”. Il 29 agosto si tiene la “famosa prova” di salita, artefici Tissi, i fratelli Andrich, Soldà, cinque Scoiattoli di Cortina e altri ancora. Cassin, invitato, non si presenta. Ci provano. Non si passa per quell’itinerario.
La risposta ufficiale arriva alla riunione dell’Accademico tenutasi a Verona il 12 dicembre 1948. “Si dichiara di non trovare alcun elemento nuovo e nessuna ragione di intervenire e resta valido il lodo di Bolzano…”. Altra lavatina di mani alla Pilato. Come si fa a dire “nulla di nuovo” dopo che Piero Mazzorana era riuscito a passare esattamente per la via Casara? E il mistero continua…e rimane!

Nel 1978 Casara muore dopo aver subito 50 anni di pena. Un ergastolo… Per una decina di metri di roccia dolomitica. Un tratto obliquo come la sua verità.

Ma Severino Casara ha scalato o no gli Strapiombi Nord del Campanile di Val Montanaia in quel 3 settembre 1925? Per capirne qualcosa bisognerà leggere il volume fresco di stampa La verità obliqua di Severino Casara di Alessandro Gogna e Italo Zandonella Callegher (Priuli&Verlucca Editori, 2009).

Italo Zandonella Callegher