MENU

9 Giugno 2020

Alpinismo e Spedizioni · Vertical · Resto del Mondo

63 anni fa, la prima salita del Broad Peak (8.047 m)

Broad Peak, visto dal Concordia. Fonte: wikipedia

9 giugno 1957: un piccolo team composto da Marcus Schmuck, Fritz Wintersteller, Kurt Diemberger ed Hermann Buhl, compie la prima salita della dodicesima vetta più alta del pianeta, senza ossigeno supplementare e senza portatori d’alta quota

Gli alpinisti austriaci, con questa impresa, entrarono nella storia dell’alpinismo, con la conquista di quattro Ottomila: Nanga Parbat (1953), Cho Oyu (1954), Gasherbrum II (1956) e Broad Peak (1957).

Al Nanga Parbat, nel 1953, la  spedizione era tedesca ma fu l’austriaco Hermann Buhl ad entrare nella leggenda realizzando una  solitaria magistrale, dall’ultimo campo in quota, ignorando gli ordini di Karl-Maria Herrligkoffer, il leader della spedizione, che ambiva ad una vittoria collettiva. In 40 ore, Buhl percorse da solo una via non solo di grande dislivello ma anche di notevole lunghezza; colto dall’oscurità all’inizio della discesa, fu costretto a  trascorrere la notte in piedi appoggiato alla parete e privo di sacco da bivacco, a circa 8000 metri. La sua è considerata delle più grandi imprese della storia dell’alpinismo. Buhl riportò gravi congelamenti ai piedi, in seguito ai quali gli furono amputate due dita del piede destro.

Quattro anni dopo aver rubato la scena ai tedeschi, Buhl  tornò in Himalaya, questa volta con una piccolo team composto da quattro alpinisti austriaci, puntando alla prima del Broad Peak, uno degli ultimi 8.000 ancora inviolati con Dhaulagiri, Gasherbrum I e Shishapangma. Con Hermann Buhl c’erano Marcus Schmuck (che si guadagnò il titolo di leader della spedizione), Fritz Wintersteller e il giovanissimo Kurt Diemberger, appena 25enne, al suo debutto nell’alpinismo himalayano.

Broad Peak. Hermann Buhl, Kurt Diemberger e Marcus Schmuck a Campo 1. Fonte: broadpeak.org

Il 13 aprile, la piccola spedizione lasciò il villaggio pakistano di Skardu, salì sul ghiacciaio del Baltoro e si stabilì ai piedi del Broad Peak, all’ombra del K2, situato proprio di fronte. Gli austriaci individuarono una linea  sullo sperone occidentale della montagna che sembrava essere al riparo dalle valanghe. Una scommessa audace, poichè lo sperone era troppo ripido per i portatori d’alta quota, che  non sarebbero stati in grado di superarlo. Dunque il team fece a meno di loro e affrontò la salita in stile leggero, senza ossigeno supplementare.

L’unica differenza da quello che in seguito diventerà lo stile alpino, fu la sistemazione di corde fisse nei passaggi più duri per facilitare l’andata e il ritorno tra i vari campi. Il 19 maggio, fu stabilito il Campo 2  a 6.400 metri, poi il 28, dopo alcuni giorni di bufera, il team raggiunse quasi i 7000 metri di quota dove allestì un ultimo  campo. Il giorno successivo, verso le 18, dopo una giornata estenuante, Diemberger e Wintersteller pensavano di aver raggiunto la vetta. Ma la nebbia che si alzò all’improvviso li ingannò. Si trovavano su un’altra cima, più alta, situata ad un’ora circa dalla principale. Troppo lontano, troppo tardi, bisognava ripetere tutta la salita …

Fritz Wintersteller e Marcus Schmuck in vetta al Broad Peak il 9 giugno 1957 con il K2 alle spalle. Dal libro Broad Peak di Richard Sale

Hermann Buhl sul Broad Peak durante il primo tentativo, il 29 maggio 1957 con il vertice principale a sinistra e il Forepeak a destra. Dal libro Broad Peak. Fonte: http://www.mountainsoftravelphotos.com

Buhl sul Broad Peak. Foto: Kurt Diemberger. Fonte: salzburg.orf.at

Il 7 giugno il team si preparava ad un nuovo tentativo, ma al Campo Base l’atmosfera non era più la stessa… Quella che inizialmente era una squadra di quattro elementi si era trasformata in due cordate ben distinte, ognuna con il suo piano e il suo itinerario. Il gelo fu difficile da sopportare per Buhl le cui dita dei piedi avevano già sofferto molto durante l’impresa al Nanga Parbat. Buhl si dovette fermare frequentemente per massaggiarsi le estremità. Con Diemberger, si trovava dietro la squadra composta da Wintersteller e Schmuck,  i primi a puntare alla cima.
Diemberger raggiunse la cima e iniziò la discesa, ma tornò in vetta una seconda volta con  Buhl, che si era attardato e che decise di aiutare.  Era il 9 giugno 1957: Buhl divenne il secondo uomo ad aver scalato due 8000, dopo Sherpa Gyalzen Norbu che al suo attivo aveva la prima del Makalu (1955) e il Manaslu (1956). Kurt Diemberger entrerà in questa esclusiva cerchia  tre anni dopo, con la conquista del Dhaulagiri. Diemberger diventerà uno dei più grandi himalaysti della storia, ricevendo anche un Piolet d’Or alla carriera nel 2013.

Hermann Buhl non avrà questa possibilità. Pochi giorni dopo il  successo al Broad Peak, Buhl e Diemberger fecero un tentativo al Chogolisa, un 7000 vicino, ma si ritirarono per il maltempo. Durante il ritorno, Buhl precipitò a seguito del crollo di una cornice nevosa. Era il 27 giugno. Nonostante le ricerche, il corpo non venne mai ritrovato.