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3 Febbraio 2020

Alpinismo e Spedizioni · Vertical · Resto del Mondo

Antartic Expedition 2020. Conclusa la spedizione del CAI e CNR in Antartide

Team Antartic Expedition 2020 al campo base avanzato nella Wiencke Island. Fonte: CAI

Gian Luca Cavalli, Marcello Sanguineti e Manrico Dell’Agnola  hanno aperto nuove vie e raccolto campioni di ghiaccio utili per verificare la presenza di microplastiche

Sono rientrati in Italia i tre membri dell‘Antartic Expedition 2020, il biellese Gian Luca Cavalli, Marcello Sanguineti di Chiavari (GE) e Manrico Dell’Agnola di Agordo (BL), tutti accademici del CAI, partiti per l’Antartide il 28 dicembre scorso.

La spedizione, promossa dalla Sezione di Biella del Club alpino italiano, dal CAI centrale, dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) con il patrocinio di Città di Biella e di Fondazione Cassa di Risparmio di Biella, aveva obiettivi scientifico-esplorativo-alpinistici. I tre alpinisti hanno infatti raccolto campioni di ghiaccio che saranno analizzati dall’Istituto di Scienze Polari del Cnr per verificare la presenza microplastiche e testato nuovi capi prodotti con tessuti innovativi.

Breve cronaca del viaggio esplorativo-alpinistico

Antartic Expedition 2020: team in apertura sulla via Terzo Paradiso. Fonte: CAI

Oltre ai rilevamenti scientifici, Cavalli, Sanguineti e Dell’Agnola  hanno realizzato la salita al Gateway Ridge (700m), attraverso la nuova via battezzata “Terzo Paradiso”, dedicata all’opera artistica di Michelangelo Pistoletto e, dopo una giornata di riposo, hanno continuato la loro esplorazione tra i ghiacci.

«Abbiamo girovagato con l’Ice Bird – scrivono nelle loro cronache di viaggio – lungo Neumayer Channel e la Borgen Bay, binocolando le pareti e i ghiacciai: Harbour Glacier, William Glacier, Hooper Glacier, Thunder Glacier… Di tanto in tanto facciamo riprese con il drone. Intorno a noi, balene che spuntano e si immergono di nuovo, pinguini che balzano fuori dall’acqua e saltano sugli iceberg, foche che condividono gli iceberg con i pinguini. Per i giorni successivi prevediamo di effettuare in nuove zone i prelievi per il progetto con il Consiglio Nazionale delle Ricerche; per questo programmiamo un paio di salite scialpinistiche che, tra l’altro, ci regaleranno qualche bella discesa in sci.

Antartic Expedition 2020: scalata sui seracchi sopra la Borgen Bay. Fonte: CAI


Il 19 gennaio saliamo sul Noble Peak (720m). Come al solito, la partenza è rigorosamente in ramponi dal filo dell’acqua, per risalire un pendio a 45° e arrivare sul pianoro glaciale. Dapprima saliamo lungo il versante nord. I grandi crepacci perpendicolari alla linea di salita ci costringono a continui zig-zag, visto che spesso, quasi come se il ghiacciaio volesse prendersi gioco di noi, i ponti si trovano alternativamente all’estrema sinistra e all’estrema destra. Poi, per evitare alcune seraccate, scavalchiamo il filo di cresta e prendiamo un ripido pendio che conduce in prossimità delle cornici sommitali. Aggirandole sulla destra puntiamo alla vetta, prima della quale occorre nuovamente calzare i ramponi. La discesa sul versante nord-est è strepitosa: le pendenze sono varie e ideali per provare tutti i raggi di curva, pur di far attenzione ai crepacci. Dopo il pick-up da parte di Dave, nello stesso punto in cui la mattina ci aveva lasciato il gommone, eccoci nuovamente a festeggiate sull’Ice Bird».

Antartic Expedition 2020 sulla cresta sommitale del Nobel Peak. Fonte: CAI

Cavalli, Sanguineti e Dell’Agnola il giorno dopo partono quindi per il Jabet Peak (545m), un’altra salita scialpinistica abbinata a prelievi. «Anche questa volta la discesa è puro godimento», continuano nel racconto, «compreso l’ultimo pendio ghiacciato e ripido, che costringe a curve strette per non perdere il controllo e finire sulla scogliera di turno. Per non farci mancare nulla, decidiamo di dedicare il 20 gennaio al kayak. Modificando un po’ uno spot pubblicitario di una nota carta di credito, mi viene da dire che calare le canoe dalla barca nelle acque antartiche non ha prezzo. Quello che viene dopo è un’indimenticabile pagaiata in mezzo agli iceberg, di fronte a colonie di pinguini che ogni tanto si tuffano e riemergono uno dopo l’altro in prossimità dei kayak e fra le foche leopardo che vengono a curiosare. Rientrati sull’Ice Bird, facciamo il punto della situazione ancorati vicino a Damoy Point. Scarichiamo l’aggiornamento meteo con la connessione satellitare. Per i tre giorni successivi le previsioni sono buone, poi dovrebbero arrivare tre perturbazioni, che sembrerebbero convergere proprio nello Stretto di Drake.

Antartic Expedition 2020: Cape Renard Towers. Fonte: CAI


Potremmo fermarci in Antartide ancora 2-3 giornate, ma questo significherebbe o affrontare la traversata del Drake nelle peggiori condizioni immaginabili o il rischio di dover aspettare altri giorni il ritorno di una finestra favorevole e perdere il volo di rientro da Ushuaia. Decidiamo quindi di partire, in modo da avere alle spalle il tratto più critico della navigazione quando arriverà il maltempo. Togliamo le ancore e costeggiamo il versante sud-ovest dell’Anvers Island, lungo il Bismark Strait, tra la Biscoe Bay, dove arriva il gigantesco ghiacciaio Marr Ice Piedmont e le Wauwermans Islands. Alle nostre spalle spuntano Cape Errera e il Dayne Peak verso nord e le torri di Cape Renard verso sud. È iniziato il nostro rientro attraverso lo stretto di Drake».

Il 28 gennaio infine l’ultima tappa: «L’attraversamento dello stretto di Drake è più tormentato che all’andata. Ci riserva un bel po’ di sballottamenti e, sinceramente, facciamo il conto alla rovescia per terminarlo. Riusciamo a superare Cape Horn prima dell’arrivo della perturbazione annunciata. In attesa di un miglioramento delle condizioni del mare, ci ancoriamo a Puerto Williams e dedichiamo un paio di giorni a rilassarci e a un po’ di trekking. Il 27 pomeriggio è la volta di un’indimenticabile cavalcata nell’infinità patagonica. Il 28 mattina ci imbarchiamo alla volta di Ushuaia». (Fonte: CAI)