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28 Luglio 2021

Climbing · Vertical · Alpi Occidentali · Aree Montane · Italia · Valle d'Aosta

Cervino CineMountain celebra i campioni del Paraclimbing

Cervino CineMountain 2021 visual

Nell’anno di debutto dell’arrampicata alle Olimpiadi, il festival del cinema di montagna ne indaga il significato attraverso il racconto di alcuni tra i più emblematici atleti della disciplina. A Breuil-Cervinia e Valtournenche dal 31 luglio al 7 agosto

L’arrampicata sale sul palcoscenico del Cervino CineMountain 2021,in programma a Breuil-Cervinia e Valtournenche dal 31 luglio al 7 agosto.

Domenica 1 agosto (ore 21:00, Centro Congressi Valtournenche) il festival del cinema di montagna affronterà l’eterno dibattito sui valori etici di questo sport con una serata che metterà a confronto due generazioni, due stili e due punti di vista diversi.

Da un lato i grandissimi paraclimber italiani Simone Salvagnin – campione del mondo 2011 fra gli atleti non vedenti, e Urko Carmona Barandiaran, capace di superare la barriera dell’8a e di vincere numerosi trofei internazionali, dopo aver perso una gamba in un incidente. Dall’altro, le icone degli anni ’80 Catherine Destivelle, prima donna a salire un 8a e a vincere un Piolet d’Or alla carriera, e Antoine Le Menestrel, autore di vie leggendarie e di imprese straordinarie, entrambi firmatari, nel 1985, del “Manifesto dei 19” contro l’affermarsi della competizione e di una visione “sportiva” dell’arrampicata.

La serata sarà presentata da Hervé Barmasse. Sul palcoscenico del festival, gli scalatori si confronteranno sul passato e futuro dell’arrampicata, sull’evoluzione delle competizioni e sul significato perso e rinnovato di una disciplina che da sempre vive in bilico tra filosofia e sport.

Stile di vita o competizione?

Urko Carmona Barandiaran e Simone Salvagnin. Fonte Cervino Cine Mountain 2021

È il dilemma che da anni ormai vive il mondo dell’arrampicata, nata come filosofia, quella del vivere per scalare, viaggiare, fondersi con l’ambiente circostante in un unicum quasi spirituale. Oggi l’ingresso della disciplina alle Olimpiadi di Tokyo 2020 ne conferma l’evoluzione, mutandone profondamente il significato: non più la ricerca spasmodica della vetta che esaltava il senso di sfida, e allo stesso tempo di connessione, con se stessi e con la natura. Oggi l’arrampicata, codificata dalle federazioni, si è trasformata in competizione, continuo confronto con gli altri alla conquista di un riconoscimento sportivo. L’evoluzione ha però contribuito a dare valore ad imprese e conquiste “speciali”, come quelle di Simone Salvagnin e Urko Carmona Barandiaran, due atleti che, attraverso la dimensione agonistica, hanno trovato in questa disciplina una strada per affermarsi e andare al di là dei propri limiti.

Nato a Schio nel 1984, Simone Salvagnin è il responsabile federale del settore Paraclimbing italiano e portavoce della carta dei diritti dei disabili ONU. Nel suo palmares una Medaglia d’oro e di bronzo nello Speed Lead ai mondiali di arrampicata sportiva di Arco nel 2011 (categoria paraclimbing non vedente B2), una medaglia di bronzo ai mondiali di Parigi 2021 e la vittoria negli ultimi cinque Campionati italiani specialità Lead e Speed. “Fin da bambino ho frequentato ambienti naturali e montagna, sviluppando coordinazione, sensi e riflessi, divertendomi tra rocce e boschi – racconta Simone – mai avrei pensato che quei gesti sarebbero poi diventati una palestra di vita per reagire, attraverso l’esasperazione della mia fisicità, alla retinite pigmentosa, malattia degenerativa della retina che è diventata mia compagna di viaggio dal 2013 e che mi ha portato alla sola percezione di luci ed ombre”.

I limiti fisici alla propria quotidianità sono solo nella mente e l’arrampicata ne rappresenta il superamento per atleti costretti ad affrontare i confini della disabilità, come dimostra anche Urko Carmona Barandiaran, atleta paralimpico della nazionale spagnola di arrampicata sportiva, che ha affrontato l’amputazione della gamba destra a seguito di un incidente reimparando ad arrampicare. “Nell’estate del 2009 ho superato la barriera dell’8a, qualcosa di impensabile per qualcuno nella mia condizione. Questo risultato mi ha aperto nuovi orizzonti: da allora la progressione e miglioramento continuo sono il mio obiettivo –  ricorda Urko – Nel 2010 comincio a competere nei campionati Paraclimbing, vincendo diversi campionati del mondo di difficoltà, un campionato del mondo boulder, un campionato europeo, il campionato spagnolo e ricevendo l’ambito riconoscimento Arco Rock Legend nel 2014″. La parete come metafora della disabilità quindi, da scalare per dimostrare a se stessi che i limiti a ciò che è possibile sono spesso superabili con la determinazione.

La stessa voglia di affrontare i propri limiti  accomuna questi due grandi atleti a quelli della famosa “Gang des Parisien”, un gruppo di arrampicatori liberi di cui era parte Antoine Le Menestrel, icona dell’arrampicata degli anni ’80, uno dei primi scalatori al mondo a raggiungere l’8b/c e autore di una delle imprese rimaste nell’albo d’oro: la salita in giornata di Revelations, la via considerata all’epoca la più dura d’Inghilterra. Le Menestrel firmò nel 1985 il Manifesto, insieme ad altri 19 climber francesi tra i quali Catherine Destivelle, con cui ci si opponeva all’arrampicata come sport agonistico e competitivo, a difesa dell’aspetto etico e poetico dell’arrampicata libera.

“Oggi ho l’impressione che si “consumi” l’arrampicata. Siamo in un periodo meno creativo – si legge su  Il Manifesto dei 19, di Antoine Le Menestrel – La competizione è un valore alla base della nostra società attuale. E l’arrampicata è una pratica che si integra a livello sociale grazie alla competizione, agli sponsor, alla mediatizzazione dei muri di arrampicata. L’arrampicata sportiva è un’attività che è fortemente influenzata dalla cultura della competizione. E innalza il vincitore a svantaggio degli altri, sviluppando al contrario un sentimento di esclusione. Nelle gare l’arrampicata è fortemente regolamentata, queste regole ne congelano l’evoluzione e la imprigionano. È allora necessario liberarsi dal peso della competizione per inventare un proprio stile di scalata. Io arrampico una via, non il suo grado. Lo spirito competitivo mi dà l’energia per diventare migliore di un altro”