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10 Febbraio 2021

Gabriele Pace: dai vertici ai sogni sulla montagna di casa

Cari amici e compagni di avventura, anche oggi voglio soffermarmi a parlare con un altro grande appassionato di montagna di grande spessore, un agonista con prestazioni di alto livello italiano, in grado comunque di dare attenzione alle piccole grandi avventure sul territorio locale. Per questo ho deciso di intervistarlo in relazione a una sua “semplice” esperienza su una montagna di Genova, in cui ha mischiato corsa, arrampicata avventurosa su roccia e terreno tecnico su neve, in solitaria. Nessun record, solo grande sentimento, wilderness e sogno.

Mai come in questo momento credo sia importante la valorizzazione del nostro paese e delle sue meraviglie, con il giusto risalto a ciò che di meraviglioso troviamo, alla portata di chiunque voglia misurarsi e fruire di tale ambiente.

Oggi voglio intervistare Gabriele Pace, un bravissimo atleta e conoscitore. Oltre alle grandi capacità e conoscenze atletiche, è lo Store Manager del Salewa Mountainshop di Genova, il riferimento per l’area, forgia e fucina per alpinisti, climber, trail runner, canyoner e trekker. Potrei soffermarmi sul suo curriculum… ma sorrido perché mi viene in mente la pubblicità anni ’90 “potevamo stupirvi con effetti speciali”. Proverò invece a presentare l’uomo.

Gabry, vorrei che ci parlassi di te, che ci raccontassi il tuo percorso, come si fa tra amici: Chi sei? Cosa fai? Da dove vieni?
Sono sempre stato uno sportivo diciamo a tutto tondo, fin da piccolissimo ho iniziato a praticare moltissimo sport, dalla danza classica, al basket, dal nuoto alla bici, alla pallamano, all’arrampicata… per approdare alla corsa.
Ho iniziato con le gare scolastiche, vincendo diversi titoli sulle campestri, ho continuato con i 5000, i 10000 e le siepi in pista, le campestri , anche qui ho vinto diversi titoli regionali assoluti in ognuna delle gare sopra, passando anche per le competizioni su strada, (record ligure sulla mezza maratona da junior), ho iniziato poi a correre in montagna, ottenendo ottimi risultati, diversi podi ai campionati italiani, sia di categoria sia assoluti.

Com’è nata l’idea di percorrere le quattro creste della Punta Martin?
Passo gran parte del mio tempo dedicato all’allenamento su questa Montagna, l’idea di provare a concatenare le 4 creste, è nata semplicemente vivendo appieno questi ambienti splendidi, anche ispirato dall’exploit di Kilian (persona con cui ho avuto la fortuna di condividere esperienze in prima persona avendo gareggiato nella stessa squadra) quando traversò il Bianco seguendo la Cresta dell’Innominata e successivamente da Les Contamines a La Fouly a formare una croce passando per la vetta.

Cosa rappresenta per te?
“Il” Martin per me è proprio una casa, mi ci sono avvicinato molti anni fa come escursionista e mi ha rapito subito la varietà degli ambienti, si passa dall’impressione di essere al mare a quella di essere in montagna, semplicemente facendo un giro di 360 gradi su se stessi.
Per me è un simbolo, di molte cose che ho avuto la fortuna di avere nella mia vita, dagli affetti, con persone conosciute in occasione del vertikal che si svolge proprio sulle pendici di questa Montagna, ai rapporti consolidati grazie a esperienze vissute proprio qui.
Alla fortuna di essere papà, Leonardo è nato un po’ grazie a questa Montagna.
Non per ultimo, per me il Martin è un simbolo, un punto fisso, lì a ricordarmi che se mi impegno in qualcosa, posso ottenerlo, con costanza e passione.

Perché in solitaria?
In solitaria perché credo che alcune esperienze nella vita debbano appartenere a noi stessi e basta, avere a che fare con tante persone è il mio lavoro, lo amo, e credo sia molto importante, ma sapere fare anche i conti con qualche ora in solitudine credo che possa essere di grande motivazione; essere consci che possiamo essere capaci di fare qualcosa da soli.

Che emozioni hai provato? Cosa è importante?
Ho cercato di vivere appieno il momento, avendo provato diverse volte i vari tratti del concatenamento, sapevo cosa aspettarmi, per cui ho cercato di usare a mio favore anche la paura, così da renderla un campanello d’allarme utile piuttosto che qualcosa che potesse limitarmi o mettermi in brutte situazioni.
Mi sono emozionato specialmente scendendo dopo aver toccato la seconda volta la croce di vetta, il sole stava iniziando a scendere e ormai la parte più difficile è con qualche incognita era alle spalle.

C’è un punto sull’ultima discesa in cui si vede spuntare la vetta del Martin in mezzo ai pini, e in questa stagione si colora di un arancione magnifico.
Mi sono sentito parte di quel posto, e questo per me è davvero importante, mi è sembrato di vedere ricambiato tutto l’amore che provo per questa Montagna.

Hai altri progetti a breve termine?
Sono focalizzato sulle gare che spero ci saranno nel 2021… In Febbraio correrò i campionati regionali di corsa campestre per la mia società (Delta Spedizioni), in primavera vorrei migliorare il mio personale in mezza maratona, e preparare l’esordio in maratona, così da essere pronto, speriamo, per riaffrontare la Supermaratona dell’Etna in giugno.
Oltre a questo alcune corse in montagna: mi piacerebbe tornare per esempio a correre la Sierre Zinal… e poi ovviamente le gare di chiusura di stagione sul Martin.

Outdoor e Covid: cosa puoi dirci dal tuo punto di vista?
Credo che non ci sia niente di male nel vivere esperienze distanziati nei boschi.
Sono permesse moltissime attività potenzialmente molto più pericolose dal punto di vista del contagio.
Lo sport è vitale, anche e soprattutto in funzione preventiva.
Farlo all’aria aperta non può che essere un vantaggio.

Christian Roccati
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