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14 Gennaio 2019

Alpinismo e Spedizioni · Vertical · Resto del Mondo

Quattro alpinisti perdono la vita nella Cordillera Blanca. La testimonianza dell’unico sopravvissuto

Pablo Belmonte. Foto: Jugones La Sexta/Marca.com

Tre giovani alpinisti esperti catalani e la loro guida peruviana  sono morti nel Nevado Mateo. Questa la testimonianza dell’unico sopravvissuto, Pablo Belmonte

Domenica 6 gennaio, tre giovani catalani, Adrian San Juan, Sergi Porteros e Gerard Borrull sono morti in Perù, seppelliti da una valanga, insieme alla loro guida locale, Ruben Dario Alva, mentre svolgevano la loro attività alpinistica sul Nevado Mateo (5.150 m), nella Cordillera Blanca, nei pressi della città andina di Huaraz. Coinvolto nell’incidente, il loro compagno Pablo Belmonte, unico sopravvissuto alla tragedia.

Il giorno dopo la notizia dell’incidente, sono giunte dal Perù informazioni sul recupero dei corpi e sul loro trasferimento a Huaraz, in attesa dell’imminente rimpatrio in Spagna. Nel frattempo, le dichiarazioni di Pablo Belmonte, dimesso dall’ospedale di Carhuaz, hanno occupato le pagine dei media spagnoli.

Belmonte, emotivamente colpito dalla perdita di tre compagni d’infanzia con cui ha condiviso la passione per la montagna e con i quali ha compiuto un lungo viaggio attraverso l’America Latina, ha lamentato in un’intervista telefonica a Efe l’assenza di mezzi di soccorso nell’area, come gli elicotteri di salvataggio, che avrebbero potuto aiutare a salvare la vita ai suoi amici.

Nevado Mateo. Fonte: Desnivel

Nevado Mateo, una salita facile

Il Nevado Mateo (5.150 m)  è incluso nel catalogo escursionistico di numerose agenzie peruviane, precisa la rivista Desnivel. La salita alla vetta è molto facile e accessibile; si compie attraverso una via sul ghiacciaio in circa cinque ore. Indubbiamente, un’attività per la quale i quattro giovani catalani erano ben preparati.

Pablo Belmonte ha raccontato che i 4 giovani si conoscevano tutti sin dall’infanzia. Vivevano nelle città di Terrassa e Sant Cugat del Valles, nell’area metropolitana di Barcellona, ​​avevano sempre condiviso la loro passione per la montagna e per l’ambiente naturale. Erano in Sud America da un po’, dove avevano già salito altre vette nell’area di Cusco e in Bolivia.

Condizioni pericolose e insolite

Tutte le notizie pubblicate sulla tragedia sottolineano l’impatto che il cambiamento climatico sta avendo sulle Ande in generale e sulla Cordillera Blanca in particolare. Le precipitazioni sono cambiate negli ultimi anni e anche le temperature, provocando instabilità, con pioggia, sole e neve.

Anche il Nevado Mateo non è estraneo a questi cambiamenti climatici e Pablo Belmonte ha spiegato che lui e i suoi compagni ne erano ben consapevoli. Le giornate che hanno preceduto la tragedia sono state soleggiate.

Dalla testimonianza di Belmonte, risulta che dopo l’arrivo in vetta, una forte tempesta  ha ricoperto il ghiaccio con un manto di neve fresca. Durante la veloce discesa intrapresa per il  rischio di attirare fulmini con piccozze o altre parti metalliche del loro equipaggiamento, i cinque membri della cordata sono scivolati sulla neve. La caduta ha provocato una valanga che li ha trascinati per circa 200 metri. Solo il 26enne Pablo Belmonte, ha riportato ferite lievi, mentre il resto dei suoi compagni sono rimasti gravemente feriti o morti.

Il racconto di Belmonte

In merito alla dinamica dell’incidente, Belmonte racconta in un’intervista telefonica rilasciata a EFE:

“Siamo stati lì nel pomeriggio e c’è stato un temporale molto forte. Avevamo l’attrezzatura di metallo e quindi c’era il rischio di essere colpiti da un fulmine. Quindi abbiamo deciso di scendere molto velocemente.

Il problema è anche il cambiamento climatico che stiamo vivendo. La scorsa settimana qui era praticamente soleggiato quando doveva piovere o nevicare. Poi su quello strato di neve compatta, quasi di ghiaccio, si è depositato uno strato di neve vergine, e durante la discesa siamo scivolati. Cinque persone legate sulla neve … era impossibile fermare la caduta.”

“Le squadre di soccorso, vista la zona molto remota, vi accedono con molta difficoltà. Tuttavia, hanno fatto grandi sforzi, vorrei ringraziarli molto. Ma vorrei dire che Huaraz è una delle capitali mondiali dell’alpinismo. Quando ho richiesto aiuto, ho chiesto un elicottero, perché era impossibile muoverli. Erano vivi, a causa delle ferite che avevano riportato ed era necessario un elicottero per evacuarli. Ma ora si è scoperto che non ci sono elicotteri in quest’area.”

“So che i budget sono limitati, che si investe in ciò che viene considerato primario. Ma  la Cordillera Blanca è una meraviglia del mondo  e a Huaraz arrivano turisti da tutto il mondo..!

Belmonte ha dato l’allarme alle due del pomeriggio, segnale ricevuto da una guida presente sulla via che, a sua volta, ha contattato il soccorso. Una rapida evacuazione sarebbe stata vitale per almeno tre alpinisti feriti. “Più della metà della squadra sarebbe sopravvissuta”, ha affermato  Belmonte.

Tuttavia, l’operazione di salvataggio – che ha mobilitato 20 militari – ha impiegato 4 ore per accedere al luogo dell’incidente e, nonostante gli enormi sforzi, non è riuscita a salvare la vita di nessuno dei quattro feriti gravi. I soccorritori hanno trovato in vita Rubén Darío Alva, la guida che poi è deceduta.

Approfondimento e video intervista a Pablo Belmonte