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18 Ottobre 2018

Alpinismo e Spedizioni · Vertical

Tamara Lunger: “cerco di vivere ciò che sento”

Tamara Lunger. Foto: Stefan Nestler

Durante l’IMS a Bressanone, Stefan Nestler ha raccolto alcune riflessioni dell’alpinista altoatesina Tamara Lunger

“Spesso vorrei essere nata cento anni fa!“, dice Tamara Lunger. “Quando sento i novantenni parlare, penso: “Quelli si che erano avventurieri!”. “Oggi siamo solo fighetti“. Eppure nel 2010, a soli 23 anni, l’altoatesina è diventata la donna più giovane in vetta al Lhotse e nel 2014 ha scalato il K2 senza ossigeno supplementare, la seconda montagna più alta del pianeta, realizzando la seconda salita femminile italiana dopo quella di Nives Meroi.

Durante l’ “International Mountain Summit” a Bressanone, Stefan Nestler  ha incontrato Tamara, e ha raccolto alcune sue riflessioni nel corso di una  camminata dalla croce di Latzfonser fino a valle. I suoi genitori gestiscono il rifugio lì. “La gente mi dice: puoi viverti ciò che ti piace, tuttavia, anche nelle mie grandi gioie, a volte qualcosa di negativo c’è stato – confida la 32enne a Nestler – Devo accettare e imparare da questo. Questa è la cosa importante. “

Nel febbraio 2016, Tamara Lunger torna in Pakistan, dove manca la la vetta del Nanga Parbat per pochi metri. Solo 70 metri di dislivello le hanno impedito di diventare la prima donna in cima ad un 8000 in inverno. E’ stata male per tutta la scalata, trascinandosi sulla montagna. Poi Dio le ha parlato, dice Tamara: “Di solito ottengo sempre ciò che chiedo. Ma dieci ore di preghiera non sono servite quel giorno. Fu allora che capii che c’era qualcosa di sbagliato.” Decise di fare dietro front e durante la discesa è caduta. “Credevo fosse finita. Anche in quel momento, ho parlato con Dio, “Non pensavo che succedesse così infretta. Ma se deve essere così, sono pronta”. Dopo 200 metri, la sua caduta si è interrotta.

Tamara Lunger. Fonte: facebook

Tamara: “Ho imparato molto”

È sopravvissuta, con ferite alla spalla e alla caviglia. Era dolorante, non poteva fare sport. E i media l’hanno assillata con richieste di interviste. “È stato un momento difficile”, dice l’alpinista. “Solo con il tempo ho capito cosa mi aveva regalato il Nanga Parbat… Non sempre deve esserci la vetta”. Continua Tamara: “Ho anche imparato molto su me stessa – e spiega quanto sia importante per un alpinista conoscere le proprie reazioni quando la paura della morte diventa più forte – “Mi faccio prendere dal panico o sono tranquilla? Sono lucida?”

Tamara Lunger – Simone Moro: una squadra forte

La successiva spedizione su un ottomila la portò al Kangchenjunga, la terza montagna più alta del mondo, nella primavera del 2017. Con il suo compagno di squadra e mentore Simone Moro, voleva attraversare tutte le vette del massiccio. Ma questo non è accaduto, per problemi di salute di Moro.
Le esperienze al campo base che i due alpinisti professionisti hanno condiviso con i membri delle spedizioni commerciali, sono state molto negative per Lunger. “Incredibile cosa fanno alcune persone”, dice Tamara, scuotendo la testa. “Mi sono vergognata per loro. L’unica cosa che volevano era salire in qualche modo. Non hanno più rispetto, né davanti alla montagna né davanti alle altre persone. Ai campi alti la gente ruba”

Uno sherpa dell’organizzatore nepalese “Seven Summit Treks”  si era sentito male e non era più in grado di scendere. “Il capo degli Sherpa non se n’è interessato. Ha preferito giocare con il telefonino su Facebook invece di aiutarlo. Una cosa talmente lontana dai miei principi che in quel momento ho giurato: Mai più in un campo base con altra gente!”

Tamara Lunger e Simone Moro. Foto: Simone Moro/facebook

La salita invernale del Gora Pobeda

Lo scorso febbraio Lunger e Moro sono stati nella gelida Siberia orientale, affrontando temperature intorno a meno 50 gradi Celsius, dove hanno compiuto la prima salita invernale del Gora Pobeda o Pobeda (3.003 m). Dopo il fallimento sul Manaslu nell’inverno 2015, il ritiro sul Nanga Parbat nell’inverno 2016 e il tentativo mancato sul Kangchenjunga nel 2017, Tamara si era sentita sotto pressione. Così ha cercato di godersi ogni momento nella meravigliosa natura siberiana e di non pensare a cosa le persone si aspettassero da lei. “E’ andata bene e mi ha davvero liberata. Quando sono arrivata in cima, ho respirato. Finalmente! “

Lunger: “Vivo ciò che sento”

Per le prossime avventure, l’altoatesina intende ascoltare di più la sua voce interiore: “Cerco di vivere ciò che sento. Non posso dire cosa farò domani o tra una settimana. Attualmente sto cercando… “E non solo sulle montagne. “Mi piacerebbe anche partire con una barca a vela.”