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11 Maggio 2019

Val Grande in verticale

Piano piano stiamo arrivando alla conclusione. E’ stato un lavoro difficile non solo dal punta di vista editoriale. Quando gli autori sono anche alpinisti e scalatori attivi, ci vanno anni di passione nella ricerca del nuovo e nel “recupero” della storia. Qualcuno dice che noi quattro siamo e siamo stati tra i maggiori esploratori di questa porzione di Alpi, delle sue montagne e delle sue pareti. A costo di apparire immodesto mi sento di dire che è vero. Questo lavoro comune si occupa di pareti, da quelle di fondovalle alle più alte e isolate dei valloni di Sea e Gura, restituendo il giusto posto nella storia a una valle che è tra le più interessanti delle Alpi occidentali, e da cui in qualche modo tutto è partito. Dal “Nuovo Mattino” nella sua incubazione alle “Antiche Sere”. Come i miei compagni d’avventura in questa pubblicazione, ho dedicato molto tempo all’esplorazione delle pareti di media quota o di fondovalle, anche se sono sempre stato attratto maggiormente da quelle di alta montagna. A queste ultime, peraltro, sto dedicando un importante lavoro che abbraccerà ben oltre le Graie Meridionali, o così almeno dovrebbe essere. Delle tante giornate spese a vagare per diedri, placche, fessure e strapiombi (spesso da solo ultimamente), mi resta però il ricordo di quei pomeriggi del settembre 1979-80, quando faticavo a comperare un moschettone o un chiodo e scalavo con le scarpe “Superga” da pallavolo e la corda legata in vita. Ricordo Gian Piero, il “Principe”, e i suoi volteggi eleganti sui massi, Gian Carlo, il “maestro naif”, come giustamente qualcuno lo definì. E poi la sete di conoscenza di Marco Fassero che andava ben oltre la passione per la roccia, e che dalla Cresta di Mezzenile non tornò più. I baffoni di Aldo “gatto” Morittu, l’accento ligure – piemontese di “Angel” Siri. Tutti amici che non ci sono più. Soprattutto a loro è dedicato questo lavoro.