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11 Aprile 2022

Altri · Running · Ambiente e Territorio · Cultura · L'arte di camminare · Europa

Viaggio nel cuore della Norvegia:
dal profondo della taiga, alle antiche miniere di rame e cromo.


Una interprete del patrimonio, una travel designer e un atleta: tre sguardi, tre modi di vivere il viaggio, alla scoperta della Norvegia nascosta, là dove la taiga ha inizio, nel cuore della Scandinavia, fino a Røros, Patrimonio mondiale dell’Unesco.

Sono le 5.30 del mattino, quando suona la sveglia per Aron. ‘Oddio, cosa sto per fare?!’ Si chiede stiracchiandosi sotto il piumino caldo.
E’ da ieri sera che il vento soffia potente. A tratti, nella notte, ci ha fatto pensare che stesse per far volare via l’intera casetta. Lo abbiamo sentito infilarsi sotto le fondamenta, tra le assi, tra i tronchi delle pareti, risalire sul tetto per poi scendere di botto. Aron decide che, forse, è meglio dargli tempo di tranquillizzarsi un attimo e, sbirciando dalla finestra, si gode il cambio di luce. Per fortuna, pensa, le ragazze hanno recuperato la veste catarifrangente, come ho fatto a dimenticarla! Qui è obbligatoria fino alle 8! Poi ripassa mentalmente il percorso che abbiamo studiato ieri sera e le provviste che si è accuratamente preparato. Un panino ogni tre quarti d’ora per i primi chilometri e poi bevande energetiche per non appesantire lo stomaco.

ice break Trysil

Sono le 6.30 quando si chiude la porta del cottage alle spalle per affrontare di corsa il percorso che da Trysil, sul confine svedese, lo porterà verso Røros. Martina ed io siamo già in piedi, pronte ad assisterlo, è chiaro da un pò per cui, nonostante la stanchezza accumulata, non è difficile uscire dal letto. Ieri abbiamo lavorato fino a tardi a programmare e definire le diverse tappe e tempistiche del percorso, considerando le condizioni meteo e i punti critici, fondendoli con diversi suggerimenti che abbiamo raccolto, prima dell’arrivo dello sportivo, dalle persone del posto. Il caldo del caminetto ci ha riscaldato ed ispirato.
La scelta è stata: partire da Trysil – sede del Norsker Parker, l’Associazione dei Parchi Regionali norvegesi – dirigersi ad Engerdal per deviare verso Solenstua, come suggerito da Runa, una guardaparco locale, in modo da assicurarsi paesaggio strepitoso e strade non trafficate, e quindi sicure per la corsa, proseguire verso la deliziosa Tolga e, infine, raggiungere Røros, cittadina mineraria patrimonio Unesco.

viaggio in Norvegia
Il vento soffia ancora forte, “chissà quanto fastidio darà nella corsa” – pensiamo aspettando la prima comunicazione prevista.

Dalla finestra vediamo Magne, il nostro padrone di casa che, prese le pecore dall’ovile, le porta nel recinto sul retro. L’erba spunta a chiazze ambrate dallo spesso manto di neve. Sta arrivando la primavera ed è un momento delicato: la neve si scioglie di giorno per poi ghiacciare di notte, il che comporta non solo un pericolo per noi, ma anche una difficoltà per molti animali che faticano a raggiungere l’erba nascosta.

Il tepore del fuoco di ieri sera è solo un vago ricordo, ma il calore di questa cabin, una piccola baita vicino le rive del Trysilelva, va oltre. Martina mi fa notare nelle foto che abbiamo scattato, i dettagli nascosti: le maniglie sotto il tavolo, l’incisione sul tronco in legno della parete della cucina, il quadro ricamato a mano nel 1965. Rido con lei delle fotografie quasi uguali, lo stesso soggetto, ma prospettive diverse. Magne e Une ci aspettano per una colazione tradizionale, una delizia per gli occhi, le papille gustative e il cuore. Hanno comprato questa fattoria nel 2017 e un anno dopo, finita la ristrutturazione, si sono definitivamente trasferiti qui da Oslo. Lui ha lavorato una vita sulle piattaforme nel Mare del Nord, lei per i giardini dell’Università. Mare lui, il furioso mare del Nord che gli ha segnato il viso, e terra lei, quella gentile e accogliente dei giardini, che si incontrano.

La loro cucina profuma di lefse (una specie di soffice piadina). Sulla tavola, decorata con dei ciottoli, spicca il colore della marmellata, del burro, del burnost (un formaggio bruno) e del burro di caramello che, grazie al particolare sapore di erbe selvatiche, rappresenta un imprescindibile patrimonio della cultura gastronomica norvegese. Siamo immersi nelle chiacchiere. Io con Une parlo di boschi, bacche e fiori selvatici, mentre Martina e Magne di fienagione tradizionale e di memorie del passato. Improvvisamente…suona il telefono. E’ il runner.

running norvegia aaron lazzaroRagazze, il vento è incredibile, soffia contro ed è talmente forte che a momenti mi ferma quasi. E’ freddo ed impetuoso, non avete idea! Mamma mia! Me lo sono portato dietro dalla Marmolada questo qui!’
“Ma va tutto bene?” Chiediamo, tornando in noi richiamate alla realtà dall’estate norvegese dei
nostri racconti.
“Sìsìsì! E’ un’atmosfera magica, surreale, mi sono scaldato per bene e sto mantenendo un ritmo ben cadenzato per arrivare fino in fondo. Ci sentiamo tra un pò che vi aggiorno su dove sono! Ciaociaociao”
E’ felice, in movimento, come se solo attraverso la fatica fisica riuscisse a diventare un tutt’uno con l’ambiente che lo circonda, a farlo suo. La sua testa si perde nei pensieri, tra i meandri dei calcoli matematici per calcolare il ritmo da tenere, quando bere, cosa mangiare, ricontrollare e ricalibrare il ritmo della corsa.

Torniamo ai racconti d’estate dei nostri ospiti, il pezzo di terra che hanno acquistato con la proprietà e che hanno pulito dai rovi e arbusti, dà ora fieno in abbondanza per le pecore. La conquista è essere arrivati a marzo con il proprio fieno, senza averne dovuto comprarne, è il primo anno che succede, il prossimo contano di poter arrivare alla primavera inoltrata, ma il numero di pecore aumenterà. Tre delle cinque che abbiamo visto portare dall’ovile, sono incinta e il lieto evento avverrà ad aprile.

Suona di nuovo il telefono, è ancora lui, ma le notizie ora non sono belle.

‘Ragazze, ho un dolore insopportabile al ginocchio destro, non ce la faccio’

‘Ma come? Stavi bene!’

‘Ha cominciato a darmi fastidio intorno ai 30 km, poco dopo avervi chiamato. Si tartta della gamba che mi dava fastidio dopo la Venezia – Marmolada. Devo fermarmi.’

‘Riesci a camminare? Mezz’ora e ci siamo’”

“Sì, cammino. Vi aspetto!’

Rassicurato il corridore, salutiamo Magne e Une con la promessa di rivederci presto: abbiamo sognato ad occhi aperti pregustando la raccolta delle bacche, la tintura della lana con le piante locali e mille altre esperienze fantastiche. Ci concediamo il tempo solo per un’ultima foto e la promessa di tenerli aggiornati sul proseguo del nostro progetto.
Ci mettiamo in moto.

Il vento è fortissimo, sposta il furgone. Il paesaggio è incredibile. Siamo circondati dalla taiga, la foresta boreale, immersa nella neve. E’ la taiga primordiale: da qui ha iniziato la sua conquista dell’emisfero boreale, verso la Svezia, poi la Russia, fino ad arrivare alle sponde del Pacifico. Laghi ghiacciati si alternano a fiumi in cui l’acqua in movimento si apre un varco, rompe la fitta coltre innevata per sbucare ed annunciare la primavera.
Chissà che impressione deve aver fatto ad Aron questo ambiente qualche ora fa, quando il gelo era ancora più pungente!

Siamo quasi ad Engerdal, il paesaggio è nudo, gli alberi hanno lasciato il posto a bianche distese di neve, le montagne sullo sfondo.

Eccolo, che cammina a bordo strada. Si è dovuto arrendere, 50 km sui 183 previsti, 659 i metri di dislivello positivo.

snow RørosSale sul sedile posteriore per cambiarsi, prima di raccontare. ‘No, bisogna saper rinunciare’. Si rimprovera di aver sottovalutato i tempi di recupero e la destinazione. Per sfogare la frustrazione, chiede all’amico William da Roit [vedi video intervista] se possono sentirsi in serata per una chiacchierata di debriefing.
Decidiamo comunque di raggiungere Røros, seguendo il percorso programmato. Mentre guidiamo, Aron si rilassa e addormenta sui sedili posteriori. Attraversiamo altri fiumi, altri laghi, sempre immersi nel bianco totale e nel vento. Raggiungiamo le montagne deviando verso Tolga. 

La neve, qui, quasi scompare. Accostiamo il pulmino attratte dal fascino delle sfumature e colori delle distese di licheni ed eriche. Restano sporadici abeti e spoglie betulle. La passione per il dettaglio di Martina e la mia visione romantica si rincorrono di nuovo nelle fotografie che scattiamo. Il cielo si è definitivamente coperto, comincia a scendere qualche fiocco di neve. Arriviamo a Røros giusto in tempo per goderci il fascino del villaggio minerario, vecchio più di trecento anni. Le cui case di legno, dai diversi colori, celano cortili nascosti, botteghe artigiane e ristoranti tradizionali. Ceniamo e usciamo di nuovo in questo patrimonio mondiale dell’Unesco, in una nevicata degna di una cartolina di Natale. 

di Vanessa Vaio.

Leggi il post precedente: Unisci gli Unesco, il progetto.