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24 Ottobre 2015

Uncategorized · Christian Roccati · tedx

Vivere il Sogno

Qual’è il cantico della vostra vita? Su che sentiero camminate e verso dove?
Cosa di ciò che state facendo in questo momento concorre al vostro sogno? Siete davvero felici?

…è trascorsa giusto una manciata di giorni dal TEDx… e ancora queste domande mi riecheggiano nella mente.

In Natura non esistono il giusto e lo sbagliato, ma ciò che è in equilibrio e ciò che invece non lo è.
Siete in equilibrio? Siete in risonanza con voi stessi?

Valentina Roccati a quota 4000 m (Foto C.Roccati)

Valentina Roccati a quota 4000 m (Foto C.Roccati)

Cosa ci rende esseri umani? Il pollice opponibile direbbero alcuni. Questo ci accomunerebbe non solo ai primati, ma anche alle scimmie e a una quantità di robot. Possiamo quindi accogliere quest’affermazione con un sorriso.

Un concetto più evoluto potrebbe portarci a ritrovare la nostra unicità nella capacità di percepire lo scorrere del tempo e l’esistenza di un futuro, caratteristica propria inesistente nelle altre specie animali o in quelle vegetali. La nostra coscienza afferente è però solo un sintomo del reale motivo, non un elemento.
Cosa ci rende davvero esseri umani? La capacità di sognare e di realizzare i nostri sogni.
Questo è ciò che siamo, questo è il nostro equilibrio.

L’alpinista Giusto Gervasutti teorizzo: “Se mi fosse dato di vivere senza la possibilità di sognare e di lottare per un sogno, bello quanto inutile, sarei un uomo finito”.

Questo concetto, elementare, apparentemente quasi scontato, può avvicinarci all’argomento che vogliamo affrontare; non un tema, ma il tema. Giungere al proprio sogno non equivale a migliorare la propria vita: vivere il proprio sogno, è la propria vita. È proprio quella l’esistenza: inseguire e costruire il proprio sogno, durante la notte, il dì, i pasti; i minuti di una giornata sono solo momenti presenti su una grande linea continua più complessa, il nostro cammino.

Com’è possibile vivere un sogno? In primo luogo è necessario ammettere di averlo. Le teorie delle telecomunicazioni osservano l’onda sonora complessa, scomponibile in una serie di armoniche sorrette da una portante. Possiamo osservare questo concetto come metafora: il nostro sogno sorregge qualsiasi cosa sia afferente a noi. Non ammetterne l’esistenza o non conoscerlo, significa non concepire né percepire il nostro motore, ciò che ci crea quali siamo. Qual’è la nostra portante, il nostro sogno? Dovrebbe essere estremamente semplice rispondere a questa domanda. Dovremmo vivere ogni giorno quella consapevolezza svegliandoci la mattina sereni, perché ancora in cammino, senza esserci mai fermati, senza esserci mai allontanati da noi stessi, sempre più vicini a diventare ciò che siamo.

Perché molte persone non conoscono il proprio sogno? Ci sono molteplici motivazioni e la prima e più semplice si riscontra nella “difesa personale”. Se non ho un sogno, non potrò fallire nel raggiungerlo. La maggior parte degli individui che affermano di “non esser competitivi” semplicemente non si mettono in gioco; non lo fanno perché non amano i sintomi della competizione. Se questi ultimi non vi fossero, sarebbero i primi a gareggiare. Spesso gli uomini non pensano di poter raggiungere davvero il loro scopo e lo sostituiscono con una serie di bisogni inutili indotti da altri uomini che traggono vantaggio da questo sistema. È più facile acquistare l’ultimo telefonino, la macchina più bella, il più calzante vestito alla moda. È più semplice farsi coccolare nella spa più vicina, fare una vacanza in un posto conosciuto e poi raccontarlo al ritorno agli amici, comunque sia andata. Non confondiamo i bisogni indotti con i sogni; non confondiamo l’essere con l’avere. Barattare il grande fine con questi feticci, equivale a essersi arresi prima di iniziare il cammino.
Penso ai ragazzi che escono la sera e bevono; il più ubriaco vince. Arrivi a casa, apri la porta, entri, e il gatto è alto come te… “Qualquadra non cosa”… Qualche cosa non quadra? Scambiare dei mezzi col fine cancella la possibilità di raggiungere il nostro scopo. Un’esistenza senza il sogno, senza il suo scopo, non è in equilibrio, è una vita senza il suo elemento principale, senza quella scintilla che ci rende esseri umani. È importante non cedere alla paura: abbandono il mio sogno prima che lui abbandoni me? Abbandono me stesso?

Il primo passo è quindi quello di ammettere di avere un sogno. Trascurate il filtro affettivo, non badate alla paura di fallire, e proteggete la natura del vostro desiderio. Il proprio sogno è sacro e il più importante elemento che esista, quale che esso sia. Non esistono progetti irraggiungibili, troppo grandi o troppo piccoli, ambiziosi o minuti.

Non permettete mai ad alcuno di deridere o denigrare il vostro scopo, perché è ciò a cui tendete, siete voi stessi, l’insieme delle esperienze che vi hanno condotto a credere in ciò che auspicate, il complesso intero dei vostri amici, dei vostri parenti, degli elementi che vi hanno condotto qui e ora. Il momento è adesso, quel preciso istante in cui tutto cambia, in cui ammettete di avere un sogno e lo vedete nascere per la prima volta, sapendo che è sempre stato lì, che lo proteggerete per sempre.

Il secondo passo è capire che avete il diritto di essere felici, di raggiungere quel sogno. Il nostro fine non si conquista al suo completarsi, ma nel milione di momenti che avete vissuto per arrivarvi. Il primo metro di un miliardo di chilometri è già parte integrante di quel tracciato, tanto quando una vostra mano è già una parte del vostro corpo, di voi stessi. Siete già sul sentiero. Ascoltando le persone che abbandonano il diritto alla felicità, si sentono classiche giustificazioni quali “e allora quelli che non hanno da mangiare?”. “Io sto bene, non mi manca alcunché”, “cosa voglio di più? Se penso a quelli che stanno male davvero”. La nostra mente è potente e beffarda, ci allontana dal grande passo; abbiamo il diritto di essere felici, abbiamo il diritto di raggiungere il nostro sogno.
È necessario sbilanciarci e cadere, sapendo che potremo farci molto male, ma staremo vivendo in equilibrio alla ricerca di ciò che sognamo. Possiamo farcela!

Le persone pensano di avere il controllo della propria vita, ma ciò è solo illusione, pura illusione. Senza una consapevolezza totale non siamo noi a pilotare il nostro cammino. Gli uomini spesso viviono in una realtà fittizia superficiale, appoggiata su una reale, un sostrato di verità. Affermo una determinata cosa perché in realtà sono geloso della tal persona; temo quel tal evento quindi mi comporto in un dato modo apparentemente seguendo altre motivazioni; sono innamorato eppure odio.

Se mi immergessi in me, con introspezione o mediante analisi, e raggiungessi un livello più profondo di consapevolezza, sarei ancora su uno strato di me comunque superficiale. Ogni cosa che vediamo e che pensiamo di fare è in realtà la punta di un iceberg gigantesco costruito su strutture pregresse. Traumi e sofferenza, gioia e aspettative di nonni che vengono tramandati in un codice non scritto a nipoti e ai loro nipoti. È necessario dare una scrollata a questo castello di carte che ci portiamo sulla schiena; avviciniamoci a ciò che vogliamo, a ciò di cui abbiamo paura, a quello che vorremmo amare, e allontanare tutto il resto. Sbilanciamoci, con il più intenso coraggio: lasciamoci cadere.
Ci sono persone che incorrono in gravi incidenti, anche solo una volta sul loro cammino, e per una frazione di secondo arrivano a quella lucidità quasi totale, profonda e intensa, a cui mi riferisco, e ogni cosa acquista un peso diverso. È un po’ come se la realtà perdesse la sua patina, come un vetro appannato che perde la sua opacità con un colpo di spugna umida e lascia passare lo sguardo. Tutto appare chiaro; a qualcuno basta quella frazione di secondo, un quark di vita, un brandello di possibilità, e cambia il proprio presente inseguendo il futuro. Quasi tutti invece tornano a terra, come una pallina lanciata in alto che poi piomba al suolo, sprofondando di nuovo nella sabbia, con il cuore vulnerabile ben protetto da essa. Chi davvero si avvicina a se stesso può vivere con quella lucidità; perché stare in un mondo in bianco e nero quando ogni cosa può diventare a colori. Dalla nascita alla morte in una dimensione reale e consapevole in cui ogni profumo è più vivido.

Ed ecco di nuovo l’istante, quel momento unico in cui capiamo di avere il diritto al nostro sogno, la nebbia si dirada e vediamo il nostro sentiero. Era sempre stato lì, accanto a noi, e porta esattamente dove volevamo andare, e tutto ciò che siamo stati e abbiamo fatto è stato per esso. Per avvicinarci a lui, al nostro cammino, o per allontanarci dallo stesso con la paura di non averlo mai, di poter essere abbandonati dal nostro sogno. Invece siamo lì, sarebbe stato sufficiente incamminarci, ma non lo abbiamo fatto. Abbiamo impilato esperienze senza sapere perché lo facessimo davvero, senza vedere il grande disegno ed ora, eccolo lì. Dopo la consapevolezza e la scelta di esser felici e inseguire il sogno, il sentiero compare, invisibile eppure chiarissimo, una strada che nessuno vede, tranne te.

Se pensiamo che dicendo “si può fare” una persona è diventata l’uomo più potente al mondo, possiamo credere all’importanza di questo mantra… C’è anche chi grazie a “si può fare” ha recitato nel bellissimo film Frankenstein jr… ma questa è un’altra storia!
Quando finalmente capiamo che i bisogni inutili ci allontanano dal nostro sentiero e che le scempiaggini irrilevanti di ogni giorno, non hanno importanza, possiamo davvero concentrare tutta la nostra vita, ciò che vogliamo, chi siamo, in un momento, e fare cose straordinarie. E poi ripetere quel modus operandi, e poi ancora e ancora, trasformando la nostra intera esistenza in una grande avventura. “Fare della propria vita un capolavoro” …no aspetta questa l’ho già sentita…

La domanda ora nasce spontanea: come possiamo fare? Sappiamo qual’è il sogno, resta da capire come realizzarlo. La nostra mente oramai consapevole ci permette di vedere il sentiero e il quadro d’insieme, il punto di partenza e quello di arrivo. Possiamo osservare cosa accade nell’alpinismo; quando uno scalatore si sente stremato, per progredire senza sosta osserva un punto non lontano e con tutta la sua forza mentale lo raggiunge. Quando è arrivato all’obbiettivo, cerca un nuovo target sul tracciato e prosegue ancora. Divide l’intera montagna in segmenti, che si parli di un trekking o dei tiri di corda su una parete impossibile. Un pezzetto alla volta, o magari un passo o anche un solo respiro, conducono al punto di arrivo.
Possiamo quindi rivolgerci all’ingegneria gestionale che ci fornisce un semplice concetto sintetizzato nella parola kaizen, di norma tradotta con “miglioramento continuo” in stretta correlazione con il ciclo di deming. Possiamo semplificare pensando alla possibilità di evolvere continuativamente un’azienda e i suoi processi a partire dalle più piccole realtà. Noi siamo la nostra azienda e il nostro sogno è il nostro “goal”; dobbiamo quindi considerare ogni aspetto minimo del nostro progetto e un mattone alla volta migliorarlo e continuare con questo meccanismo in maniera perpetua. Conta il nostro pensiero, le nostre abitudini, i gesti di ogni giorno; ogni scelta effettuata nella nostra vita prende un indirizzo, e ogni decisione futura non sarà apparentemente più casuale, ma concorrerà alla realizzazione del nostro progetto. Ogni esperienza, dalla più significativa alla più essenziale, sarà identificata come uno dei milioni di pezzi del puzzle che contraddistinue il nostro sogno.

Risulta evidente che, partendo dall’esistenza di un nostro target, da realizzare nel pratico, iniziando dai più piccoli passi che chiunque è in grado di realizzare, non abbiamo più scusanti… Dobbiamo per forza provare a esser felici. A questo punto è necessaria attenzione, perché le difese della nostra mente sono sempre in agguato. Esse cercheranno di trovare sempre un motivo per farci abbandonare il sogno prima che lui ci abbandoni. La classica obbiezione del nostro cervello, così assuefatto dal sistema al punto di difenderlo, è quindi l’organizzazione della giornata. La più classica frase è: “se avessi tempo”. È vero ch’esso scarseggia alle nostre latitudini in quest’epoca, ma quest’affermazione si può intendere solo in un modo: “cosa state aspettando?” Una persona può avere venti, cinquanta oppure ottanta anni ancora da vivere. Essi sono un soffio di vento nella bufera dei miliardi di anni in cui il mondo continuerà a esistere. Fra ottanta anni io sarò morto, per sempre; la mia mente finita non può concepire l’infinito, quindi per quanto mi impegni non arriverò mai a comprendere davvero questo concetto. Sarò morto, si ma fino a quando? Per sempre, sarò morto per sempre. Fra ottant’anni io non esistero più; non fino a un determinato momento… Che io sia credente o meno, so per certo che non esisterò mai più in questa forma di energia che chiamano Christian… almeno quando vogliono che io mi volti…

Cosa stiamo aspettando? Se non ho tempo, lo creerò, senza scusanti. Le ore non possono né dilatarsi né contrarsi. Non si può ottimizzare il tempo, lo si può solo organizzare affinché esista uno spazio in cui interagire con la realtà. E se per scelte di vita che considero ferree io decida di non poter modificare la mia posizione cambiando lavoro o percorso di studi, abitazione o schemi di vita, potrò sempre organizzare al meglio la mia esistenza. Analizzare in senso orizzontale scalette di impegni verticali, può permettermi di ricavare giornate intere dedicate al mio sogno. Se sono abituato ad avere otto ore di lavoro, otto ore di sonno e otto per tutto il resto, potrò a esempio ricavare un ora al giorno. Al termine della settimana avrò sette ore finalizzate specificatamente alla costruzione del mio sogno e tutte le altre dedicate parzialmente a esso. Possiamo trovare centinaia di esempi da quelli più conosciuti relativi a mission di natura completamente diversificata; si pensi a Mandela, Messi, King, Mennea. Eppure esistono anche personaggi molto meno noti come l’italiano Gianluca Daniele che nel 2009, dopo aver creato una famiglia, decise di allenarsi la mattina prima di andare al lavoro, e dopo duecento tentativi percorse in libera una via di scalata di grado 9a, in quel momento una delle più difficili performance di sempre al mondo. Questo esempio dimostra che sia possibile conciliare il tempo, la vita e la famiglia con il proprio sogno quale che esso sia. Nella condizione ideale dovreste pensare che la famiglia e il lavoro, siano parte dello stesso grande progetto, inscindibile. Si può fare. Non è necessario diventare egoisti, anzi, l’equilibrio naturale dovrebbe ritrovarsi nella collimazione tra gli altri e noi stessi. La famiglia dev’essere parte integrante del sogno: noin è il più il “mio”, ma il “nostro” sogno.

La domanda fondamentale a cui dovete rispondere è una: per quale motivo voi non potete non riuscire nel vostro sogno? Dovete trovare la risposta e inseguirla senza mai perdere la fede in essa.
Vivere il proprio progetto non affatto facile, ma è molto semplice. Dovete assolutamente capire che ce l’avete già fatta solo che non sapete ancora come e quando è accaduta questa cosa nel vostro futuro. Dovete darvi completamente al sogno che si è già verificato, solo che non ancora in questo tempo e in questo luogo. Scoprirete tutto lungo il cammino.

Immaginate di vivere la vostra vita, tutta, che essa ora sia già scorsa. Provate davvero a immaginarla, adesso, lentamente, un evento alla volta; arrivate al termine della stessa e fermatevi lì. Immaginatevi alla fine. Pensatevi mentre il vostro corpo si sta spegnendo e una luce intensissima in voi si accende: “se potesi tornare indietro, quante cose potrei fare, che sogno incredibile potrei realizzare?” . Quanto conterebbero poco l’ultimo telefonino e l’ultimo programma in tv? Quanto sareste disposti a sacrificare per poter tornare indietro e avere soltanto una occasione, una sola occasione di poter provare. Quanto sembrerebbe inconcepibile la paura di sbagliare? Ve lo chiedete in quel letto, mentre la vita se ne va e voi avete ancora così tanto da dire. Adesso bloccate quella scena e datevi quell’occasione: tornate ora e qui…

…Avete ancora tutta la vita. Scegliete il vostro sogno, scegliete di mettere in gioco tutto, casa, lavoro, abitudini, diradate la nebbia, e incamminatevi sul sentiero. Il sogno meraviglioso, ci siete sopra, proprio adesso, si è già realizzato, scoprite quando e come, createlo, non arrendetevi mai, non traditelo mai, non traditevi mai raggiungete voi stessi… adesso.

Christian Roccati
SITOFACEBOOK

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