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15 Giugno 2013

Uncategorized · Alpinismo e Spedizioni · arrampicata · Christian Roccati

L’arma definitiva

Venerdì ore 13.20… generalmente sono impegnato perché il pomeriggio lavoro ad alcune cose, la sera e la notte ad altre ancora, ma da dieci minuti sono libero. C’è il sole, fa molto caldo, la vallata profuma… e io sono… libero? Libero!
Sembra strano, davvero strano.

Prendo la macchina e vado in riviera, dove una bella montagna mi aspetta. La temperatura è davvero elevata e la bassa quota non aiuta. Vado a fare una vietta. No chiodi, corda, o altro. Però mi cambio i pantaloni.
Ah si… questa è l’arma definitiva!

Ho il casco, ma lo lascio sotto il sedile, oggettivamente qui non serve. Tiro bene i lacci delle calzature: né scarponi, né scarpette, solo un paio di normali scarpe da ginnastica, ma aderenti, proprio della misura giusta. Non ho preso alcun tipo di fune, perché tanto non mi calo in doppia. Quindi anche niente imbragatura o longe. Ma cavolo, mi sono cambiato i pantaloni!

Salgo veloce il sentiero. Non sono allenato, ma dato che la relazione dice che ci vuole giusto un’oretta, cerco di andare veloce, così il corpo risponde e il fiato me lo ritrovo nella cassetta postale alla prossima salita. Il bosco è magnifico ma pieno di ragni: potevano chiamarlo “aracnofo-via” questo percorso. Uso una frasca ondeggiata davanti al volto per proteggermi e quando sento cose grosse come noci addosso, le schiaccio senza capire cosa siano, prima che possano darmi indizi muovendosi e facendo tele su di me…

Sembro un po’ una maestrina che muove l’ombrello per richiamare la comitiva, più che un alpinista e mi manca giusto la penna rossa. Intanto guardo in basso e vedo il canyon della vallata, quanti bei ricordi freschi e cristallini. Adoro il torrentismo.

Impiego circa 30 minuti ed eccomi all’attacco della via. Qualche foto e si parte; sono le quindici e un quarto circa e mi aspettano 400 metri di arrampicata dati per quattro ore; mezza ne ho recuperata, ora vediamo quanto altro risparmio. Nello zainetto ho il telo di sopravvivenza, il kit di soccorso, una frontale e una pila con dinamo; basta non cadere e ho tutto. (Il contenuto dello zaino è un omaggio a chi vuole che torni a casa).

Si va in scena: gradi facili ma abbastanza continui in ogni tiro… talvolta incontro un chiodo che indica la via.
Ogni cengia e ogni fessura le trovo infestate dalla vegetazione e tutto è più complicato. Ai lati ci sono profumate felci… chissà perché le prendono sempre ad esempio come rarità… alle nostre latitudini sono dappertutto. I metri e metri di roccia scorrono sotto i miei polpastrelli.

Ogni tanto un passo in cui avere mente ferma: mi dico “la prossima volta che ti viene una bella idea Christian… limitati a scriverla!” Ma poi vado e sorrido.

Di balza in balza salgo 20 metri, poi 5 poi 30 e via, via… oggi ho eccezionalmente il cellulare acceso. Ogni notifica è il suono di un cinguettio di uccellini… che si fonde con il bosco intorno. Possibile che ad ogni difficoltà senta quel segnale… forse chi aspetta sa che proprio in quel momento potrei tribolare?

Fa un caldo atroce, e ci sono molte cose che strisciano. (Quanto è bello fare canyoning… altro che sto “ravanage”!). All’ennesima immagine scattata mi accorgo di come stia montando la nuvola alle mie spalle… vediamo di esser più veloci di lei.

Ci sono buoni appigli dovunque e come in un sentiero verticale arrivo all’uscita, su quello orizzontale. Meno di cinquanta minuti, pause, foto e telefono inclusi. Già anche cellulare… perché gente che cercavo di contattare per interviste, introvabili, proprio ora richiamano.

Quanto mi mancano le mie terre selvagge.

Scendo tranquillo il sentiero tra nubi che scavalcano pareti e crinali e arrivo alla fonte classica; ciao “amica fragile”. Bevo il goccetto di acqua che mi ero tenuto, riempio quindi la bottiglia e ricomincio a bere. Altri ragni quindi faccio nuovamente la maestrina con un ramo; quanto è meglio il canyoning! In realtà qui ebbi una disavventura con ragni grossi come nespole proprio in un torrente… ma dimentico velocemente o quasi.

Scendo ed un passo alla volta arrivo alla macchina, fuori dalla foresta, e vedo il nuovo complesso che hanno costruito. Sembra un quadro di Hopper.

Ok tutto bene… mi sono anche asciugato la t-shirt scendendo.
Tutto è filato: per forza, ho cambiato i pantaloni prima di partire! Lo dicevo io che erano l’arma definitiva.

Christian Roccati
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