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11 Novembre 2016

Climbing · Vertical · Ambiente e Territorio · Patagonia · Events & Testimonial News

PATAGONIA PRESENTA:
“Save the Blue Heart of Europe”
Climbing in Albania

Photo: Andrew Burr

Photo: Andrew Burr

Patagonia Europa sostiene il progetto Save the Blue Heart of Europe tramite donazioni e attività di comunicazione dallo scorso anno. La prima storia ci ha portati sui fiumi della penisola balcanica e fatto scoprire la minaccia derivante da un numero incredibile di progetti per la costruzione di dighe (più di 2,700). Patagonia ha poi condiviso un report sul fiume Vjosa, dove gli attivisti hanno pagaiato in kayak per 35 giorni, allo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica su questo tema fondamentale. Il viaggio è terminato con una protesta alle porte dell’ufficio del Primo Ministro albanese. Oggi, ci arrampicheremo al di sopra dei fiumi dell’Albania con un team di climber Patagonia che stanno cercando di portare una prospettiva differente a questo progetto. Le persone, le bellezze naturali e le incredibili opportunità offerte da questa regione ci hanno ispirato. Per questo, continueremo a far sentire la nostra voce contro i progetti di costruzione delle dighe che la deturperebbero.

7 alpinisti, fotografi e avventurieri hanno unito le proprie forze per esplorare l’area selvaggia dei fiumi nei Balcani e per risvegliare l’attenzione dell’opinione pubblica nella speranza di aumentare la consapevolezza in merito alla questione dei fiumi nei Balcani. Le storie che leggerete sono state realizzate in meno di un mese da circa 10 persone.

Photo: Mikey Schaefer

Photo: Mikey Schaefer

Mi è sembrato di tornare indietro nel tempo attraverso la Croazia, e poi la Serbia, la Macedonia e, infine, l’Albania. Il ritmo di vita della gente del posto è sempre più lento, i “problemi” quotidiani di noi occidentali sempre occupati diventano via via meno importanti, vivere nel presente, invece, sempre più necessario”  Luka Krajnc

Mi trovavo in una terra di cui non sapevo nulla fino a un anno fa, fiumi, montagne, paesaggi e campagne, luoghi incontaminati e inesplorati. Abbiamo rallentato e ci siamo guardati intorno, prendendoci del tempo per osservare il nostro impatto sull’ambiente prima che sia troppo tardi. Abbiamo intrapreso un viaggio alla scoperta dei paesaggi selvaggi del “Cuore Blu d’Europa” sperando di risvegliare l’attenzione delle persone e salvare questa zona incontaminata nei Balcani. Il nostro obiettivo è fermare la costruzione di 2700 dighe e preservare il “Wild Wild West” d’Europa.

Dopo essersi lasciati alle spalle il ronzio della capitale albanese, Tirana, Arnaud Petit, Stephanie Bodet (FR), e Nastja Davidova (SLO) hanno proseguito due ore verso sud est lungo il fiume Vjosa, l’ultimo e il più grande fiume selvaggio. In meno di un’ora di guida la squadra arriva dritto al cuore del villaggio albanese.

Photo: Marko Prezelj

Photo: Marko Prezelj

A Carshove l’atmosfera è tranquilla. Le persone stanno lavorando con vecchie falci nei campi pieni di fiori selvatici. È difficile pensare che la bella rupe calcarea sopra di noi sia un terreno vergine. Nessuno ha mai scalato qui!” Arnaud Petit e Stephanie Bodet

La diga sul fiume Vjosa provocherebbe l’inondazione delle valli e dei villaggi che sorgono in quest’area, rubando per sempre qualsiasi possibilità di aprire nuove vie in arrampicata, guadare le rapide dei fiumi, collegare tra loro percorsi accidentati. Porterebbe denaro e potere, ma a chi, e a quale prezzo?

Arnaud, Steph, e Nastja hanno aperto una nuova via, chiamata Fields of Joy (8a +), una prova che attrae immediatamente altri alpinisti. In un mondo sempre più piccolo a causa della globalizzazione, gli avventurieri non vedono l’ora di esplorare il nuovo, il selvaggio, altri paesaggi: la gente verrà.

Photo: Andrew Burr

Photo: Andrew Burr

Abbiamo incontrato Kosta, un vecchio con un volto saggio e silenzioso, che ha trascorso l’intera giornata con noi, e ci ha invitato a casa sua. Fotini, sua moglie, ci ha fatto bollire l’acqua per la doccia. Ieri non conoscevamo queste persone, non parlavamo nemmeno la loro lingua, eppure ci hanno accolto come figli, ci hanno ha offerto una cena meravigliosa, preparata con alimenti freschi e biologici coltivati nel loro piccolo giardino. Fragole, lattuga, olive, latte di pecora fresco, pane di ortica fatto in casa, una torta deliziosa. Sono stupito dalla loro vita semplice e pura, con un impatto ambientale limitato, ma che ha avuto un impatto enorme su di me”. Arnaud Petit e Stephanie Bodet

In seguito, Kosta si è unito al team, inserendo il primo chiodo e aprendo una seconda linea (6c) più accessibile rispetto alla precedente, con la speranza di attirare più scalatori per esplorare la regione. Le emozioni provocate da questa scoperta sono profonde, qualcosa che si fa fatica a provare, occupati come siamo nel mondo occidentale.

A poche ore di distanza Marko Prezelj (SLO) e Luka Krajnc (SLO), sono alle prese con la parete calcarea alta 700m di Papignut, cercando di collegare piazzole di terreno mai esplorate prima, avvolti nella nebbia e nelle nuvole, circondati da rocce friabili, sotto temporali intermittenti.

Luka Krajnc approaches the 700-meter limestone face of Papignut. © Marko Prezelj

Luka Krajnc approaches the 700-meter limestone face of Papignut. © Marko Prezelj

… Siamo d’accordo nel dire che il terreno scosceso si è trasformato nella roccia peggiore che abbiamo mai scalato in tutta la vita. Piazzole trasformate in erba ripida, affrontate con una piccozza che avevamo portato per ogni evenienza. La difficoltà della scalata è stata una dura prova dal punto di vista mentale e siamo stati felici di scorgere la parte finale della parete”. Luka Krajnc

Arrivando su una cima ricoperta di neve fresca con le proprie scarpe da avvicinamento e una piccozza, Marko e Luka sono felici di scendere alla base della parete. Isolata e impegnativa com’è, questa non è una classica salita da ripetere, anche se sazia la sete di esperienze sconosciute. Selvaggio ed esigente, Papignut è stato lasciato così com’è, pronto per essere esplorato da nuovi scalatori.

Passata l’adrenalina derivata dalla protesta contro la costruzione della diga presso l’ufficio del Primo Ministro albanese, con tanto di intervento da parte della polizia e dei militari armati con giubbotti antiproiettile, è ora di iniziare l’ultima avventura. Jon Bracey (UK) e Mikey Schaefer (USA) si uniscono a Luka per un ultima salita sulle montagne Prokletije.

Stéphanie Bodet takes time to “smell the roses” at Bovilla. Photo: Mikey Schaefer View Gallery

Stéphanie Bodet takes time to “smell the roses” at Bovilla. Photo: Mikey Schaefer View Gallery

“Le vie continuavano ad aprirsi di fronte a noi, le cose andavano lisce e si saliva senza sforzo. Gli ultimi tiri hanno reso sempre più interessante l’arrampicata tecnica su di una roccia molto buona, quanto basta per testare la nostra determinazione”. Luka Krajnc

“La vetta ci ha regalato una vista spettacolare, rocce calcaree incontaminate che attraversano il paesaggio circostante, dall’Albania fino al vicino Montenegro, mostrando tutto il potenziale per avventurose arrampicate alpine”. Jon Bracey

L’ultimo della squadra ha l’incarico di preparare l’auto a noleggio, poi via lungo la strada sconnessa verso la capitale. Luka carica la sua macchina per il lungo viaggio verso la Slovenia.

Dopo 1 mese, 4.000 km percorsi, 10 confini attraversati e momenti interminabili trascorsi con persone a me affini, mi sembra di chiudere il mio viaggio al punto di partenza. Questa esperienza mi ha regalato una grande emozione vissuta in un paese quasi dimenticato, che nasconde ancora molti tesori tutti da scoprire. Su e giù dalle pareti”. Luka Krajnc

Photo: Andrew Burr

Photo: Andrew Burr

INFO:
Patagonia

Save the Blue Heart of Europe

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