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13 Aprile 2012

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"CHISSA' PERCHE' SI CHIAMA COSI'" Intervista a Marica Forcellini

Tra i tanti volumi che passano di soppiatto in libreria, ce ne sono alcuni designati a rimanere nella memoria per aver cambiato le cose o per aver segnato davvero un punto di svolta. Alcuni di essi sono poi destinati a diventare un riferimento per molti; “Chissà perché si chiama così”,  è un nuovo libro curato da Marica Forcellini che ha tutte le credenziali per entrare in tutte e tre le categorie.

Questo volume, quasi fresco di stampa, è un ardito progetto che si è fatto amare in pochi mesi, sia dai valdostani “purosangue” sia da tutti gli appassionati di questa magnifica regione, la culla e regina delle Alpi.

Il libro infatti racconta le montagne valdostane a partire dai suoi nomi con una ricerca filologica ed un’esegesi di ciò che vi è dietro ogni singolo toponimo montuoso, scavando nelle pieghe del tempo e della tradizione.

Il tomo illumina un antico racconto fatto di curiosità e volti di uomini e popolazioni, che di passo in passo, nelle epoche, si è materializzato nell’uso comune di chiamare in un certo modo tutto ciò che salta agli occhi.

Nel tempo della TV e dei telefilm del mistero, un vero enigma è visibile di fronte agli occhi di chiunque camini in Valle d’Aosta; le vette che costellano la regione sono la mappa del tesoro dietro la quale si celano brani e vicende, che questo libro insegue fino ad ogni singola fonte a cui dissetare la propria voglia di sapere ciò che fu.

Com’è iniziato il progetto del libro?
L’idea di realizzare un libro che raccogliesse gli articoli scritti da Umberto Pelazza per Montagnes Valdôtaines fra il 1994 e il 1997, è stata del nostro presidente Sergio Gaioni. Sin dalla loro comparsa sul giornale, Sergio li ha fotocopiati, e sistemati in una cartellina “per – come scrive Sergio nella Prefazione – averli sottomano tutti assieme; erano molto interessanti sia per l’argomento trattato sia per lo stile piacevole e brioso usato nell’esposizione”.

Subito dopo la pubblicazione dell’ultimo articolo, avendo ricevuto numerosi pareri positivi sopratutto da parte dei lettori di fuori Valle, Sergio ha iniziato a pensare che sarebbe stato bello poterne fare una pubblicazione del CAI Valle d’Aosta, una pubblicazione che potesse incuriosire il lettore e che potesse essere rivolto non solo ai soci CAI, ma anche a un pubblico più ampio, non solo valdostano contribuendo a far conoscere le nostre montagne e la loro storia.

Chi ha lavorato al volume?
Due anni fa, su indicazione di Diego, Sergio mi ha chiamata per coinvolgermi in questo lavoro.

La ricerca mi ha sempre appassionata molto e quando riguarda la Valle d’Aosta poi… non ho esitazione alcuna, anzi mi piace e mi coinvolge totalmente. Diego si è poi occupato di coinvolgere i soci CAI nella ricerca di fotografie che potessero corredare il testo e in molti hanno risposto al suo appello. Sono stati poi consultati alcuni soci della sezione di Châtillon, esperti conoscitori delle nostre montagne, per la realizzazione dell’indice delle montagne valdostane e la loro collocazione sul territorio.

Che cosa rappresenta un libro sull’etimologia dei toponimi montuosi per un valdostano?
Significa approfondire ulteriormente la conoscenza del nostro territorio e delle nostre origini. Non ci soffermiamo quasi mai sui nomi geografici in generale, diamo per scontato l’esistenza di una qualche loro origine storica…

I nomi dei luoghi, e in questo caso delle montagne, rappresentano invece un patrimonio culturale di grande valore per la nostra storia in quanto nel loro significato spesso è racchiuso il rapporto che gli antichi “valdostani” avevano con il paesaggio, con il territorio; sono inoltre emblematici della posizione di carrefour della Valle d’Aosta che risente degli influssi culturali italiani, francesi ed elvetici.

Come ha scritto Pelazza, i toponimi sono “Patrimonio di curiosità, enigmi, bizzarrie, uno sbocciare di legami insospettati che si proiettano nelle direzioni più varie. Sono i fossili più qualificati delle parlate dialettali. Pur calpestati dal succedersi delle popolazioni e dalla sovrapposizione delle lingue, i toponimi definiscono una materia stabile, a differenza di quanto accade nelle aree a intensa frequentazione umana, e sono più restii agli scambi linguistici, preferiscono ampliare i loro significati piuttosto che rinnovarsi”.

Di quali storie parla il volume?
Il volume parla del rapporto tra uomo e montagna, fra storia e leggenda, storie di gente semplice, di grandi personaggi storici e di grandi pionieri dell’alpinismo mescolate a storie di mondi fantastici con streghe, fate e giganti. Racconta la storia geologica e morfologica della Valle d’Aosta, di ghiacciai che oggi non esistono più o che ormai sono ben poca cosa, di estesi boschi che avvolgevano i grandi massicci, di frane e di valanghe, di tutti quei fenomeni naturali, storici, ambientali che in qualche modo avevano influito o avuto un significato nell’esistenza dei nostri antenati.

Come avete raccolto il materiale fotografico e chi ha contribuito?
Il grande lavoro di raccolta e di selezione delle molte fotografie inviateci dai soci CAI è stato svolto da Diego Musso. Dopo aver stilato un elenco di nomi di monti la cui immagine era significativa nell’affiancare la lettura del testo, Diego ha invitato i soci CAI della Valle d’Aosta a inviare le loro foto.

Come ha asserito proprio Diego Musso «Sono tutti soci CAI che hanno mandato in totale circa 500 foto (o poco meno) Sono state mandate per posta oppure consegnate direttamente a me tramite pennino USB. Di queste ne abbiamo poi scelte circa 90. La proposta grafica è stata fatta dalla tipografia (foto in testa, foto medie, foto grandi, foto su due pagine).

La foto di copertina invece è un regalo della tipografia che la teneva da anni nel cassetto avendola comprata da un alpinista locale, in attesa di una occasione che meritasse di usarla e il nostro libro è stata l’occasione. Poi le foto sono state tutte piazzate nelle pagine che le citano o comunque nei capitoli relativi. Le didascalie sono state verificate da più soci tanto è vero che una di esse è stata corretta 4 ore prima di andare in stampa (…il Corno Nero che era erroneamente definito roccia nera – tra l’altro una mia foto di una mia ascensione!)»

Come avete raccolto e redatto i testi?
In origine si trattava di articoli che erano comparsi su Montagnes Valdôtaines. Per uscire con un libro questi articoli andavano però adattati, corretti e aggiornati. Era necessario lavorare su questi testi in modo che potessero essere rivolti non solo ai soci CAI, ma anche a un pubblico più ampio e non solo valdostano.

Si è quindi compiuto un minuzioso lavoro di restyling e di editing, sempre però nel rispetto dello stile dell’autore, per rendere i testi, che sarebbero apparsi in sequenza in un libro, più scorrevoli e facilmente leggibili anche da chi non conosce a fondo il territorio valdostano (inquadrando geograficamente montagne ed alpeggi), trovando soluzioni che permettessero all’opera di dare il meglio di sé (come l’inserimento di note, citazioni, immagini…) e chiarendo i punti che, a vario titolo, avrebbero potuto presentare qualche difficoltà dal punto di vista dei contenuti.

Per alcuni oronimi si sarebbe potuto scrivere pagine e pagine talmente tante erano le informazioni, ma fondamentale era operare una scelta.

Ho aggiornato i testi con nuove informazioni e nuovi riscontri. Ad esempio nell’articolo di Pelazza comparso su MV il 2 giugno 1994 si leggeva che “Fino a qualche anno fa, sull’imponente scenario di cime e distese bianche si svolgeva la gara di sci-alpinismo più alta al mondo, il Trofeo Mezzalama…”. Un ”si svolgeva” che andava corretto con un “si svolge”… Per un lavoro più preciso e scientifico ho inserito numerose note esplicative del testo o relative alla fonte utilizzata.

Come dicevo prima, è stato un lavoro minuzioso per il quale ho passato un’infinità di ore in biblioteca fra “montagne” di libri e pubblicazioni.

Un lavoro che mi ha permesso inoltre di arricchire il testo con una bibliografia che ho diviso in una bibliografia generale e in una bibliografia più specifica concernente la linguistica e la toponimia.

Cosa rappresenta per te questo lavoro?
Per me, come già accennato, rappresenta un arricchimento delle mie conoscenze personali sulla Valle d’Aosta. Una materia, la toponimia, che avevo talvolta solo sfiorato soprattutto per quanto riguarda i toponimi legati all’arrivo in Valle dei Romani.

È stata una bella esperienza di conoscenza e di confronto con Sergio, ma soprattutto con Diego che mi ha sostenuta, aiutata e sopportata durante lo svolgimento di questa ardua, ma piacevole, impresa. Un’impresa che mi piacerebbe molto ripetere… con nuovi toponimi !!!

 

“CHISSA’ PERCHE’ SI CHIAMA COSI”
A spasso nel vocabolario dei monti valdostani
Testi di Umberto Pelazza
a cura di Marica Forcellini
Editore: CAI Valle d’Aosta, 2011
Pagine: 150 pagg. – 100 fotografie
Prezzo per i Soci CAI Valle d’Aosta: 10 €

Info:www.caivda.it

Intervista di Christian Roccati

Pag. FB: www.facebook.com/pages/Christian-Roccati-Scrittore/157237931028296
Blog: www.mountainblog.it/christianroccati/

 

 

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