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15 Settembre 2013

Senza categoria

First Hour

First Hour – Pierre Jean Croset

Ci sono luoghi che per frequentazione, storia personale ed alpinistica, uno scalatore sente particolarmente suoi. Nel mio caso, con il vallone del Rio Colombin ho instaurato una rapporto ed un dialogo particolare che dura da oltre vent’anni. Ed è un piacere ripercorrere le varie linee di roccia, ciascuna delle quali è legata ad un momento particolare della propria esistenza, rinnovando ogni volta, quasi fosse un rito, la magia del cambio delle stagioni che non è solo astronomica ma è anche esistenziale. La prima volta che arrivai in questo vallone dalle spiccate forme glaciali, con intenzioni “arrampicatorie”, era la primavera del 1989. Con l’amico Valerio, appassionato di esoterismo, di arte e di musica, avevamo intravisto la possibilità di realizzare qualcosa di interessante sulla struttura che occupa il centro del segmento iniziale della valle: una grande roccia montonata caratterizzata da una placca compatta di gneiss, lisciata dall’antico transito glaciale.

Chiodando dal basso, a mano e sui cliff hanger

Ricordo che mentre ci apprestavamo ad attaccarne il punto debole – una fessura obliqua che ne attraversa la porzione centrale – discorremmo com’era consuetudine di mistica, di “visioni” e di argomenti un po’ “freak”. Così trascorrevano le giornate d’arrampicata con l’amico Valerio, un sardo d.o.c. cresciuto a Courmayeur. Quella mattina avevo in testa la musica del compositore francese Pierre Jean Croset. L’avevo ascoltata davanti ad un fuoco crepitante la sera prima, in una delle tante serate visionarie passate nella baita del mio amico che, dando chiari segnali di assoluta anormalità (semmai ce ne fosse stato il bisogno), si accendeva la sigaretta appena “rollata” tenendo tra le dita un tizzone di brace ardente! “First Hour” – così si chiamava l’intelligente lavoro d’avanguardia del musicologo francese – mi accompagnò per tutta la salita lungo una linea che alla fine risultò illogica anche se coraggiosa. Come già avevano sostenuto Croset ed il suo “maestro” John Cage, che “per fare della nuova musica ci vogliono degli strumenti nuovi”, così noi pensammo che ci si dovesse avvicinare alla parete con “strumenti nuovi” per realizzare qualcosa di interessante ed al passo con i tempi.
Tornammo allora con il perforatore a mano e una manciata di spit rock da 8 millimetri, che piantammo salendo dal basso nel più tradizionale stile anni ’80.
Scoprimmo però anche, con non poco stupore, che nel frattempo gli amici Elio Bonfanti e Aldo Morittu avevano salito con il trapano una via nuova, battezzando “California” la parete!
Al prezzo di notevoli voli e conseguenti sbucciature, noi che il trapano non l’avevamo, saremmo usciti più volte in cima a quella placconata con l’ultimo sole del tardo autunno. Una volta ci eravamo portati addirittura un mangianastri e Valerio meditò sulla piattaforma sommitale cullato dalla musica di Croset!
Negli anni successivi, sono tornato con vari amici e soci nel vallone aprendo vie nuove in vari stili e di varia lunghezza. Ma quest’oggi attaccando la combinazione più difficile della parete, favorito dall’eccezionale grip offerto dalla giornata ventilata, ho di nuovo inspiegabilmente nella testa quella musica. E pur ritrovando sui passaggi dei solidi spit fix da 10 millimetri, l’antica magia si rinnova, così come quell’inesorabile mistero del “cambio delle stagioni”.