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23 Maggio 2015

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Il volto di Dio

Ieri, mentre scendevo dalle vallate per raggiungere Genova, nel cielo è comparso un gigantesco viso in cielo, una faccia immensa, che si è tuffata attraverso le nubi, a osservare cosa fanno gli uomini.

Era lì, fermo eppure in movimento, e trasmetteva orrore, nel senso originale della parola.
Uno stupore sacro e infinito.

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Mi son chiesto perché attribuiamo alla definizione di Dio questo tipo di immagini, eppure dovremmo vederlo in tutte le cose. Da Mitra in poi, ogni divinità monoteistica è stata considerata secondo dimostrazioni di potenza unica e assoluta. Eppure l’armonia è ovunque… Perché sentirsi schiacciare dalla colpa, dal peccato…

Perché?

Il peccato non esiste. Non esistono le persone cattive e non deve assolutamente esistere il concetto di colpa. Ci sono cause ed effetti. Se privo dell’amore un bambino, il suo temperamento energico magari si trasformerà da entusiasta in crudele, o ciò che la morale comune ritiene tale. Se non spiego a un ragazzo, dando risposte alle sue domende e attenzione ai suoi legittimi bisogni, il suo modus operandi magari comprenderà atteggiamenti che la società ufficiale relega a egoismi.

Armonia… cause e non colpe, dolcezza e non tolleranza.
Comprensione, sempre e comunque, e commisurazione certa delle reazioni proporzionale alle azioni. Certa.

Dio, o il suo concetto, perché dev’essere un super volto che sconvolge le nuvole tra piaghe e diluvi universali?
Preferisco la canzone che si rivela nelle pecore che si muovono a schermaglia. E’ possibile racchiudere in un enorme complesso algoritmo quel turbinio e da esso trarre un’aria che può diventare opera teatrale o alfabeto o scultura o esempio.

 

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Una fotografia può evocare ricordi lontani di terre irlandesi e da questi frammenti ecco favole di folletti e nubi in corsa sotto cieli stellati invisibili al chiarore della luce, sia quella del sole, sia la poesia interna che niente può spegnere.

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Penso al compositore Jerbas Agnelli che vide una fotografia di Paulo Pinto che ritraeva una serie di passeri appoggiati su cavi elettrici e l’interpretò come una canzone, come se stesse osservando un pentagramma e realmente suonò quella melodia.

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La “grande bellezza” è lì davanti e noi a immaginare chissà cosa… a lottare per aver la supremazia sul niente.
Chi tradisce, colpevolizza, ordina, piega le regole al proprio dolore… Basterebbe molto meno, sarebbe sufficiente giudicare tutto con trasparenza e condannare niente, perché tutto è giudicabile e niente condannabile.

Dio o il suo concetto può essere in ogni cosa, senza alcun peccato e con una voglia immensa di vivere e magari di far l’amore, con una splendida fanciulla o con l’esistenza stessa.

La vità è gioia e dolore, quanto può essere meravigliosa, di aria, fango e sangue.

Christian Roccati
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