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15 Maggio 2016

“Bon ton” del verticale

DSCN3238Lunedì mattina, una bella giornata di sole. Scelgo una via facile e lunga, dove far sgranchire la moglie dopo un inverno all’insegna degli sci stretti e delle pelli di foca. La parete è piuttosto tranquilla e le sole altre cordate, impegnate nelle vicinanze, sono intuibili dalle urla di comando che si perdono nella fresca e piacevole arietta mattutina. Saliamo tre tiri piacevoli per portarci nel cuore della placca quando, sulla destra, in ripiegamento dalla propria via compare una nota guida seguita dal suo cliente, che a giudicare da come annaspa sugli scudi un po’ marmorei dev’essere parecchio in affanno. La guida traversa verso il mio terzo tiro mentre sto recuperando la consorte e m’incasina la corda agganciando i suoi rinvii sopra i miei. Giunge in sosta e io gentilmente faccio posto mentre continuo il recupero. La guida prende possesso dello spazio senza complimenti urlando di continuo al cliente a mezzo centimetro dal mio orecchio destro. Silvia arriva al primo rinvio comune e fa per sganciarlo, ma è sorpassata dal malcapitato cliente che, di corporatura non troppo esile e dal piede maldestro, rischia di travolgerla da un momento all’altro. Cerco di comunicare con lei oscurato dalla mole dell’energumeno e dal busto della guida che smanaccia e si muove senza remora alcuna nell’esile spazio. Continua inoltre a urlare al cliente il quale, ormai, è a una decina di metri dalla sosta. A un certo punto, frastornato dall’incomodo incontro, chiedo alla guida: “…ma tu sei…?” “ Sì!” mi risponde con un sorriso a 180°, tipico di chi s’impettisce d’orgoglio per essere stato riconosciuto. Mentre il sorriso è ancora stampato come una paresi facciale sul volto del “celebre professionista”, un sincero “Vaffa…” senza passare dal via coglie il fiero condottiero come una saetta, oltra alla mia manifesta speranza di non dover condividere con la stessa un futuro qualsivoglia spazio alpino. “Elogio della guida,” scriveva il buon Giuseppe Mazzotti e proprio a una guida d’eccellenza, quale fu l’indimenticabile Cosimo Zappelli, io devo la mia iniziale formazione alpinistica. Tuttavia, questi trent’anni di attività mi hanno insegnato che un distintivo (di qualsiasi natura sia) non è per niente garanzia di completezza di doti, morali innanzitutto, e che la bravura tecnica, tale o presunta, non è direttamente proporzionale all’intelligenza.