MENU

27 Luglio 2021

Alpinismo e Spedizioni · Vertical · Resto del Mondo

Broad Peak. Salvataggio di Kim HongBin: dure accuse di Vitaly Lazo

Anton, Kim, Vitaly. BROAD PEAK estate 2021. Foto: Death Zone Freeride

L’alpinista russo racconta ulteriori dettagli di quanto accaduto il 18 luglio al Broad Peak

Al Campo Base del Broad Peak volano le accuse.

Il russo Vitaly Lazo, che ha cercato di salvare il coreano Kim HongBin, accusa apertamente gli alpinisti di essere passati davanti al luogo dell’ incidente e di aver ignorato lo scalatore, bloccato per ore sulla parete, senza nemmeno inviare un SOS al campo base.

Venerdì il maltempo ha impedito agli elicotteri di alzarsi in volo. Ma alle 5:08 (ora pakistana) di sabato, il campo base annunciava condizioni migliori  e gli elicotteri erano in attesa del via libera. “Tre persone del campo base si uniranno alla ricerca aerea”, aveva informato il giornalista coreano  Oh Young Hoon. Nel team anche il russo Vitaly Lazo.

L’ambasciata cinese a Seoul  in un comunicato del 23 luglio, affermava  di aver mandato due elicotteri al campo base settentrionale (a 5.000 m) del Broad Peak. “La squadra di soccorso cinese include nove persone e un drone”, riportava Oh. “A causa del maltempo, però, la missione sembra non essere ancora iniziata ”.

Sfortunatamente, entrambe le missioni di ricerca sono state avviate  in modo indipendente, senza alcuna coordinamento tra i campi base sui due versanti del Broad Peak.

Il feroce messaggio di Vitaly Lazo

Vitaly Lazo venerdì scorso ha postato un feroce messaggio sui suoi canali social. L’alpinista russo si domanda come è  possibile che il primo SOS sia stato diffuso solo dopo che Kim aveva trascorso l’intera notte – più di nove ore – bloccato a 8.000 m.

“Il desiderio di conquistare la vetta ad ogni costo, in qualsiasi momento, ha portato un gran numero di  inesperti (turisti, non alpinisti) a percorrere di notte terreni difficili…  creando problemi non solo a se stessi ma a coloro che li circondano”, denuncia Lazo.

Anastasia (Nastya) Runova, caduta sulla stessa cengia, è riuscita a risalire con l’aiuto di Little Hussein, il portatore di Mr. Kim. Ma Lazo era sconcertato dal fatto che almeno 15 alpinisti abbiano ignorato il disabile. “Sì, era buio, ma la luce della sua lampada frontale era decisamente visibile”, ha sottolineato Lazo.

“Dopo aver salvato la ragazza, Little Hussein ha pianto. Era così stanco da non riuscire a salvare anche Kim: non aveva più forze. Hussein ha chiesto aiuto, ma tutti gli “eroi scalatori ” erano esausti e hanno proseguito oltre”.

 “Posso comprendere che non avessero la forza di tirare fuori una persona disabile – scrive Lazo –  MA non capisco perché sia ​​stato impossibile informare dell’incidente via radio o tramite InReach!”

Poi ha accusato direttamente Runova: “Anastasia, il tuo InReach funzionava! Signori, li avete usati! Si poteva premere il tasto SOS e lasciare il dispositivo a Kim, si poteva scrivere che l’alpinista disabile era sul versante cinese in attesa di aiuto.

Ora sui social siete uomini ed eroi coraggiosi, conquistatori di un ottomila…  Vi dico che siete persone patetiche, insignificanti, a cui non importa della vita umana”, continua Lazo.

Lazo e il suo compagno, Anton Pugovkin, aiutarono Runova vicino al Campo 3. Nel suo rapporto, Lazo afferma che se lo avessero saputo, sarebbero andati direttamente in soccorso di Kim invece di rimanere con Runova, che procedeva con le sue gambe.

Il team russo ha pubblicato un rapporto completo su Risk.ru con tutti i dettagli dell’incidente e del loro tentativo di aiutare Kim: chi c’era, quando e cosa è successo.

La confusione dopo il primo SOS

L’allarme è arrivato la mattina presto di lunedì 19 luglio, dopo che Runova è stata aiutata a  tornare al Campo 3. La scalatrice non avrebbe detto nulla a Lazo e Pugovnik dell’incidente occorso a Kim quando si sono incontrati (probabilmente era in stato confusionale). È stato il portatore di Kim a dare l’allarme per primo via radio, verso le 4 del mattino. Purtroppo  le parole dello scalatore coreano indussero a pensare che Kim fosse caduto in un crepaccio sotto la sella. Alcuni alpinisti inglesi (partiti in suo soccorso), si recarono pertanto  nella direzione sbagliata!

Lo stesso Kim era perfettamente vigile e aveva superato la notte in piedi sulla sporgenza coperta di neve, cercando di attirare l’attenzione degli alpinisti. Quando Lazo lo trovò (ore 10:53), era  esausto dopo una notte sulla cengia. Riferì di essere molto stanco e infreddolito, ma la sua mente era lucida e lui era ancora in piedi. Vitaly gli fece un cenno e lui rispose.

Il russo iniziò ad installare il sistema di evacuazione. Kim insistette per usare lo jumar. Poi la seconda caduta.