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29 Febbraio 2024

Il senso di “tutti” per la neve

In questi giorni, il tema “neve” tiene banco nei post sui social di quasi tutti, specialmente a livello fotografico. Anche comprensibilmente, ovviamente, quando il tutto non s’accompagna a un fervore che a tratti sa d’isteria collettiva, da reazione a “catena”. Nel frattempo pochissimi sanno che la “Scala europea del pericolo valanghe”, quest’anno compie trent’anni. Già, fu introdotta nel 1994 proprio quando ancora gravitavo nell’ambiente del soccorso alpino e ricordo molto bene come questa “matematicizzazione” del pericolo sollevasse molte perplessità tra gli esperti di nivologia e del settore, circa le possibili difficoltà d’interpretazione, specialmente da parte dei neofiti e in merito ai limiti di “tolleranza” del rischio e dell’azzardo. All’epoca in molti credettero che questa “scala” avrebbe costituito un valido aiuto per lo sciatore e per l’escursionista in ambiente invernale, almeno un linguaggio comune a livello europeo nell’emissione dei Bollettini Valanghe. Come effetti poi è stato, in effetti. Le “scale”, come tutte quelle applicabili alla montagna (gradi di difficoltà compresi), costituiscono un riferimento molto utile per “orientarsi” ma ovviamente aprono a una serie di problematiche che devono mettere in relazione soggettività e oggettività. Pertanto, nel caso delle valanghe, il pericolo “livello 3” è definito “marcato” da situazione “critica” e la tabella recita così: “Il distacco è possibile già con un debole sovraccarico soprattutto sui pendii ripidi indicati (nei bollettini). Talvolta sono possibili alcune valanghe spontanee di grandi dimensioni e, in singoli casi, anche molto grandi.” Per quanto riguarda la possibilità di uscite: ” Le possibilità per le escursioni sono limitate, ed è richiesta una buona capacità di valutazione locale. Ci si concentri su quest’ultima affermazione, perché, oggi, uscire per una “gita” (termine che a mio avviso culturalmente andrebbe bandito) con “Livello 3” è piuttosto la normalità. Non è un caso che la maggior parte degli incidenti avvenga proprio con questo livello di pericolo e coinvolga “tutti” senza distinzione di bravura: guide alpine, istruttori, soccorritori, esperti. Non esistono mai le cosiddette “fatalità”, esistono soltanto errori di valutazione locale e un “azzardo” in situazione di pericolo marcato. Punto. Le “vecchie” Guide di Courmayeur” con cui sono cresciuto, in questi casi avrebbero forse consigliato una cosa molto semplice, anche se la “scala” non esisteva ancora: non si va in montagna con un pericolo del genere, se non per estrema necessità. Punto. Anzi, due punti. Si consideri anche che lo scialpinismo (anzi, pardon lo “skialp”) è molto cambiato negli ultimi decenni e gli skialper di oggi sono sostanzialmente “sciatori”, bravissimi sciatori, ma in molti casi non sono più alpinisti, con tutto ciò che dovrebbe comportare questo termine. Sci-alpinisti… Tornando alla nostra tabella e al: “E’ richiesta una buona capacità individuale di valutazione locale”, ci si concentri di nuovo sui due termini: “individuale” e “locale”. “Individuale”, perché significa che dipende da me, non dalla community pinco pallo, da un nick-name sconosciuto o dall’amichetto che ci è stato l’altro ieri. “Da me”. Punto. Anzi, tre punti. “Locale”, vuol dire che se vado in trasferta in Valle Gesso di cui non so una beata cippa, lì dovrò rispondere alle mie sole valutazioni, che partono dalla buone capacità che la scala matematica mi chiede. Risparmio i quattro punti. Questo tanto per fare due considerazioni sulla matematica della “sicurezza”, in un momento in cui sui social che vanno tanto di moda, si legge ormai ben poco di davvero utile e di intelligente sulla montagna e, in questo momento soprattutto entusiastiche prospettive “fuori pista” al cospetto dei “metri” di neve caduti che ci stanno sulla testa (e che, pare, cadranno ancora). Il tutto in un fine inverno che non è neppure più “come una volta”. Cinque punti (anzi, cinque livelli?).