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22 Novembre 2019

Quando il viaggio è la “meta”: Klaus Von Keiser

Inizio agosto. Il tempo quassù in rifugio alterna nebbia a sole. Quando non arrivano avventori e non devo provvedere al pranzo o fare altri lavori ne approfitto per scalare un po’ in solitaria sulle vie che ho aperto qui dietro, sulla parete della morena del Ghiacciaio Martellot. Sto giusto ritirando il materiale da scalata, quando squilla il telefono del rifugio. Una guida naturalistica mi conferma che salirà stasera con un gruppo di clienti stranieri per ultimare un tour di quattro giorni nelle Valli di Lanzo. Ci mettiamo al lavoro dopo una giornata di svago, e prepariamo un’accoglienza degna della tradizione del nostro rifugio, con una cena “montanara”. Il gruppo che giunge è variegato: ci sono due americani (padre e figlio) un canadese, un italiano (guida naturalistica tirocinante) e un tedesco. Quest’ultimo si chiama Klaus Von Keiser e da quasi quarant’anni vive negli Stati Uniti. Mi colpisce subito la sua cultura non solo di montagna ma geografica nel senso allargato del termine. Dopo una serata conviviale con i nostri ospiti, piuttosto soddisfatti della nostra cucina, Klaus ci riferisce che considerate le pessime previsioni del giorno seguente intende fermarsi da noi ancora per una notte. Gli altri scenderanno, per loro l’avventura è terminata qui. L’indomani in rifugio non sale nessuno ed ho così l’occasione di approfondire la conoscenza con Klaus. Parliamo in inglese, lui con un perfetto accento americano, io, che sono francofono, molto meno. Mi racconta che vive e lavora nel Montana in un ranch e guadagna a sufficienza per passare le vacanze in giro per il mondo, a piedi e a contatto con la natura. Il suo progetto non è da poco: arrivare in Svizzera a piedi attraversando Valli di Lanzo e Valle d’Aosta, quindi la Val Sesia e Val Formazza per poi seguire la “Via Alpina” fino al Cantone di San Gallo. Oltre 500 km a piedi. Gli traccio una rotta sulle carte di cui dispongo, qui dal Rifugio Daviso fino al termine del territorio valdostano, lungo itinerari che conosco bene anche per motivi professionali. Poi, di lì in avanti non posso dargli molti consigli non avendo sottomano una cartografia dedicata. Sono passati più di quattro mesi da allora. Durante il suo viaggio Klaus mi ha gentilmente informato del buon fine delle varie tappe e mi ha promesso un breve resoconto appena ne avrebbe avuto il tempo, una volta tornato negli “States”. Capisco bene la sua scelta di solitudine in quell’avventura, non per nulla in quei giorni abbiamo parlato la stessa “lingua”. Ieri sera, a sorpresa, mi ha inviato tramite mail un breve scritto, che pubblico volentieri qui sul mio blog. Come scrisse Mark Twain: “Tra vent’anni non sarete delusi delle cose che avete fatto ma da quelle che non avete fatto. Allora levate l’ancora, abbandonate i porti sicuri, catturate il vento nelle vostre vele. Esplorate. Sognate. Scoprite.”

 

“Una mia piccola presentazione. Mi chiamo Klaus Von Keiser, sono cittadino tedesco ma risiedo negli Stati Uniti dal 1980. Dopo aver lasciato una carriera aziendale nel 2000 sono diventato un vagabondo, rispondendo a un mio desiderio di passare più tempo possibile nella natura, viaggiare, incontrare persone, imparare da culture differenti e fare escursioni. In un primo momento, avevo pianificato un secondo tentativo al John Muir Trail in California ma non sono riuscito a ottenere il permesso necessario. Ho così aderito al progetto del mio amico Roger e di suo figlio dello Stato di Washington, di fare un tour guidato di quattro giorni nelle Valli di Lanzo, situate in Piemonte e nel nord-ovest d’Italia. Al loro rientro, ho poi deciso di proseguire da solo, utilizzando la GTA verso Ceresole Reale e tutte le valli a nord fino a Gries Pass, da cui ho seguito la “Via Sbrinz” in Svizzera, ultimando il mio viaggio lungo “Jakobsweg” nel Cantone di San Gallo (CH). In tutto ci sono volute sei settimane e oltre 500 chilometri a piedi. Anche se è consuetudine appoggiarsi ai rifugi mi sono attrezzato per pernottare in modo indipendente, per risparmiare un po’. Quando sei in giro per così molto tempo, infatti, devi calcolare circa 45 euro per ogni mezza pensione. Comunque, portavo con me una tenda, un sacco a pelo, una stufa da campo, del cibo e altro. Inutile dire che tutto questo ha aggiunto peso al mio bagaglio di 20 kg, che sicuramente troppo per il tipo di terreno che ho affrontato. Lungo il percorso GTA, ad ogni tappa, si sale e si scende per circa 1000 metri di dislivello. Ho così campeggiato solo tre volte: ciò che i rifugi offrivano era troppo allettante, vale a dire cibo eccellente e l’incontro con altri escursionisti utile lo scambio d’informazioni e socializzare. Nella maggior parte dell’escursione da nord verso sud, ho fatto il contrario. In alternativa, ho spesso alloggiato in bivacchi incustoditi che cambiano notevolmente in termini di comodità, ma sono in ogni caso luoghi asciutti per la notte. Alcuni sono addirittura eccezionali e dotati di luce, gas e acqua. La parte iniziale guidata, è iniziata pernottando prima in un bivacco, poi in un albergo e quindi al Rifugio Daviso, dove ho incontrato Marco Blatto che lo gestiva con la sua compagna. Entrambi sono stati estremamente ospitali, il dormitorio molto confortevole e la cucina eccellente. Non avendo mai intrapreso un’escursione di lunga distanza come questa, non sapevo cosa aspettarmi, certamente non in questa località remota. Grazie a loro sono invece diventato un sostenitore dei rifugi. L’introduzione alla flora, alla fauna e alla geografia del luogo che ci ha impedito di perderci è stata eseguita in modo superbo dallo staff di Trekking Alps. Dopo un triste addio ad amici, accompagnatori e “padroni di casa”, mi sono messo in cammino con un bel pranzo al sacco preparato da Marco e Silvia. Non entrerò nel merito, invece, delle singole tappe della GTA: le pubblicazioni esistenti fanno già un eccellente lavoro per questo. Le condizioni dei sentieri sono state buone nella maggior parte dei tratti. Alcuni erano un po’ difficili da seguire a causa di salti rocciosi, ma grazie al GPS (Gaia) sono riuscito a rimanere in rotta, perdendomi solo poche volte. Ogni tanto il terreno era piuttosto impegnativo (per me!). Non mi piace l’esposizione ma per fortuna c’erano solo pochi punti critici. Il tempo è stato per lo più piacevole e solo qualche giorno di pioggia mi ha costretto a riposare. Fortunatamente, non ho subito la pressione del tempo “contato” e avere questo lusso aggiunge un elemento piacevole all’avventura. L’escursionismo in solitaria, talvolta, si sente un po’: la regione è abbastanza incontaminata e poco frequentata nonostante la sua straordinaria bellezza. Bisogna tener conto della quota (2000 – 2500 m) soprattutto in funzione della lunghezza dell’escursione giornaliera e se si tenta di inserire due tappe. L’ho fatto solo una volta ed è stato sufficiente per non ripetere l’esperienza: si fece buio, nebbioso, piovigginoso e avevo solo una vaga idea di dove fossi. La ricompensa di questo sforzo risiedeva nel raggiungere il bivacco più bello e rinomato dell’intero viaggio. Alla fine gli ho letteralmente sbattuto contro: il Bivacco Marigonda all’Alpe Vallaro. L’avevo tutto a mia disposizione ed ho festeggiato con una tazza di tè. Più procedevo verso nord e più il paesaggio diventava aperto: valli più ampie, meno copertura arborea e grandi panorami. La GTA termina (o inizia) al Gries Pass, da cui si attraversa in Svizzera. La parte più impegnativa della mia escursione si è svolta in Italia, per una durata di circa quattro settimane. Una volta in Svizzera ho cambiato il mio itinerario dalla “Via Alpina” a Jakobsweg per motivi di tempo. La Via Alpina, infatti, è più vicina alle Alpi e si snoda a un’altitudine più elevata. Una brutta esperienza in cima a Grimselpass (nebbia, neve, vento) mi ha fatto prendere questa decisione. Numerosi colli e passi nell’area, inoltre, erano chiusi a causa delle precoci nevicate. “Jakobsweg”, al contrario, è semplice e molto panoramico, assai più vicino alla “civiltà”, il che non necessariamente un vantaggio. Pensare che i costi dei pernottamenti aumentassero drasticamente  in Italia è stato un errore: in molti casi era si è invece rivelato meno costoso appoggiandosi a conventi, agriturismi, stanze private e altro. Il momento “clou” del viaggio è stato incontrare un sacco di persone meravigliose lungo la via, dalle guide, ai rifugisti, agli altri escursionisti o semplici viandanti. Tutti sono stati molto utili con le informazioni e prodighi in atti di gentilezza. Non parlo molto l’italiano ma la comunicazione era raramente un problema: gli italiani hanno fatto di tutto per fornirmi l’assistenza necessaria. In Svizzera due giovani tedeschi mi hanno dato un passaggio dall’ostico Grimselpass a Meiringen, dove sono entrato in un hotel per ripararmi dalle intemperie. In un’altra occasione, il proprietario di un allevamento di trote lungo “Jakobsweg” mi ha rinfrancato con trote affumicate fresche e altri prodotti alimentari. Esperienze come queste rendono il trekking molto speciale, avvicinando persone di diverse nazionalità, promuovendo la pace, anche se solo momentaneamente. Gli incontri, però, rimangono un ricordo duraturo e meraviglioso. Dove andrò prossimamente? Le scelte sono parecchie e tutte meritevoli di un tentativo. Spero che tutti voi abbiate storie simili da raccontare possiate godervi la vita all’aria aperta. A lungo.”

Klaus

 

 

 

 

 

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