MENU

3 Aprile 2022

Senza categoria

Smart Walking: Il Cammino del Negro

Il Cammino del Negro prende il nome dalla denominazione che ebbe il fiume Tanàgro nell’Alto medioevo. Si trova nel territorio del Parco Nazionale del Cilento, l’area naturale protetta più grande del Mediterraneo e un tempo rifugio del monachesimo dell’Impero di Bisanzio. Il Cammino del Negro fa quindi parte dei Cammini Bizantini, progetto integrato di sviluppo locale dell’Associazione Culturale Gazània. E’ possibile percorrerlo in autonomia o con una guida dell’Associazione. Il percorso si snoda tra il maestoso monte Cervati e la pianura del Vallo di Diano, da tempo dei Romani passaggio privilegiato tra nord e sud e tra i due mari italici. I dati di questo cammino (65,5 chilometri suddivisi in 6 tappe, con 1696 metri di dislivello in salita e 2159 in discesa) ci dicono che è adatto a tutti, quindi perfetto per i novizi dei cammini oppure per le famiglie con bambini. Dal punto di vista logistico si può arrivare con diverse linee di autobus da Salerno.

PRIMA TAPPA SANZA – BUONABITACOLO

Dopo aver passeggiato nel centro storico di Sanza e fatto una sosta al Cippo di Pisacane lungo la Statale 51, parto in direzione Buonabitacolo dove arrivo facilmente percorrendo 8 chilometri in pianura. Si può fermarsi e andare a visitare la Certosa di Padula, che insieme al Parco Nazionale Cilento e Vallo di Diano, i siti archeologici di Paestum e Velia fa parte del patrimonio Unesco. Si tratta della prima certosa sorta in Campania e la più grande a livello nazionale.

Fuori dal cammino, ma simboli di Sanza e del parco e per questo meritevoli di attenzione, ci sono l’affondatoio di Vallivona e il fiume Bussento.

SECONDA TAPPA BUONABITACOLO – MONTE SAN GIACOMO

Dopo una dura salita di un chilometro e mezzo arrivo al santuario del Monte Carmelo, che dall’alto protegge il borgo di Buonabitacolo. A metà percorso l’incontro con Vincenzo Trotta e sua moglie. La purezza del loro saper vivere in equilibro con la montagna é un esempio di vita per chi come me vuole allontanarsi dalla frenesia della città.

Camminando sulle pendici collinari raggiungiamo il borgo di Sassano e successivamente Monte San Giacomo. Abbiamo fatto un dislivello in salita di 520 metri, dislivello in discesa di 547 metri e percorso i 14,5 chilomentri totali camminando per un 50% su sterrato, un 30% su sentiero e appena un 20% su asfalto.

A Monte San Giacomo mi fermo per smartworking e pernotto; prima mi gusto un piatto tipico lucano: crema di patate con peperoni cruschi.

Fuori dal cammino: consigliatissima una due giorni di trekking sul Monte Cervati (quando sono passato io in vetta c’era la neve) e nella Valle delle Orchidee.

TERZA TAPPA MONTE SAN GIACOMO – TEGGIANO

Stamattina Settimio e Maria mi raggiungono a Monte San Giacomo. Sono l’anima dell’Associazione Culturale Gazània. Settimio, una laurea in Economia, rientrato da un’esperienza in Centro America, ha deciso di investire sul proprio territorio e dopo una meticolosa ricerca storica ha progettato percorsi di mobilità lenta. Maria, guida turistica, è un audio libro di storia e geografia che ti fa scoprire questo territorio con l’amore e la passione di chi ci è nato e vuole difendere le proprie culture dall’omologazione.

Appena usciti dal paese troviamo la signora Rosaria che utilizza un antico lavatoio: oggi lava i panni e la cicoria, da sola. Non viene spesso e non si può non immaginare lo stesso posto con 20 lavandaie che condividono questo spazio. Le lavatrici hanno portato la liberazione del tempo ma hanno fatto sparire la condivisione dello stesso. E’ vero progresso? Gli indicatori di felicità dicono di no.

La tappa non è impegnativa (9 chilometri di cui l’80% tra sterrato e sentiero, il 20% su asfalto) e presenta un dislivello minimo sia in salita (293 metri) che in discesa (332 metri): questo permette di arrivare a Teggiano in tempo per pranzo e godersi questo borgo.

Teggiano (anticamente Diano, che da nome al Vallo) è il punto finale della tappa. E’ costituito da un antico borgo medievale e dalle abitazioni e terreni posti sulle pendici del colle, patrimonio dell’umanità Unesco e tutelati dal Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. La sua posizione di dominio sul Vallo ha reso questo paese un luogo appetibile sin dai tempi antichi: da qui si poteva infatti controllare i traffici e gli spostamenti che avvenivano da nord a sud. I romani hanno lasciato  l’assetto urbanistico caratterizzato dalla divisione del territorio in base ai due assi: cardo e decumano. Il centro storico si caratterizza anche per la presenza di un castello e di ben 13 chiese

La scoperta dei borghi italiani va avanti e io continuo a stupirmi e ad arricchirmi di storie e incontri.

QUARTA TAPPA TEGGIANO – SAN RUFO

Merito anche della giornata primaverile, la terza tappa del cammino del Negro è memorabile e riassume tutti i motivi che mi portano a percorrere i cammini. Dalla partenza dal centro storico del borgo medievale di Teggiano all’attraversamento di San Rufo, piccolo centro rurale immerso nella natura, è tutto un susseguirsi di paesaggi, incontri, storia, suoni e sapori.

In una casale ai margini del sentiero incontriamo Franca. Dirimpettai al forcone su cui è appoggiata un esercito di agnelli la scruta. Con mano decisa di chi ha sempre badato al sodo, sta raccogliendo il fieno per loro.

Ersilia e Giuseppe sono una coppia che vive a pochi metri e con Franca condividono tetto e terra. Giuseppe ha almeno una ruga per ogni decennio di lavoro nei campi. Taciturno, timido, buono: tra le specie in via di estinzione dovremmo mettere anche questi uomini di vecchio stampo. Ersilia ancora crede che l’ospite sia sacro e mi apparecchia il tavolo: una tovaglia semplice e linda, un pezzo di pane che taglia con un coltellaccio, un vaschetta di ricotta appena fatta.

Pochi chilometri e il sentiero intercetta una strada secondaria. Perpendicolarmente al nostro percorso, ci passa davanti Assunta Cimino, 86 anni, trascinando con una corda come fosse un carretto, un po’ di frasche secche. Le servono per fare il fuoco nel camino, per il riscaldamento, poiché in casa non ha gas o altre fonti energetiche. Per buona pace di Putin.

Dopo 11,5 chilometri, 511 metri di dislivello in salita e 506 metri in discesa arrivo a San Rufo. Anche in questa tappa ho camminato quasi eslusivamente su sterrato e sentiro. Un pò di asfalto solo per uscire dal borgo di partenza ed entrare in quello di arrivo.

QUINTA TAPPA SAN RUFO – SAN PIETRO – SANT’ARSENIO – POLLA

E’ la tappa più lunga del cammino con i suoi 15 chilometri. Sempre molto abbordabile per i dislivelli (213 metri in salita e 415 in discesa) e la facilità di percorrenza, quasi tutta senza asfalto.

Dal borgo di San Rufo scendiamo per la spettacolare Valle dei Mulini. Il famoso campanile di San Pietro al Tangaro è ormai davanti a me. Lasciamo alle spalle questo borgo e dopo pochi chilometri incontriamo Sant’Arsenio.

Polla è l’ultimo comune del Vallo di Diano. Il centro storico è arroccato in un lembo di terra che dai monti Alburni declina fino alle rive del fiume Tanagro.

SESTA TAPPA POLLA – PERTOSA

L’ultima tappa che da Pertosa giunge a Polla è molto breve, appena 7,5 chilometri, ma non per questo meno interessante. Una parte del tracciato segue il percorso dell’antica ferrovia dismessa. Troviamo pochissima salita (159 metri) e un poco di più di discesa (359 metri) che ci porta all’ingresso delle famose grotte.

Pertosa è un piccolo paese il cui nome deriva dal latino pertusus, bucato. Questo perché i primi abitanti vivevano in un complesso di cavità carsiche adiacenti che adesso sono diventate un importante attrazione turistica. Qui assaggio una fonduta al caciocavallo di grotta con Carciofo Bianco di Pertosa, piatto con combina due specialità locali!

Come un Caronte moderno, la guida della Fondazione MIdA fa salire l’esploratore sulla barca utilizzata per il tragitto sul fiume Negro. Le grotte di Pertosa sono l’unico caso in Italia dove è possibile navigare un fiume sotterraneo. Il barcone è a fondo piatto ed è tirata lentamente a mano dalla guida attraverso un sistema aereo di funi, l’acqua quindi risulta quasi ferma. Probabilmente non è l’inferno in cui si addentro Dante, ma è l’esperienza che mi ha più ricordato quel passo di divina commedia.

Nella tappa finale ho sperimento un vero e proprio viaggio al centro della terra, cosi come nei giorni precedente il cammino è stato un vero e proprio viaggio nel tempo in superficie.

Sotto terra e in terra ho avuto la conferma di quanto la lentezza generi le cose più belle. Lo stillicidio impiega mediamente dai 60 ai 100 anni per formare 1 cm cubo di roccia: nel ventre delle grotta una stalattite e una stalagmite si sono congiunte in un bacio atteso da 20mila anni!

Il proteus impiega 80 anni per l’accoppiamento. E quanto la velocità e la fretta siano distruttive: la Montedison per produrre azoto dal guano in pochi anni ha distrutto una colonia di pipistrelli, un animale che mangiando 2000 zanzare a notte è il miglior insetticida naturale che esista.

Non smetterò mai di essere riconoscente a Settimio e Maria, i due ragazzi dell’Associazione Gazania, ideatori di questo percorso, che mi hanno fatto scoprire e percorrere antichi sentieri e strade rurali, boschi selvaggi e prati coltivati, borghi rurali e paesini medievali in cui pastori, contadini e anziani raccontano questo magnifico territorio e le sue tradizioni.