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8 Ottobre 2014

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SPEDIZIONE GHIACCIAI. Tecnologia aerospaziale per studiarne la fusione

Claudio Smiraglia. Foto "Levissima Spedizione Ghiacciai", 2014

Claudio Smiraglia. Foto “Levissima Spedizione Ghiacciai”, 2014

SPEDIZIONE GHIACCIAI: PRESENTATO OGGI UN NUOVO PROGETTO PER LO STUDIO DEI CAMBIAMENTI DEI GHIACCIAI ITALIANI

Rivoluzione nello studio dei ghiacciai lanciata dal progetto “Levissima Spedizione Ghiacciai”, un programma di ricerca scientifica presentato oggi e che è finalizzato allo studio dei cambiamenti dei ghiacciai italiani e alla descrizione dei processi che ne determinano la fusione.

Saranno impiegate le migliori attrezzature di rilevamento aereo e l’occhio tecnologico di un satellite NASA per l’acquisizione di immagini ad altissima risoluzione e una stazione meteorologica all’avanguardia che acquisisce dati energetici.

I Ghiacciai sono una risorsa preziosa e sensibile come ha evidenziato il “Nuovo Catasto dei Ghiacciai Italiani” da poco concluso dai ricercatori dell’Università degli Studi di Milano guidati dal professor Claudio Smiraglia. Questa ricerca ha infatti evidenziato che negli ultimi 50 anni il numero dei ghiacciai italiani è aumentato, passando da 824 a 896, ma la superficie complessiva si è ridotta di oltre un terzo.

OBIETTIVO DEL PROGETTO

Il nuovo progetto vuole contribuire a spiegare i meccanismi che negli ultimi anni stanno accelerando i processi di fusione e quindi la riduzione areale e volumetrica del “cuore freddo” delle nostre montagne ed è ideato dai Ricercatori dell’Università di Milano e realizzato anche grazie al contributo tecnologico dell’Associazione EvK2CNR.

Afferma Daniela Murelli Direttore Corporate Social Responsibility del Gruppo Sanpellegrino – Il progetto  che realizzeremo con il prezioso aiuto dell’Università di Milano con cui collaboriamo dal 2007, si pone l’obiettivo di preservare il patrimonio freddo delle montagne italiane. Questa “spedizione”, oltre che avere una caratura scientifica di prestigio e pionieristica, vuole diventare anche una campagna di sensibilizzazione culturale sull’importanza del sistema-ghiacciaio”.

PERCHE’ I GHIACCIAI ITALIANI SI SCIOLGONO

Ma perché i ghiacciai italiani stanno fondendo sempre più intensamente? Negli ultimi anni i ghiacciai sono sempre meno bianchi e candidi, anche a causa di sabbie (in qualche caso provenienti addirittura dal Sahara) e polveri conseguenti agli incendi boschivi, alla disgregazione delle rocce e ai fumi di combustione dei motori diesel. E’ il cosiddetto black carbon (scientificamente eè l’aerosol prodotto dall’incompleta combustione delle biomasse) ovvero polvere e fuliggine che rendono meno bianchi e riflettenti neve e ghiaccio, incrementando così la radiazione solare assorbita e quindi la fusione.

Una delle sfide più attuali della ricerca scientifica in questo campo è proprio quella di verificare il cambiamento della “pelle” del ghiacciaio, del suo colore e studiare l’influenza di questo fenomeno sulla sua “salute”, ovvero sulla fusione e la quantità di acqua che viene rilasciata.

Tutte le informazioni che arriveranno dai satelliti e le immagini ad alta risoluzione e su diverse bande spettrali rilevate verranno integrate in un modello sviluppato dai ricercatori che permette di descrivere in poco tempo le condizioni superficiali di un intero ghiacciaio e non più di singole porzioni come quelle rilevabili con fotografie da terra.

Levissima Spedizione Ghiacciai. Drone

Levissima Spedizione Ghiacciai. Drone

CLAUDIO SMIRAGLIA A CAPO DEL TEAM DI RICERCA

“Questo importante progetto di ricerca mira a descrivere ad alta risoluzione l’evoluzione temporale della superficie glaciale e gli effetti sulla riflettività (o albedo) e sulla fusione. Per fare questo le ricerche partono in un sito campione rappresentativo per le alpi lombarde: il Dosdé est – afferma il professor Claudio Smiraglia a capo del team di ricerca – L’obiettivo è produrre un metodo applicabile a tutti i ghiacciai italiani che partendo dai dati superficiali permetta di calcolare con accuratezza la fusione.”.

Oggetto della prima fase di questa “spedizione” è lo studio della superficie dei giganti bianchi alpini. Infatti l’ incrementata fusione glaciale di questi anni è una diretta conseguenza dell’aumento del detrito superficiale. Questo se sparso e diffuso aumenta l’intensità della fusione, mentre se si accumula in spessori superiori ai 5 cm diviene una vera e propria “coperta” che la natura sta utilizzando per aumentare il “tempo di sopravvivenza” dei ghiacciai. L’Università degli Studi di Milano ha sviluppato un innovativo protocollo di lavoro per rilevare polveri e sabbie sulla superficie dei ghiacciai che ne modificano il candore e ne accentuano la fusione.

STAZIONE SUL GHIACCIAIO DOSDE’ ORIENTALE

Le prime verifiche della validità dei rilievi spaziali sono state svolte nel laboratorio en plein air che è il Ghiacciaio Dosdè Orientale, nel gruppo Piazzi, sulle montagne lombarde, dove da 7 anni sono collocati sofisticati strumenti scientifici utili a misurare le condizioni meteorologiche ed energetiche alla superficie del Ghiacciaio.

Questo sito di ricerca privilegiato, mantenuto nel tempo anche grazie alla collaborazione con l’Associazione Riconosciuta EvK2CNR, rappresenta il luogo ideale per verificare l’applicabilità del metodo. Qui con strumentazioni scientificamente avanzate vengono controllare le condizioni energetiche e vengono misurate con risoluzione orarie le portate del torrente scaricatore glaciale per verificare la corrispondenza tra la fusione predetta dai modelli dei ricercatori e l’effettiva quantità di acqua presente nel corso d’acqua.

PRIMI ESPERIMENTI CON SATELLITE NASA E UNO SPECIALE DRONE

I primi esperimenti svolti nel corso dell’estate 2014, grazie anche al passaggio di un satellite della NASA e all’utilizzo di uno speciale drone (sviluppato in collaborazione con Agricola2000) hanno portato a risultati molto incoraggianti. Per meglio analizzare le immagini satellitari e quelle rilevate dall’alto con il drone i ricercatori hanno collocato temporaneamente sui ghiacciai uno speciale telo blu in materiale atossico che, steso su una superficie di qualche centinaio di metri quadri, rende meglio riconoscibile l’immagine e permette la corretta localizzazione degli elementi in essa presenti. Questo accorgimento, svolto su diretto suggerimento della NASA, permette di semplificare le operazioni di studio e analisi.

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