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22 Novembre 2012

Senza categoria

Yosemite

Yosemite mi passava già per la testa da un po’ di anni…Non da moltissimo in realtà, più o meno da quando avevo scoperto con Cadarese questa cosa per me nuova chiamata arrampicata in fessura, diciamo quindi da circa 4 anni il viaggio nella mitica Valle veniva sempre rimandato per qualche motivo.

Sto Yosemite me lo hanno sempre venduto come un posto tosto, severo e come la patria della scalata in fessura. Mi ricordo 6-7 anni fa che un mio socio, molto bravo a scalare sulle pareti nostrane mi sconsigliava in ogni modo di andare a Yosemite, diceva che le fessure erano durissime e che lui in un mese non aveva fatto altro che tirare friends…Mi ricordo quando a Cadarese io avevo gradato una fessura 7a ed un altro mio amico mi aveva detto che a Yosemite era al massimo 6a. (Beh aveva ragione lui…)
Yosemite è l’esaltazione della scalata in fessura. Se sulle Alpi sul 90% dei tiri di fessura, anche senza una tecnica sopraffina, puoi compensare in altri modi e inventarti magari una bella “dulfer” per salire, a Yosemite no. Se non sai scalare in fessura non sali. Non ti muovi. E senza sconti, a partire anche dal 5.9 (che sarebbe in pratica il quinto grado!!!) o anche meno. Per questo dico che fare un po’ di esperienza prima di avventurarsi nella valle è sicuramente stato utile. Non avere la tecnica appropriata per scalare una fessura, fare sforzi immani per salire pochi centimentri e vederli vanificati poco dopo può essere piuttosto frustrante – come ho anche avuto modo di verificare di persona.
Alcuni dalle nostre parti associano il mio nome alla falesia di Cadarese e al trad. Beh “thanks god we have Cadarese” almeno, ma comunque vi posso garantire che Cadarese è un’introduzione moooolto morbida a quello che potrete trovare a Yosemite.

Ed è così che dopo tanto rimandare arriva il momento buono: io e David Bacci siamo pronti e a fine settembre si parte per 38 giorni di full immersion di granito e fessure.
Obiettivo dichiarato del viaggio: salire la parete di El Capitan, 1000 metri di granito, tutta in libera!
La logica mi suggerisce di tentare per quella che viene considerata la via più facile, ovvero Free Rider. Oltre a questo voglio fare il più possibile esperienza di scalata in fessura e su big wall, per una volta in un posto nuovo e con tante vie da fare vorrei prediligere la quantità…

Free Rider è fondamentalmente una variante della celebre Salathè, aperta dai fratelli Huber nel 1998, questa via evita la headwall (tiri più duri) della Salathè con un traverso verso sinistra, seguendo poi un sistema di fessure molto logico. Come anticipato è la via più facile per percorrere in libera El Capitan, con una difficoltà massima di 7c. Fossimo sulle Alpi, i numeri associati ai singoli tiri, mi suggerirebbero che avrei delle chance di salire tutta la via a-vista. Ma, so bene di non trovarmi a giocare in casa, infatti l’ipotesi non la prendo praticamente nemmeno in considerazione. D’altronde se nessuno fino ad oggi, nemmeno tra i migliori al mondo ha ancora salito la parete del Capitan completamente a vista un motivo ci sarà…Anzi, per quanto mi riguarda, la vera domanda è se riuscirò a salire la via in libera o meno…

Il Teflon Corner, 7c. Foto By Pietro Bagnara

Free rider è famosa per i tanti tiri che a dispetto del grado relativamente basso richiedono una tecnica di fessura perfetta, tanta resistenza fisica e potenza esposiva per i passaggi più difficili. Insomma, posso dire senza dubbio, che a dispetto del grado tecnico non elevatissimo si tratta di una grande salita. Ed infatti, prima della mia partenza, in Italia, sono in molti a pensare che la via sia troppo dura per me, considerando che è la prima volta che mi reco a Yosemite. Un buon amico addirittura scommette una pizza e 5 birre sul fatto che non sarò in grado di fare Free rider in libera! 🙂

Arriviamo nella valle l’ultimo giorno di settembre, il clima è decisamente desertico, le temperature sono quantomai alte e di giorno al sole sulla roccia ci puoi cuocere le uova – uova che stavolta non faranno parte della dieta della vacanza, visto l’inatteso cambio di dieta del mio compare!!! (adesso solo hamburger e patatine)
Ci scaldiamo salendo il Rostrum, passiamo una giornata a Tuolumne Meadows per sfuggire al caldo e ancora un paio di giornate a far monotiri in bassa valle.
Non appena le temperatura accennano ad abbassarsi siamo pronti per scalare sul Capitan, circa una settimana dopo il nostro arrivo in valle.

Io e David Bacci a Camp 4 - Foto by Pietro Bagnara

Purtroppo non posso raccontare qui i dettagli della salita di Free Rider, ma i primi tentativi alla via si rivelano senza successo per vari motivi.
Il primo è senza dubbio la quantità di gente presente sulla via, alla quale non sono assolutamente abituato; ripensando a quanta gente ho trovato su tutte le vie di più tiri che ho fatto sulle Alpi negli ultimi due anni mi vengono in mente solo due cordate…nessuna nel solo 2012 peraltro! Qui invece non è raro dover attendere il proprio turno prima di partire su un tiro o di doversi trovare a superare cordate più lente, o cosa ancora peggiore di doversi trovare davanti cordate che pur essendo decisamente più lente non ti lasciano superare o ancora vedere gente che fissa i tiri della via e scala con la mini traction, passandoti sotto, sopra, in mezzo, mentre tu sei li che stai cercando di scalare magari da primo. Insomma, diciamo che non è mancato qualche momento “di sclero”, come quando dopo essere scesi dalla via perché una cordata non ci lasciava superare, ho gettato le scarpette direttamente nel fiume….!!! Quel giorno mi sono ripromesso di mandare a quel paese la via e scalare su cose meno frequentate.
Il secondo motivo di fallimento è stata fondamentalmente la ancor poca dimestichezza con le off-width. Un tiro come la monster offwidth, anche se dato solo 6b+, non è un tiro dove hai una seconda possibilità (se non sei ben abituato al tipo di scalata). Sono 55 metri di fessura larga come il camalot nr.6, perfettamente verticale. Per chi sale con la giusta tecnica, semplicemente un 6b+ un po’ faticoso e raglioso, ma se sbagli qualcosa ed inizi a tirare come un pazzo il tiro si trasforma in un’odissea!
Un po’ come è capitato a me la prima volta, dove dopo essere arrivato a circa metà tiro o poco più, mi sono appeso per sfinimento e trascinato fino alla fine in qualche modo.

Io sulla Monster Offwidth

E così ci siamo presi 5 giorni di pausa, abbiamo salito la classica Astroman, fatto un po’ di pratica con le Offwidth e ci siamo rilassati un po’ in falesia, il giorno prima della salita poi siamo andati a San Francisco a prendere il nostro amico fotografo Pietro Bagnara. Beh Pietro (in arte “Pepe”) ci ha portato fortuna, non so se il suo cattivo alito o il fatto che non ci lavavamo da un po’ di giorni ha tenuto le altre cordate lontane da noi questa volta 🙂

First pitch down, 34 to go! - Foto Pietro Bagnara

Tornati su Free rider stavolta tutto va per il verso giusto. Programmiamo di salire la via in 3 giorni, per avere un po’ di margine di tempo per riprovare qualche tiro in libera, ma alle 17.30 del secondo giorno siamo già in cima alla via. Saliamo la via per lo più a comando alternato, salgo però da primo tutti i tiri più duri di 5.12 e la maggior parte dei 5.11. I tiri chiave del free blast e l’hollow flake mi sembrano un po’ meno scontrosi dell’ultima volta, la Monster Offwidth questa volta non mi da particolari problemi, anche se la sale da primo David e ci ritroviamo alle 18 sull’incredibile bivacco di El Cap Spire! Il giorno dopo tutto fila ancora di più per il verso giusto, dopo aver liquidato il Teflon Corner (tiro sulla carta più duro della via), salgo al primo tentativo mettendo le protezioni i due tiri dell’Enduro corner, assolutamente non facili, ed anche il traverso. I tiri finali sono fisici ed impegnativi ma non presentano particolari problemi.
Quasi nessuna cordata sulla via questa volta. O meglio due cordate che gentilmente ci hanno fatto passare e un’altra cordata veloce che tentava Capitan e Half Dome in libera in 24 ore che ovviamente abbiamo fatto passare noi…
Una grande differenza rispetto alle volte precedenti.

L'incredibile bivacco di El Cap spire - Foto Pietro Bagnara

Dopo Free Rider arriva un po’ di brutto tempo, ne approfittiamo per un po’ di riposo e per farci un giro per la California, scalando a Jailhouse con anche Pepe. Dopo aver fatto le foto su Free Rider e riaccompagnato Pepe all’aeroporto di San Francisco siamo pronti per il rush finale: ci restano ancora 7 giorni pieni di scalata ed il tempo e le condizioni sembrano perfette!

Il primo obiettivo è l’Half Dome. Obiettivo che cambia ancora prima di iniziare l’avvicinamento. Guarda caso perchè troviamo una cordata inglese che ci dice che anche loro sono diretti sulla stessa via e ci sono già altre 3 cordate alla base (!) Poco male, abbiamo un piano B (che probabilmente è più figo del piano A), ovvero il Mount Watkins!!
Il Mount Watkins è, per quel che ne so io, la big wall più selvaggia e meno frequentata di Yosemite. L’avvicinamento a piedi non è lungo, solo un paio di ore abbondanti, ma forse il fatto che non sia visibile dalla strada o dai campeggi attira meno scalatori di Capitan e Half Dome. Partiti a mezzogiorno arriviamo verso le 15 alla base della via, dopo aver salito anche lo zoccolo, abbiamo anche il tempo di scalare già il primo tiro, prima di preparci ad un comodo bivacco.
Non si vede nessuno in giro, nessuna strada, l’ambiente qui è davvero così naturale e così diverso rispetto al resto della valle di Yosemite.
Programmiamo di salire la via (20 tiri) in 2 giorni con bivacco in parete, ma ancora una volta alla sera del primo giorno siamo in cima. Le cose da ricordare di questa salita, oltre a una natura stupenda sono:
– la roccia iper scivolosa: ancora più scivolosa del Capitan! Completamente levigata dai ghiacciai e tavolta quasi “vetrata”.
– il traverso dove – se avete presente un famoso trailer su internet – a Honnold scivola un piede e poi riesce comunque ad agganciare lo spit con la daisy chain. Decisamente un passo “danger”, per me anche con la corda e un friend 2 metri più in basso, non voglio immaginare senza niente!
– Gli incredibili tiri finali in fessura da mano – pugno, perfettamente continui e verticali.

Fatto il Watkins ci mancherebbe la vera classica di Yosemite, la big wall più famosa del mondo, ovvero il Nose!
Nonostante qui a Yosemite tutti abbiano sta fissa del “Nose in a day” e ci suggeriscano di salire la via in un giorno, noi viste le giornate corte, decidiamo che vogliamo scalare solo durante il giorno e non di notte e programmiamo la via in 2 giorni con un bivacco in parete.
Dopo aver salito la via posso confermare che il Nose merita senza dubbio tutta la sua fama e la sua popolarità: è una salita eccezionale, che segue un sistema di diverse fessure lungo praticamente tutti i 1000 metri del Capitan. La maggior parte della via è su difficoltà contenute, 5.9, 5.10 o 5.11 ed è molto scalabile in libera. Ci sono tantissime fessure di mano e tiri devi praticamente nuotare, incastrando una mano davanti all’altra per decine e decine di metri. Capisco anche perfettamente il perchè dei record di velocità su questa via. Se anche a me dicessero che devo provare a salire una via in velocità sceglierei il Nose. L’arrampicata è così rettilinea ed intuitiva, inoltre in tutti i punti tecnicamente troppo difficili c’è lo spit o si può comunque salire in artif…
Nonostante la via sia molto scalabile e noi abbiamo provato a scalare in libera il più possibile, i due tiri del Great Roof e del Changing corners sembrano allucinanti! Beh, io non ho nemmeno provato a fare i passi in libera, però se con tutta la gente che è passata di lì, solo Tommy e Lynn Hill hanno salito la via in libera, beh ancora una volta…un motivo ci sarà.
E qui, una volta in cima al Nose, pensiamo già che la nostra vacanza sia finita e ci avviamo con tranquillità giù dal Capitan, con la mente già verso San francisco e poi l’Italia. Siamo già oltre metà discesa quando incontriamo Tommy Caldwell e Jonathan Siegrist che con un amico salgono sullo stesso sentiero. Ci dicono che stanno andando a fare il “porch swing” che lì per lì mi viene venduto come una “specie di pendolo” dalla cima di El Capitan. Io e David non è che morissimo dalla voglia di ritornare fino su là, “Però beh dai, alla fine non abbiamo nulla da fare, cosa vuoi che sia un’oretta e mezza a piedi in salita?!?” Poi “anche sto Porch swing cosa vuoi che sia – penso tra me e me – sarà il solito pendolo“.
Torniamo quindi in cima a El Cap, dove Tommy e Jonathan allestiscono tutto il sistema. Il primo a partire è Jonathan.
Mi sporgo sul bordo del Capitan per vedere in cosa consiste davvero questa cosa e mi sale un gigantesco groppo in gola. “Neanche con una pistola puntata alla tempia io faccio sto Porch swing!” esclamo. Altro che pendolo. Sono 55 metri di caduta libera nel vuoto, legato a due corde!!! Una “sdangerata” vera e propria.
In pratica il sistema funziona in questo modo. Si legano i capi delle due corde a una sosta in cima al Capitan. Il malcapitato che si deve lanciare si lega alle altre estremità delle corde. Ci si sposta di una quindicina di metri di lato lungo il bordo della parete. E ci si cala con un gri gri lungo uno spezzone di corda per circa 5 metri. Finchè lo spezzone finisce e si precipita nel vuoto…Per 55 metri appunto, ovvero quasi tutta la lunghezza delle corde.
A vedere Jonathan poi Ian e poi David mi tremano le gambe al solo pensiero!
Però poi, sono lì solo in quel momento, è un’occasione unica e mi convinco che devo provare.
Mentre mi sto calando dalla corda ripeto 100 volte “chi me lo ha fatto fare” prima di convincermi ad aprire la leva del gri gri quell’ultimo metro e a prendere il volo!!!!
Vi posso assicurare che è tutto molto più emozionante ed adrenalinico di come io ve lo abbia raccontato a parole.

Così si conclude per davvero la nostra vacanza.
La mente viaggia già verso altre vie sul Capitan per un ritorno e su un Porch swing molto più lungo…
(Questa seconda affermazione è assolutamente falsa!!!)