Gli Ottomila contestati. Messner interviene duramente contro Confortola
Mondinelli, Moro, e adesso anche Messner: il dibattito sugli Ottomila di Marco Confortola trascina l’alpinismo himalayano dal mito alle polemiche.
L’annuncio di Confortola e le prime contestazioni: Simone Moro
Il 20 luglio 2025 Marco Confortola, alpinista valtellinese sopravvissuto a una tragica spedizione sul K2 nel 2008 (quando perse le dita dei piedi a causa dell’ipotermia), ha dichiarato di aver raggiunto la vetta del Gasherbrum I, completando così la scalata di tutti i 14 Ottomila nel mondo.
Tuttavia, subito dopo il suo annuncio, nella comunità alpinistica sono sorte forti polemiche. Simone Moro, l’alpinista con il record di maggior numero di ascensioni in prima invernale sugli Ottomila, lo ha accusato di falsificare le proprie ascese. Lo ha fatto con una serie di affermazioni forti: molte delle foto di vetta presentate da Confortola non sarebbero sue, sarebbero state “taroccate” o addirittura prese da altri alpinisti, e ci sarebbero testimonianze e prove a smentire la sua reale presenza sulle cime contestate: Makalu, Kangchenjunga, Annapurna, Nanga Parbat e Dhaulagiri.
In una lunga intervista al portale Lo Scarpone – organo ufficiale del CAI – Moro ha chiarito che non si tratta di un attacco personale, ma di una questione di verità, responsabilità e onestà, soprattutto nei confronti di chi si propone come formatore nelle scuole e punto di riferimento nel mondo alpinistico.
L’intervento di Silvio Mondinelli
Prima di Moro, già Silvio “Gnaro” Mondinelli, altro alpinista italiano celebre per aver concluso tutti i 14 Ottomila senza ossigeno nel 2007, in un’intervista a Lo Scarpone aveva riferito un episodio controverso legato all’Annapurna nel 2006.
Mondinelli racconta che durante la salita lui e uno sherpa hanno raggiunto la vera vetta. Confortola, invece, sarebbe rimasto sulla cresta, a circa mezz’ora di cammino dalla cima. In seguito, solo dopo aver scattato una foto insieme sulla cresta, Mondinelli, Confortola e lo sherpa sono scesi al Campo Base. Così Mondinelli nell’intervista: “quando siamo arrivati, io ho fatto vedere agli altri la foto della cima, lui l’altra. Lì non ho avuto il coraggio di dire niente, ma gli altri si sono accorti. Mi sono detto ‘lasciamo stare’, anche perché la spedizione era stata sfortunata. Però mi ha dato fastidio che poi Marco ha scritto di avere fatto la cima”.
È importante notare che l’Himalayan Database, fonte riconosciuta nelle spedizioni himalayane, registra che Mondinelli e lo sherpa avrebbero raggiunto la vetta alle 12:00, seguiti da Confortola alle 12:40 e da Camandona alle 13:00. Tuttavia, Mondinelli insiste sul fatto che i percorsi e il grado di sforzo erano assai differenti: “La diffusa free zone permette “validazione” anche senza essere realmente in cima”.
Aggiunge poi: “Avrebbe pure potuto chiamarmi e invece ha fatto finta di niente. Al tempo avevo lasciato stare, ma ora mi girano le scatole che faccia certi annunci, anche perché si è allungata la lista delle salite in dubbio. Lo ritenevo una persona a posto, anche perché è uno che ti dà una mano: è gentile, simpatico, ha sempre portato i suoi carichi. Ma come fai ad affermare certe cose?”, mettendo in luce che il problema della credibilità riguarda non solo un singolo gesto, ma l’etica complessiva nell’alpinismo.
La replica di Marco Confortola
Confortola ha respinto tutte le accuse, bollando le contestazioni come frutto di “invidia” verso la sua visibilità e successo come relatore e autore di libri motivazionali.
Intervistato da Lo Scarpone, ha affermato di essere realmente salito in vetta al Lhotse e di respingere ogni altra insinuazione di falsità. A Lo Scarpone ha risposto a tutte le domande dando la sua versione dei fatti riguardo alle cime contestate:
- spiega la mancanza di una foto di vetta precisa sul Kanchenjunga (coma non certificata dall’agenzia che gli aveva organizzato la salita) con il fatto di essere stato colpito in quei giorni da un edema corneale e con le difficili condizioni meteo;
- si domanda perché le contestazioni di Mondinelli relative all’Annapurna arrivino solo ora, dopo che su quella spedizione era stato prodotto anche un documentario con soddisfazione di entrambi;
- ribadisce di essere arrivato in cima al Lhotse, contrariamente alla contestazione di Moro, che afferma di avere prove che la foto esibita da Confortola come testimonianza di vetta sia in realtà dello spagnolo Jorge Egochega; in aggiunta Moro riporta anche la testimonianza di Alex Txikon, che afferma di averlo visto tornare indietro prima della cima;
- relativamente al Makalu e al Dhaulagiri, dove gli vengono contestate le foto di vetta come in realtà scattate più in basso, afferma che si sta facendo il processo su questioni di pochi centimetri rispetto alla posizione della cima.
Il giudizio tranchant di Reinhold Messner
Nel pieno della polemica, è intervenuto Reinhold Messner, alpinista leggendario e primo uomo al mondo a salire tutti i 14 Ottomila in stile alpino e senza ossigeno. In un’intervista a Repubblica, sostiene con fermezza la posizione di Moro e solleva un tema cruciale: in alpinismo conta come si arriva, non solo dove si arriva.
Messner afferma che chi dichiara di aver raggiunto una vetta deve avere il dovere di mostrare prove concrete. In assenza di esse, l’ascesa resta un fatto personale, non storicamente significativo. E aggiunge: se si segue una pista attrezzata, si usa l’ossigeno, ci si fa portare in elicottero fino a quote elevatissime (fino a 6.500 m), allora il risultato sarebbe più appropriato definirlo una scalata di un Duemila piuttosto che un vero Ottomila. Messner conclude in maniera molto dura: “la corsa agli Ottomila fatta così è roba da turisti, non da alpinisti“.
Dove va l’alpinismo con questo dibattito?
Il primo nodo della polemica riguarda l’esistenza di prove fotografiche autentiche e certificate. Moro sostiene di aver fatto analizzare le immagini contestate da esperti per dimostrare manipolazioni. Propone anche un confronto pubblico per dirimere la questione: “Sediamoci allo stesso tavolo, con tutti gli attori e componenti delle varie spedizioni a cui ha partecipato e parliamo”. Ma Confortola, a questa proposta, risponde che non ha tempo da perdere.
Messner solleva un problema più profondo: l’alpinismo moderno rischia di divenire un business o una performance mediatica. Le agenzie organizzano spedizioni “facili” agli 8000, con sherpa e supporti logistici che annacquano lo spirito dell’alpinismo tradizionale. Il valore di un’ascensione, dice, risiede nello stile e nella difficoltà affrontata, non solo nel raggiungimento della vetta.
La domanda che noi ci poniamo è come ne esca da questo dibattito un certo tipo di alpinismo, finora considerato “puro”: tra sponsor e mediaticità, si sta forse perdendo l’etica?
Nel frattempo, vedremo se un parere ufficiale verrà espresso dagli organi preposti in Himalaya, che potrebbero valutare la documentazione e le testimonianze raccolte.
Andrea Bianchi – Mountainblog.it