Rientrata in questi giorni la spedizione Verso il Phandambiri che in Mozambico ha esplorato una zona nuova per l’arrampicata salendo il monte Phanda e un suo satellite.
Dopo la via “Il mistero del Phandambiri” aperta da Giordani, Dell’Agnola, Paoletto e Giacomini, la spedizione ha regalato un’ulteriore pagina di esplorazione alpinistica in Mozambico. A completarla, la cordata di Mirco Grasso e Samuele Mazzolini, già protagonista di un itinerario interessante per qualità della roccia e impegno tecnico, che questa volta ha scelto di puntare al Phanda Filho, una struttura satellite del massiccio, dalle pareti ripide e particolarmente impegnative.
Il racconto di Mirco Grasso:
“Il giorno in cui portammo i ragazzi di Dzembe a scalare, non riuscivo a staccare gli occhi da una sezione di parete, ripida e quasi fluorescente, proprio sopra la placca che avevamo attrezzato. Non eravamo sul Monte Phanda, ma sul suo piccolo satellite che i locali chiamano “Montagha Filho”.
Si sa com’è su questo tipo di viaggi – si sente sempre quella pressione sottile di dover portare a casa qualcosa – perché in fondo è bello riuscire a concretizzare un obiettivo.
Nel nostro caso, durante i primi dieci giorni al campo base, avevamo messo la bandierina sul Phandambiri, lungo una bella e lunga via in placca, mai troppo difficile, seguendo il cammino più logico per salire la parete.
Avevamo dunque ancora tempo per un altro progetto: è così che è iniziato il nostro nuovo gioco.
Oltre allo “zoccolo” e i primi due tiri su una roccia incredibile da salire senza troppe incognite, mi sono lanciato su un muro leggermente strapiombante con poche concrezioni, alcune troppo delicate per reggere il peso di un uomo, soprattutto il mio!
Bastava mancasse una tacchettina e il progetto finiva lì, e sarebbe andato bene lo stesso!
È stato bellissimo: salivo piano piano, sempre senza passi di artificiale; a ogni spit che piantavo ripulivo tutto con amore e provavo tutte le altre possibili combinazioni di movimenti. Mi ci sono voluti due giorni per completare quel tiro: due giorni brevi, in realtà, visto che la parete rimaneva al sole fino alle 15 e, con il caldo, su quei piccoli appigli e appoggi sarebbe stato impossibile.
I due giorni dopo, Samu completa gli ultimi due tiri e proprio il giorno prima di rientrare verso la civiltà, grazie a un po’ d’arietta salita al momento giusto, riesco a salire in libera il tiro chiave della via che, assieme a tutto il resto, ci fa mettere la ciliegina sulla torta su questa nuova gemma mozambicana.
Abbiamo chiamato la via “Templo dos Macacos” per via dei tantissimi macachi che ci hanno accompagnato durante ogni giorno in parete”
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