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5 Agosto 2025

Ambiente e Territorio · Alpi Orientali · Aree Montane · Italia · Trentino Alto Adige

Crolli a Cima Falkner: la situazione

Crolli a Cima Falkner - Fonte: Ufficio Stampa PAT

Cima Falkner dopo i crolli di fine Luglio e inizio Agosto 2025 – Fonte: Uff. Stampa APT

Crolli a Cima Falkner: la situazione

L’estate del 2025 ha rivelato un volto nuovo, dinamico e instabile di Cima Falkner, una delle vette simbolo delle Dolomiti di Brenta. Due crolli a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro, il 27 luglio e il 1° agosto, hanno travolto decine di migliaia di metri cubi di roccia, evidenziando una struttura debolmente coesa se messa alla prova dagli effetti del permafrost in dissoluzione e dai mutamenti climatici.

Nella tarda serata del 27 luglio 2025, intorno alle ore 2:36, un primo crollo ha interessato entrambi i versanti di Cima Falkner, sulle Dolomiti di Brenta (Trentino), coinvolgendo una massa di rocce stimata in circa 36 000 metri cubi. L’evento è stato registrato da strumenti sismografici, che hanno rilevato una magnitudo pari a 1 grado Richter.

Appena pochi giorni dopo, nella sera del 1° agosto 2025 attorno alle 20:46–20:55, un nuovo distacco ha coinvolto un blocco roccioso di dimensioni ancora maggiori. Secondo ricostruzioni con rilievi sismografici, questo secondo crollo ha avuto una magnitudo di circa 2, ossia una potenza circa 32 volte superiore rispetto al primo evento.

Il secondo crollo, originatosi nella porzione centrale del versante ovest, ha raggiunto parzialmente il tracciato del sentiero SAT n. 305 (via ferrata “Alfredo e Rodolfo Benini”), evidenziando un’evoluzione significativa del profilo della montagna.

Cause geologiche: l’instabilità del permafrost e i mutamenti climatici

I sopralluoghi condotti dal Servizio Geologico della Provincia autonoma di Trento, supportati da droni, elicotteri e rilievi con scanner 3D, hanno fornito un quadro allarmante: la cima è interessata da un fenomeno morfogenetico in corso, verosimilmente legato alla degradazione del permafrost. Fratture recenti sono rilevabili sui versanti, con ghiaccio visibile nelle nicchie di distacco, indicatore chiaro di un dissesto attivo, che nel tempo rischia di aggravarsi.

La stima della massa totale potenzialmente instabile è di circa 700 000 metri cubi, cifra che evidenzia la portata del fenomeno.

Esperti come il dirigente Mauro Zambotto e il dirigente generale Stefano Fait hanno chiarito che, pur non trattandosi di una “catastrofe”, la situazione consiste in un’evoluzione morfologica importante che richiede consapevolezza e cautela nella frequentazione dell’ambiente alpino.

Il cambiamento climatico gioca un ruolo cruciale: i cicli alternati di gelo e disgelo, uniti all’aumento delle temperature, mettono a dura prova la stabilità dei versanti rocciosi dolomitici, che un tempo erano saldamente “incollati” dal permafrost ormai in declino. Il geologo Volkmar Mair (Provincia di Bolzano) ha evidenziato come questi cicli di gelo-disgelo esercitino una pressione di circa 200 kg per cm², favorendo la disgregazione della roccia.

Per avere un’idea dell’impressionante impatto di questi fenomeni di crollo sulla morfologia della montagna, pubblichiamo qui – oltre all’immagine di Cima Falkner dopo i crolli – un’immagine della stessa cima scattata dal fotografo di Natura Alessandro Gruzza risalente all’inverno di qualche anno fa.

"dol_golden_princess" - Cima Falkner ph Alessandro Gruzza

Cima Falkner qualche inverno fa – ph Alessandro Gruzza

Chiusure dei sentieri e ordinanze di sicurezza

A seguito dei primi crolli, i sindaci dei Comuni di Tre Ville e Ville d’Anaunia, d’intesa con la Protezione civile provinciale, i Servizi geologico, antincendi, foreste e rischio, la SAT (Società Alpinisti Tridentini), il Soccorso Alpino e Speleologico del Trentino e i Vigili del Fuoco volontari, hanno emanato ordinanze urgenti per vietare l’accesso a tutte le vie alpinistiche e sentieri coinvolti.

In particolare, rimangono chiusi (al momento non segnalati come riaperti dalle fonti ufficiali) i seguenti itinerari:

  • Sentiero SAT n. 305, via ferrata “Alfredo e Rodolfo Benini”.

  • Sentiero n. 331, nel tratto tra il bivio con il 316 e il bivio con il 305.

  • Sentiero n. 315, via ferrata Bruno Dallagiacoma.

  • Sentiero n. 316, da Passo Grostè ai rifugi Tuckett e Sella.

A seguito del sopralluogo del 30 luglio, si è precisato che il solo sentiero n. 316 è percorribile esclusivamente per raggiungere il rifugio Tuckett, partendo dal Vallesinella–Casinei, mentre i restanti restano interdetti.

L’evacuazione degli escursionisti presenti è stata condotta in sicurezza, con comunicazioni fornite presso il rifugio Stoppani al Grostè e alla stazione a monte della seggiovia del Grostè.

Monitoraggio continuo e cooperazione scientifica

La zona è oggetto di costante monitoraggio da parte del Servizio Geologico provinciale e del Nucleo Droni del Corpo permanente dei Vigili del Fuoco di Trento, con sopralluoghi già programmati — supportati da elicotteri — e coinvolgimento di ricercatori dell’Università di Milano‑Bicocca.

Inoltre, è in corso una collaborazione con l’Università di Firenze, guidata dal geologo Nicola Casagli, per un’analisi satellitare dall’alto prevista entro fine mese, e una collaborazione con la Milano‑Bicocca per rilievi tramite droni.

Questo approccio multidisciplinare mette a sistema risorse tecnologiche (drone, elicotteri, modelli 3D) e scientifiche per garantire valutazioni accurate e tempestive.

Il messaggio delle istituzioni e delle associazioni

Cristian Ferrari, presidente della SAT, ha fatto appello al rigoroso rispetto delle ordinanze, deplorando il comportamento di alcuni alpinisti che hanno ignorato i divieti, mettendo a rischio non solo la propria incolumità ma anche quella dei soccorritori.

Geologi come Emilio Perina (vicepresidente dell’Ordine dei geologi di Trento) hanno sottolineato la necessità di interpretare questi fenomeni come parte della naturale evoluzione delle montagne, ma che richiede rispetto, responsabilità individuale e azioni di prevenzione e monitoraggio continuo.

Lo scienziato Stefano Fait, dirigente del Dipartimento Protezione Civile, Foreste e Fauna della Provincia di Trento, ha ribadito che il fenomeno richiede massima attenzione da parte di chi frequenta l’ambiente montano, pur non configurandosi come un evento catastrofico, ma come un cambiamento morfologico da gestire con cautela.

Il messaggio chiaro è: la montagna cambia, ma possiamo conviverci in sicurezza se agiamo con prudenza. Solo così potremo continuare ad avventurarci in questi paesaggi straordinari, senza mettere in pericolo né noi stessi né chi ci soccorre.

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