Care amiche e amici, dopo molto tempo, torno finalmente a scrivere su Mountainblog. Sono stato presente su queste pagine per moltissimi anni ed è giunto il momento di ricominciare a parlare di avventura!
Oggi voglio farlo presentando Loris Ghellere, 28 anni, nato a Soave, un piccolo paese in provincia di Verona. Ho scoperto questo grande appassionato di fotografia di viaggio, naturalistica e paesaggistica grazie ai social e non ho voluto perdermi l’occasione di fruire della sua arte ed esperienza.
Alla domanda: “chi sei?”, si è descritto con una frase semplice e diretta: “amo viaggiare, ma soprattutto amo farlo nel modo più autentico e genuino possibile, fuori da tutti gli schemi, senza programmi troppo pianificati e senza regole. Finora ho visitato 64 stati, toccando 4 continenti.” Ed è ovvio che ciò ha ulteriormente stimolato la mia curiosità!

Come hai iniziato a viaggiare?
Il mio desiderio di viaggiare nasce fin da bambino, quando sentivo l’irresistibile impulso di uscire dalla mia zona di comfort per scoprire l’ignoto. Volevo essere un esploratore, qualcuno in grado di raccontare storie di luoghi mai visti prima, esperienze uniche che avrei potuto condividere con amici e familiari. Ricordo di non aver letto molti libri, ma quelli che leggevo parlavano di grandi esploratori della storia. Mi ispiravano le loro scelte coraggiose, il modo in cui avevano affrontato l’incertezza per rispondere a domande che nessun altro aveva avuto il coraggio di porsi.
Oltre ai libri, ricordo vividamente i racconti di mio nonno, che la domenica durante i pranzi in famiglia condivideva le sue avventure in giro per il mondo: dalla Patagonia alla Grande Muraglia cinese. Quei racconti accendevano in me il desiderio di vivere qualcosa di simile.
Così, a 17 anni, decisi che non era più il momento di sognare. Volevo trasformare quei sogni in realtà. Non avevo molto, ma avevo la determinazione di prendere i pochi risparmi che riuscivo a mettere da parte, grazie a qualche lavoro occasionale, e investirli su me stesso. Iniziai a comprare biglietti aerei low-cost e a lanciarmi in brevi avventure, prima in Europa e poi, all’età di 20 anni, nel mio primo viaggio internazionale in Messico.
Ricordo quelle prime esperienze come se fossero ieri: viaggi senza alcuna pianificazione o itinerario, affrontando le sfide della lingua, della cultura e delle difficoltà logistiche. Ma ogni passo mi avvicinava sempre di più a quel sogno che avevo coltivato per anni: viaggiare e scoprire il mondo. Ho iniziato senza alcun patrimonio economico, ma con una ricchezza che non ha prezzo: la voglia di scoprire, imparare e crescere.

Qual è il tuo progetto?
Il mio progetto nasce dalla convinzione che la passione per il viaggio sia qualcosa di universale, condivisa da molte persone, ma che spesso viene soffocata dalla paura di affrontare un mondo percepito come troppo rischioso e complesso. Gli stereotipi della società moderna hanno contribuito a creare una visione distorta, e in alcuni casi negativa, di ciò che il mondo può offrire. Mi sono trovato più volte a confrontarmi con i miei coetanei, sentendomi fuori luogo, distante da una visione della vita che, con il tempo, non mi apparteneva più.
Questo cambiamento interiore è avvenuto grazie alle diverse culture e ai nuovi modi di pensare che ho avuto il privilegio di conoscere durante i miei viaggi. Con il tempo, ho imparato a capire meglio me stesso, a concentrarmi su ciò di cui ho veramente bisogno e a dare meno ascolto a ciò che gli altri si aspettano da me. Ed è proprio grazie a queste esperienze che ho acquisito maggiore fiducia in me stesso, chiarezza nelle mie intenzioni e il coraggio di perseguire la mia passione per la fotografia e i viaggi.
Nel 2020, durante il mio primo viaggio on the road a Capo Nord, è nato, insieme a mio fratello e un amico, il progetto “Wildakili”. Il nome deriva da due parole di lingue diverse: “Wild” (“selvaggio” in inglese) e “Akili” (“mente” in Swahili, la lingua africana per antonomasia), che si traducono in “Mente Selvaggia”. Questo concetto rappresenta perfettamente il mio approccio al viaggio: un modo di pensare libero, privo di restrizioni e di preconcetti, che si riflette nel mio modo di affrontare le avventure.

“Wildakili” ha un obiettivo ben preciso: rendere il viaggio accessibile a chiunque desideri vivere un’esperienza autentica, lontana dalle convenzioni quotidiane. Voglio offrire l’opportunità di vivere momenti irripetibili: come pranzare nel cuore del Central Kalahari Game Reserve in Botswana, ammirando l’unica acacia sulla distesa bianca della Deception Valley; gustare un piatto di pasta cucinato con un fornelletto da campo nel parcheggio di Capo Nord, in Norvegia; o ancora, passare una notte sotto un cielo stellato nell’Oceano Atlantico, alle Azzorre. Ogni esperienza è pensata per liberare la mente, per staccarsi dalle paure e dai pensieri quotidiani, e vivere il viaggio con una consapevolezza profonda del momento presente, condividendolo con chi, come te, è alla ricerca di una connessione autentica con il mondo.
Il mio progetto è, e sarà sempre, un invito a viaggiare con la mente libera ammirando ciò che solo la natura può mostrarci: un viaggio che non è solo fisico, ma anche interiore.

La fotografia è una passione, una professione, entrambe o altro ancora?
La fotografia per me è molto più che una passione o una professione: è un linguaggio, un modo per comunicare emozioni, pensieri e sensazioni che emergono ogni volta che sono in viaggio. È il mezzo attraverso cui riesco a catturare e trasmettere ciò che provo quando affronto qualcosa di imprevisto o, semplicemente, quando mi fermo a osservare il flusso della natura. Ogni scatto è un istante cristallizzato, un ricordo che, nel tempo, diventa un punto di riferimento del mio vissuto. È la possibilità di rivivere momenti, percependo nuovamente quella sensazione di meraviglia e nostalgia che accompagna ogni viaggio.
La passione per la fotografia è nata in me circa cinque anni fa, in un periodo in cui il mondo intero si trovava nel mezzo di una pandemia globale. In una delle tante giornate monotone e incerte di quel periodo, decisi di acquistare la mia prima macchina fotografica. Quel momento segna l’inizio di un percorso che ha unito il mio amore per i viaggi con l’opportunità che solo la fotografia sa offrire: quella di fermare il tempo e di rendere immortale un attimo, racchiudendo in ogni scatto le emozioni che lo accompagnano.
La fotografia è arte, e ogni scatto è come un quadro, in grado di trasmettere storie attraverso luci, ombre, colori e prospettive. Ogni fotografia che realizzo non è solo una testimonianza di un momento, ma un frammento di vita che può risvegliare ricordi e sentimenti in chi lo osserva. Credo che un’immagine ben realizzata abbia il potere di raccontare una storia universale, capace di connettere chi la guarda a ciò che prova l’autore.
Oggi, la fotografia è la mia più grande passione, e cammina di pari passo con la mia passione per il viaggio. Diventare una professione è un processo continuo e impegnativo. La vera essenza di una professione si misura non solo dalla possibilità di guadagnare, ma anche dalla profondità con cui ciò che facciamo ci arricchisce. La fotografia mi ha regalato esperienze uniche, ricordi indelebili e l’opportunità di raccontare storie che, altrimenti, rimarrebbero solo mie e nascoste nel tempo.
Spero che la fotografia continui a essere il filo conduttore del mio cammino, e che un giorno possa trasformarsi definitivamente nella mia professione.

Cos’è per te la natura?
Per me, la natura è realtà, legge, libertà e genuinità. È l’essenza stessa della vita, una forza ancestrale che regola l’esistenza in ogni sua forma. Durante i miei viaggi, ho sempre cercato di cogliere ogni segnale, anche il più impercettibile, che la natura voleva trasmettermi – attraverso sensazioni, emozioni e attimi di pura consapevolezza dell’esistenza.
Ogni volta che mi immergo nella natura, anche solo per un istante, respiro un’energia che mi fa sentire in armonia con me stesso e con il mondo. È un legame profondo, un dialogo silenzioso ma continuo, tra me e Lei, in cui mi comunica, mi ispira e mi invita a rallentare per ascoltarla davvero.

Riesci a farci un elenco per sommi capi degli stati che hai visitato?
Finora ho avuto il privilegio di esplorare 61 Paesi in 4 continenti, vivendo esperienze uniche e immergendomi in culture diverse.
In Africa, ho incontrato tradizioni affascinanti e attraversato paesaggi straordinari Egitto, Marocco, Namibia, Kenya, Tanzania, Botswana, Zambia, Zimbabwe e Sudafrica;
In America, ho scoperto la vastità e la diversità di luoghi come Stati Uniti, Canada, Messico, Alaska, Argentina, Cile e Brasile;
In Asia, ho visitato grandi metropoli e paradisi naturali, esplorando Thailandia, Russia, Cina, Giappone, Corea del Sud, Maldive, Qatar ed Emirati Arabi Uniti;
In Europa, ho viaggiato attraverso tutti gli Stati dell’Europa continentale, senza tralasciare le affascinanti Svalbard, Azzorre, Canarie e Isole Faroe, fino ad arrivare in Turchia, tra le meraviglie di Istanbul e Cappadocia.
Ogni viaggio è stato un’occasione per scoprire nuove prospettive, immergermi nelle culture locali e arricchire il mio modo di vedere il mondo.

Dove sei tornato più volte e perché?
Africa. La mia prima volta in questo straordinario continente è stata nel 2021, in un periodo in cui il mondo intero era bloccato. Grazie a persone speciali conosciute tramite il web, sono riuscito a raggiungere la Namibia nell’estate di quell’anno. Quel viaggio è stato molto più di una semplice esperienza: è stato una rivelazione, un ritorno alle origini, il risveglio della parte più autentica di me stesso.
In quel momento attraversavo un periodo difficile, segnato da eventi complessi che mi avevano messo alla prova, sia personalmente che nei rapporti con gli altri. L’Africa è stata ossigeno per la mia mente e il mio corpo, un luogo in cui ho trovato un senso di libertà e verità assoluta. Da allora, mi sono fatto una promessa: tornare almeno una volta all’anno, se non in Namibia, in Africa, perché è un luogo che non puoi davvero comprendere finché non lo vivi. È lì che riscopri la tua parte più primordiale, quella che accomuna tutti noi e che spesso resta nascosta nella vita di tutti i giorni.
Ma c’è un altro angolo di mondo che esercita su di me un’attrazione unica: il Nord, quello estremo, malinconico, autentico. Dalla Lapponia alle Isole Svalbard, dalle Faroe alla Scozia, fino alla Norvegia, alle Lofoten e all’Islanda, ogni volta che torno in questi luoghi sento la stessa emozione della prima volta. Malinconia e solitudine sono sensazioni che, per molti, possono sembrare negative, ma per me sono state chiavi di accesso a parti di me che non conoscevo. Sono luoghi che non si visitano soltanto: si vivono, si sentono, ti trasformano.

Dove ti senti davvero a casa?
Senza dubbio, in Africa.
Potrebbe sembrare una risposta scontata, ma la verità è che ogni volta che torno lì, è come se trovassi già le chiavi di casa sotto al tappeto. C’è un senso di appartenenza immediato, un legame profondo che va oltre le parole. Quando incontro la gente del posto, ho la sensazione di conoscerla da sempre: c’è un’autenticità nei rapporti umani che non ho trovato altrove.
Ciò che mi affascina dell’Africa è il modo in cui la vita scorre in armonia con la natura, senza forzature, senza distanze. La società, il senso di comunità, il rispetto per il tempo e per l’ambiente sono valori che sento vicini al mio modo di essere. E ogni volta che devo salire su un aereo per partire, so che una parte di me resta lì, legata a quella terra in un modo che è difficile spiegare, ma impossibile ignorare.

Dove vivi?
Attualmente vivo a Prova di San Bonifacio, un piccolo paese in provincia di Verona. È il luogo dove ho trascorso i miei primi anni di vita, prima di allontanarmi per motivi lavorativi e personali. Dopo ogni esperienza, ritorno sempre qui, arricchito da tutto ciò che i viaggi mi hanno trasmesso.

Cosa diresti a un ragazzo che voglia iniziare un percorso simile al tuo?
A un giovane che desidera intraprendere un percorso simile al mio, direi innanzitutto di trovare il coraggio di uscire dalla propria zona di comfort. È il primo passo verso qualsiasi grande esperienza. Viaggiare non è solo spostarsi fisicamente, ma anche accettare l’ignoto, mettersi alla prova e abbracciare il cambiamento. Se la paura del primo salto è troppo grande, condividere il sogno con qualcuno che condivide la stessa visione può fare la differenza. Da soli si può arrivare lontano, ma insieme si può trovare la forza per partire.
Il secondo consiglio è credere fino in fondo nel proprio percorso. Ogni viaggio nasce da un’idea, da un sogno, ma diventa realtà solo quando si ha il coraggio di trasformarlo in azione. Un vero viaggiatore non aspetta il momento perfetto, lo crea. Perché alla fine, ciò che conta non è solo la destinazione, ma la trasformazione che il viaggio porta dentro di noi.

Ci racconti di un ricordo speciale avvenuto in viaggio?
Uno dei ricordi più intensi che porterò sempre con me è il mio viaggio a Capo Nord, e in particolare, il momento in cui, dopo 6.000 km di strada, ho visto davanti a me il celebre globo di ferro, simbolo dell’estremità più settentrionale dell’Europa continentale. Era l’estate del 2020, un periodo in cui il mondo era bloccato dalla pandemia. Viaggiare sembrava impossibile, e con il crollo dei piani per un viaggio in Namibia, che sognavo da quasi un anno, mi sono ritrovato intrappolato in un vortice di negatività. Avevo bisogno di un modo per evadere, di una possibilità – anche solo un barlume – per sentirmi di nuovo vivo. Così, quasi d’istinto, ho proposto a mio fratello di partire con me per Capo Nord, un viaggio che ogni viaggiatore sogna almeno una volta nella vita. Insieme a un amico, siamo saliti sull’auto di mio padre e siamo partiti da San Bonifacio, senza un programma preciso, senza certezze. Con le restrizioni in vigore, ogni confine attraversato poteva rappresentare la fine del viaggio, ma la fortuna è stata dalla nostra parte. Dopo 12 notti in tenda e 6.000 km percorsi, siamo arrivati a Capo Nord.
Ricordo ogni dettaglio di quel momento. Appena sceso dall’auto, sentii il battito accelerato del cuore e le gambe tremare. Mi avvicinai al monumento, guardai l’orizzonte dove il mare si fondeva con il cielo e chiusi gli occhi. Poi, improvvisamente, le lacrime iniziarono a scendere. Un pianto profondo, liberatorio. Era una miscela di emozioni: gioia, dolore, successo, libertà, forse persino malinconia. Ma più di tutto, era la consapevolezza di avercela fatta, di aver vinto sulle difficoltà, sulle paure, sulle ingiustizie. Quel momento ha segnato un punto di svolta nella mia vita. Da lì ho capito che ogni viaggio può essere più di una semplice esplorazione: può essere una rinascita, una trasformazione.
Capo Nord non è stato solo una meta, ma un nuovo inizio.

Hai mai rischiato per fare fotografie?
Rischiato? Direi il giusto… perché ogni scatto, per me, è molto più di una semplice fotografia: è un quadro, una storia, un’emozione che prende forma. Per questo, cerco sempre la composizione perfetta: l’angolazione giusta, la prospettiva migliore, il gioco di luci e ombre, l’inquadratura che possa dare anima e significato all’immagine. E a volte, in nome di questa ricerca, si tende a mettere da parte la prudenza, lasciandosi trasportare dall’adrenalina del momento.
Ci sono stati attimi in cui la passione ha sfiorato l’incoscienza. Come quella volta in Islanda, sulla spiaggia nera di Reynisfjara, quando un’onda di risacca ha rischiato di trascinarmi via, ricordandomi quanto la natura sia maestosa e imprevedibile. Oppure quella volta nel Savuti, in Botswana, quando mi sono avvicinato così tanto a una leonessa che stava allattando il suo cucciolo, che per un istante ci siamo incrociati negli occhi, un incontro che mi ha fatto trattenere il respiro per lunghi, interminabili secondi.
Sono momenti in cui il battito accelera, l’istinto si scontra con la razionalità e il desiderio di catturare l’attimo prende il sopravvento. Ma sono anche le esperienze che rendono un viaggio indimenticabile, perché ogni scatto ha una storia dietro, e alcune di queste storie, per quanto rischiose, valgono ogni brivido vissuto.

Loris… valeva davvero la pena chiedere di parlarci di te!



