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4 Novembre 2015

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20 agosto: Skàl

Il tempo oggi non è certo dei migliori… Kirkjubæjarklaustur sotto un nubifragio. Ci dirigiamo ancora a est, verso Hvannadalshnúkur. Raggiungeremo il Vatnajokull, il quarto ghiacciaio per estensione al mondo, la montagna più alta dell’Islanda. Oggi Andrea guida il pulmino 4×4 mentre io gioco con il Defender. La strada ha proprio voglia di correr via all’indietro.

Foto Andrea Gabrieli

Foto Andrea Gabrieli

Impieghiamo qualche ora, parlando di salite alpinistiche e possibili sogni. Tutto è vero, tutto è forte.

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…Ed ecco di fronte a noi la grande seraccata.

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Il leviatano che non dorme mai, che corre verso valle portando seco racconti congelati di altre epoche, fusi verso il mare, pronti a miscelarsi nel mondo fra i flutti, invisibili ma essenti.

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Ci stacchiamo dalla piana, dalla moltitudine di persone che si radunano qui alla base, tutte vicine, lontane dal tutto.

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Il gruppo insegue le linee di Gea, in una bolla d’alta pressione che tiene la tempesta prima e dopo di noi, ma non sopra al nostro capo.

Incontriamo gruppi di viaggiatori; faccio amicizia con una moltitudine di nazionalità, e in particolare con un gruppo di spagnoli capitanati da un italiano. Chiedo il suo nome: Paolo. Così non potrò scordarmi di te amico mio, perché ora sei un qualcuno.

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Osservo, penso, sento, e tutto il mio mondo, quello che è sempre stato, quello che poteva essere, quello di questi ultimi tre anni… ogni cosa vacilla e sbatte, e ribatte, e cresce ed esce, e ribolle, e sale, urla, e strilla. “Lo Spirto ch’entro mi rugge”. Perché tutto sia, ogni cosa deve essere, e poi accada quel che accada. “Il vento fa il suo giro”… anche io.

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Osservo la seraccata che si trasforma e ricordo gli stessi identici colori in una foto che appesi in camera venticinque anni fa, raffigurante il Gran San Bernardo, sotto un cielo plumbeo. Lacci asincroni che oltrepassano il tempo e mi guidano di loco in loco, attraverso la vita.

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Non sono da alcuna parte e sono ovunque. Nessuno è con me e ci siete tutti.

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Osserviamo una piccola vita, nell’unico vero bosco di questa nazione nel parco dello Skaftafell.
Sembra davvero più rara dell’acqua nel deserto, ma i valligiani direbbero… “è l’Iceland”.

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Proseguiamo il nostro viaggio tra cascate con il potere di arrestare il nostro fiato, come se riversassero in noi la loro emozione fluida.

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…e poi di nuovo la piana…

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…poi ancora la seraccata.

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Siamo qui e non possiamo farne a meno… Attraversiamo la tempesta e andiamo ancora a est, verso la laguna degli Iceberg. Non andiamo nel classico luogo, ma entriamo per sentieri laterali e raccordi direttamente a Jökulsárlón.

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E poi un passo dopo l’altro continuiamo.

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Proseguo con le mie riprese, superficiali e subacquee, saltando tra roccia e ghiaccio. Poi, non ci resta che tornare. Come in discesa, ma nella tempesta. Di nuovo nella bufera, di nuovo raffiche di vento e nubifragio, fino al campeggio, con la sola finestra concessa dal ripassare nella bolla d’alta pressione.

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Il pomeriggio scorre piacevole… prima piscina, tra nuoto e rilassamento nelle vasche a 40°, secondo la tradizione islandese. Qualche dialogo con altre guide: l’antropologo, il mago dei fuoristrada, il naturalista. Infine birre al pub, cena in tenda e Brennivin per benedire la giornata.

Il mio amico Andrea, scialpinista estremo, mi disse una volta che l’acqua e neve nello stato fisico sbagliato. Oggi io mi chiedo se noi uomini, non siamo forse spiriti nello stato trascendente sbagliato. Nel dubbio, brindo un’altra volta, Skàl!

Christian Roccati
SITOFACEBOOK