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16 Febbraio 2023

Ambiente e Territorio · Ortovox · Events & Testimonial News

“Copper Palace”: l’acqua custodita in alta montagna dà da vivere al 25% della popolazione mondiale.

copper place

Qualche mese abbiamo parlato del progetto docu film supportato da ORTOVOX. Al giorno d’oggi, ‘Ice stupa’ prosegue ed il prodouttore Fabio Saitto,  insieme alla propria troupe, procede nell’organizzazione dell’imminente viaggio di marzo. La lotta per la sopravvivenza delle popolazioni in Ladakh è incredibile, ma non così lontana nella realtà dalla siccità che sta colpendo l’area Alpina e che, ci si augura, non debba essere un rimedio anche per le nostre valli. Un monito, un esempio di incredibile (tentativo) di adattamento che vale la pena essere seguito e raccontato.

A causa del surriscaldamento globale, i ghiacciai si stanno fondendo e stanno mettendo a durissimo rischio la maggior parte delle risorse idriche. Si può trovare una soluzione?
Un documentario racconta un’invenzione costruita sulle cime dell’Himalaya, dove tecnologia ingegneristica e sapere antico si uniscono per trovare una soluzione comune per i villaggi e per milioni di persone che dipendono da queste montagne. Le “torri d’acqua” sono accumuli di alta montagna di acqua dolce che in estate si sciolgono lentamente permettendo alle popolazioni sottostanti per migliaia e migliaia di chilometri di irrigare, coltivare, dar da bere al bestiame, avere acqua potabile, alimentare i fiumi. Sono la fonte e la riserva più prevedibile di acqua dolce per l’umanità. Riserve naturali che provvedono, come delle valvole, a controllare l’apporto d’acqua che scende a valle.

In Italia il solo fiume Po “porta la vita” a 21 milioni di persone tra Italia, Francia e Svizzera. La stessa cosa accade sulla catena dell’Himalaya, dove le persone che dipendono dall’irrigazione dei ghiacciai aumentano a 235 milioni.

Tuttavia, le montagne sono il punto della Terra che si sta surriscaldando maggiormente e più velocemente: circa 2 gradi di media di aumento negli ultimi 100 anni, rispetto all’1 grado delle pianure. I ghiacciai si surriscaldano, si fondono velocemente e l’acqua non arriva più in pianura. Le conseguenze sono l’abbandono delle terre agricole diventate sterili, migrazioni, carestie, siccità ed eventualmente anche lo scoppio di conflitti causati dalla tensione per l’accaparramento e il controllo delle risorse idriche.

Che soluzione si può mettere in atto per mitigare questo effetto?

Siamo in Ladakh, nella Valle dello Zanzskar a 4,000 metri sopra il livello del mare, sull’Himalaya. Qui scorre l’omonimo fiume, che dà il nome alla valle. Paesaggi lunari, a strapiombo, un monastero che domina il villaggio, mandrie di yak. E’ una delle zone più fredde e aride del mondo. Qui non piove quasi mai, come nel Sahara. L’approvvigionamento di acqua dolce dipende unicamente dallo scioglimento costante e lento dei ghiacciai e delle sue torri d’acqua. La popolazione locale vive da millenni affidandosi a questo processo. Oggi però il cambiamento climatico sta mettendo a dura prova la sopravvivenza stessa non solo della valle ma di milioni e milioni di persone che dipendono dai corsi d’acqua himalayani. 

Lobzang vive nella valle dello Zanskar e ci porta alla scoperta di un innovativo sistema di incredibile successo che ha messo insieme ingegneria e sapere ancestrale per contrastare questo problema: gli Ice Stupas.  Si tratta di ghiacciai artificiali, costruiti dall’uomo e dalle sembianze di veri e propri stupa buddhisti – costruiti non solo in alta montagna ma proprio lì dove servono ad approvvigionare d’acqua i villaggi, ai confini delle zone abitate. Dei veri e propri serbatoi d’acqua artificiali che ghiacciano durante tutto il corso dell’inverno per poi sciogliersi lentamente con l’arrivo della primavera, il momento più importante per irrigare i campi ed assicurarsi un raccolto per l’inverno successivo. Particolarmente efficienti, poco costosi, facili da mantenere, gli ice stupa sono in grado di produrre milioni di litri di acqua e contrastare in questo modo la scarsità causata soprattutto dalla mancanza di precipitazioni nevose invernali.

Insieme a Lobzang scopriamo come a volte le antiche conoscenze spirituali, culturali e architettoniche possano fornire una parte della soluzione a un grosso problema.
Scopriamo come la tradizione si mescola all’innovazione e alla tecnologia, in un dialogo che diventa poi comunitario. Attraverso la storia della costruzione degli Ice Stupa e grazie al viaggio in cui ci conduce Lobzang capiamo che gli impatti sugli ecosistemi sono un problema sempre più urgente e che, per trovare soluzioni, è quanto mai necessario esigere che questi temi vengano portati al centro dell’agenda politica internazionale.

 

Attraverso il mezzo artistico del documentario si riescono a comunicare le spesso complesse tematiche scientifiche – semplicemente raccontando una buona storia. E così, partendo da un luogo remoto e inaccessibile, come
la valle dello Zanskar, questo documentario ci aiuta a capire la portata del problema del surriscaldamento globale e dello scioglimento dei ghiacciai e ci porta immediatamente a collegare questo fenomeno con le oramai quotidiane notizie del rapido scomparire delle nostre “torrri d’acqua” di alta montagna. Questa storia ci aiuta ad immedesimarci nella situazione dei tanti villaggi Himalayani che stanno soffrendo la scomparsa di fiumi e ruscelli, utili per l’agricoltura e la sussistenza, e a domandarci se a breve le stesse situazioni si potranno ritrovare anche nei nostri paesi. Già dalla scorsa estate infatti vi sono stati allarmanti eventi: la tragedia della Marmolada, i numerosi rifugi di montagna costretti a chiudere per mancanza di acqua, la scomparsa di storici ghiacciai.

Il documentario lascia il pubblico con una domanda più che mai urgente. E’ possibile prendere ad esempio la storia di Lobzang sull’Himalaya e portarla sui nostri ghiacciai?

INFO: Ortovox

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