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1 Marzo 2022

Senza categoria

Le motivazioni che mi hanno portato al Progetto Smart Walking

Momenti difficili nella vita di ognuno di noi ce ne sono molti, tutti abbiamo sentito di dover trovare una nuova strada per riprendere in mano la nostra vita, per riattivare l’energia che è dentro ognuno di noi. Per me questa strada è stata camminare per riattivare la mia voglia di vivere, conoscere, comunicare: riconciliarmi con il mondo insomma.

L’avventura del camminare, intesa come dimensione della dinamicità umana che allarga e plasma la mente, è uno dei temi cari da secoli a molti scrittori e filosofi.

Paolo Rumiz non è stato per me un semplice scrittore da leggere. Si, ho divorato i suoi libri, ma da uno di questi ho preso anche ispirazione per un viaggio con un carissimo amico. Un viaggio che amo definire “temporale”: sulle orme di Rumiz, a onor del vero in direzione contraria, abbiamo risalito l’Italia a cavallo della sua colonna vertebrale, gli Appennini, baluardo di una vita che fu.
C’è un passo che adoro – in questo suo libro “La leggenda dei Monti naviganti” – in cui viene elogiata la lentezza.

Nel viaggio la lentezza è legata al mezzo con cui ti muovi: da quando ho scoperto i cammini per me sono i miei piedi o la bicicletta, che ti permettono di scoprire il territorio e incontrare le persone interessanti della vita, che nelle attese sciorinano aneddoti ed esperienze. Bisogna arrivare piano alla meta per avere soddisfazioni immense. Godere di ogni passo, di ogni metro, della fatica, come dice Itaca poesia di Constantino Kavafis

Sempre devi avere in mente Itaca –

raggiungerla sia il pensiero costante.

Soprattutto, non affrettare il viaggio;

fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio

metta piede sull’isola, tu, ricco

dei tesori accumulati per strada

senza aspettarti ricchezze da Itaca.

David Le Breton nel suo “Il mondo a piedi. Elogio della marcia” diceva:

Camminare, nel contesto della realtà contemporanea, parrebbe esprimere una forma di nostalgia, oppure di resistenza. I camminatori sono persone singolari, che accettano per qualche ora o qualche giorno di uscire dall’automobile per avventurarsi fisicamente nella nudità del mondo. L’atto del camminare rappresenta il trionfo del corpo, con sfumature diverse secondo il grado di libertà della persona. Favorisce l’elaborazione di una filosofia elementare dell’esistenza basata su una serie di piccole cose, induce per un momento il viandante a interrogarsi su di sé, sul suo rapporto con la natura, con gli altri, a meditare su un’inattesa gamma di questioni.”

Gli occhi di chi va a piedi hanno attenzione per i dettagli e tornare viandanti è un modo per esplorare dentro noi stessi. D’altra parte camminare è un modo per scoprire nuove realtà o guardare con occhi differenti ciò che già si conosce.

Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi” diceva lo scrittore francese Marcel Proust, che, attraverso queste parole, ci incoraggia di osservare la realtà che ci circonda da una prospettiva sempre diversa.

I tempi moderni hanno chiuso l’’uomo moderno negli uffici, nella città e nelle automobili, facendo dimenticare che siamo nati per camminare. Mettersi in cammino ha a che fare con il nostro DNA e oggi più che mai sentiamo il bisogno di camminare con ritmi più lenti. Per riscoprire noi stessi.

Chatwin, Terzani e Rumiz attraverso i loro scritti hanno narrato storie, leggende e personaggi, insegnandomi a viaggiare simultaneamente nel tempo e nello spazio.

Da loro ho tratto ispirazione per diventare da prima un camminatore ma come conciliare tutto questo con la vita reale che ci vuole impegnati per gran parte del nostro tempo al lavoro?