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15 Dicembre 2010

Canyoning · action · AIC · Associazione Italiana Canyoning · Canyoning · Christian Roccati · Luca Dallari · torrentismo · Altri · Canyoning

LUCA DALLARI NUOVO PRESIDENTE AIC Il futuro del canyoning italiano – intervista di C. Roccati

Luca Dallari, esperto canyoner genovese classe 1969, dopo un’ottima carriera come torrentista di buon livello, autore di prestigiose ripetizioni ed apritore ed esploratore di numerosi itinerari in Italia ed estero, è recentemente diventato il presidente dell’Associazione Italiana Canyoning, l’AIC.

Il suo pensiero ed il relativo impegno sono molto profondi e ciò si evince da alcune sue elucubrazioni a dir poco oggettive:

«Due aspetti sono importanti in questo momento, uno per l’associazione e uno per il torrentismo in senso ampio. Il primo è la necessità di intraprendere un dialogo con altre realtà associative italiane ed europee, a cominciare dal CAI, con due obiettivi: la crescita dell’AIC da un lato e dall’altro una sorta di condivisione di intenti che aiuti ad ottenere maggiore voce in capitolo nei confronti di qualsiasi interlocutore. Il secondo, il più importante, riguarda l’ambiente: come è scritto sul sito del Raduno Ossola 2010, non ci si deve mai dimenticare che si potrà parlare di torrentismo solo finché esisteranno dei posti meravigliosi come le forre. Noi torrentisti ne siamo frequentatori privilegiati e abbiamo l’obbligo morale di contribuire alla loro preservazione. In quest’ottica l’AIC da alcuni anni partecipa a suo modo all’iniziativa “Puliamo il mondo” con interventi di pulizia di alcuni percorsi italiani; la cultura ed il rispetto dei luoghi sarà sicuramente uno dei punti cardine dell’impegno di questo Direttivo».

Vista l’importanza di queste tematiche e l’appassionato coinvolgimento del presidente Dallari, Mountain Blog ha deciso di incontrarlo per conoscerlo a capirne il pensiero, riscoprendo una persona schietta, piacevole e diretta, un probabile futuro per il canyoning in Italia e non solo.

Da quanto pratichi il canyoning?

Ho iniziato a fare canyoning nel ’91 nel rio Lerca, tra monti a ridosso del mare tra Genova e Savona, con mute e corde dinamiche, discesa che ci aveva già visti armati di tute mimetiche e canotti. Neanche 10 giorni dopo con il resto del gruppo, il Cica Rude Clan, siamo andati a scendere il Clue d’Amen, nelle Alpes Maritimes della Provenza.

Quante forre nominali, quante forre effettive?

Circa 200 forre diverse, con le ripetizioni credo un centinaio di più.

Che qualifica hai oltre all’incarico di presidente?

Sono Istruttore Nazionale della Scuola Nazionale Canyoning (l’organo didattico dell’AIC) dal 2001.
Prima di candidarmi a questo Direttivo, in cui ricopro (mi è toccato…) il ruolo di Presidente, avevo fatto parte del 3° consiglio direttivo, tra il 2001 e il 2003.
Dal 2003 sono responsabile di “canYoning”, il notiziario dell’associazione, che in questi anni è diventato un importante biglietto da visita per l’associazione, non più semplice strumento informativo interno all’AIC ma una quasi (sottolineando il quasi) rivista che parla di torrentismo.
Infine ricopro da sempre il ruolo di grafico, all’inizio in modo informale poi più inquadrato, cercando di dare omogeneità alla comunicazione esterna dell’AIC.

Hai esplorato?

Troppo poco per dire un sì convinto. Ho aperto alcune forre, sia in Italia che all’estero, ma la vera esplorazione non è mai stata una mia passione. Mi piace alternare gli sport che pratico e cercare di non essere monotematico; di inverno vado preferibilmente a sciare, in estate mi prendo il tempo anche per fare altro. Ora che, dopo anni di torrentismo prêt-à-porter, sento l’esigenza di un taglio diverso, esplorare è diventato più impegnativo, e dunque stimolante, per chi vive in Europa Occidentale: richiede molte risorse, molto tempo e lunghi spostamenti. Penso che rimarrà nella lista delle cose da fare ma non troppo a lungo.

Hai ripetuto anche fuori Italia, hai ripetuto anche fuori Europa?

A differenza di altri sport che pratico in cui mi piace la componente della competizione, quando faccio torrentismo è come se mi prendessi una giornata sabbatica da ogni altro impegno; poi che sia leggero, divertente, faticoso, in solitaria o a capicollo poco conta, nessuna ansia da “smarco” o da catalogazione, l’unica competizione che cerco è quella tra me e le occasioni offerte dal posto in cui mi trovo.
I posti più kilometricamente esotici in cui ho fatto torrentismo finora sono Brasile, Giordania, Madeira, Stati Uniti, Grecia.
Il ripercorrere forre già fatte è ovviamente inevitabile, in Italia come in Francia o in Svizzera per un genovese, ma non lo considero quasi mai sono un’occasione mancata. Certo è che di forre in cui non sono mai stato ce ne sono ancora parecchie, sia in Italia sia in luoghi che sono cattedrali del torrentismo come la Réunion, e quelle sì che sono una priorità.

Come sei arrivato al canyoning?

Condividendo qualche avventura, non molto consapevolmente, con alcuni amici con i quali abbiamo poi fondato il Cica Rude Clan. La scoperta che ci ha illuminati è stata “Profonde Gole” di Sivelli e Vianelli, trovato in una libreria a Finale Ligure dove si andava per arrampicare.

Da quanto in AIC?

Da prima della sua fondazione, nel maggio 1998, quando a Piobbico mettemmo le basi per l’incontro di settembre a Varazze in cui venne poi fondata l’associazione.

Come presidente che cosa realizzerai per il torrentismo e per l’AIC?

Posso provare a dirti quello che cercherò di realizzare.
L’AIC ormai è una realtà piuttosto consolidata in Europa che negli ultimi anni è cresciuta quel tanto che le ha consentito di passare dall’adolescenza alle soglie della maturità. Ora però viene il difficile, confermare i risultati raggiunti è l’obiettivo mimino ma se vuole diventare veramente autorevole deve finalmente maturare e decidere di comportarsi da adulta sempre.

Il momento è critico: per l’associazione, perché si è trovata per la prima volta ad affrontare una crisi interna a seguito dell’affrettato abbandono di tutto il precedente Direttivo. All’improvviso manca continuità nella gestione e posso assicurare che tenere i ritmi di chi ci ha preceduto è difficile.

Inoltre sono convinto che sia un momento delicato per il torrentismo in generale che è cresciuto enormemente come tecniche, materiali e prestazioni, al punto da suscitare un interesse nei media sempre più frequente e meno curioso. Questa grancassa unita al crescente numero di praticanti sta portando ad una reazione di chi ha la facoltà di gestire l’uso delle acque che si manifesta in sostanza nell’interdizione, non sempre motivata, dei percorsi.

In questa situazione è necessario che l’AIC si proponga come struttura nazionale, solida e seria, per dialogare con chi attribuisce agli stessi luoghi interessi diversi; allo stesso modo è importante una presa di coscienza di tutti i torrentisti, che siano soci AIC o no, perché l’obiettivo è lo stesso per tutti.

Cosa prevedi per il canyoning per il futuro?

È una disciplina che è cambiata molto dal 2000 ad oggi, si può parlare ormai di torrentismo 3.0: dal pionierismo degli anni ’80, al sacrosanto e necessario tecnicismo degli anni ’90, al torrentismo completo e sportivo degli ultimi anni. Tecniche, materiali e consapevolezza hanno spostato i limiti molto avanti, dimezzato i tempi di percorrenza e al contempo alzato il livello di sicurezza e, in questo senso, un buon contributo è arrivato dall’AIC e dalla sua Scuola Nazionale Canyoning.

Credo che in Italia e in Europa questa resterà la tendenza dei prossimi anni, affinamento tecnico, innalzamento delle difficoltà, maggiori portate d’acqua e una pratica continuativa per tutto l’anno che farà invecchiare il concetto di attività prettamente estiva.

Riguardo al resto del mondo extraeuropeo, penso che diventerà l’obiettivo principale delle spedizioni esplorative: Nepal, Perù, Turchia sono già realtà ma tra Sudamerica, Africa del Sud e Asia c’è da esplorare ancora per decenni. Senza dimenticare l’Europa dell’est.

L’ideale sarebbe che si cercasse da subito di dare alle popolazioni locali gli strumenti e la formazione adeguata per imparare a gestire le proprie risorse torrentistiche, senza rimanere relegati al ruolo di terreno di conquista sportiva.

Cosa pensi del raduno internazionale Ossola 2010?

La prima parola che mi viene in mente è soddisfazione. Ovvio che nell’organizzazione di grandi manifestazioni come un raduno internazionale si accumulano mugugni e fatica ma sia come appartenente al GOA, il gruppo organizzatore, che come presidente AIC non posso che essere soddisfatto di come è andato: tanta gente, tanti complimenti e soprattutto il raggiungimento di un obiettivo su cui ho insistito dall’inizio, un tema a fare da sfondo al raduno per responsabilizzare organizzatori e partecipanti.

Quali saranno le tue prossime forre in futuro?

Sicuramente cercherò (per la terza volta) di andare alla Réunion dove non sono mai stato, così come mi piacerebbe andare in Nepal e nell’Europa dell’est. Più politicamente ti dico che vorrei poter scendere le forre del Parco del Bellunese e in Ticino, perché significherebbe che l’AIC ha lavorato bene per risolvere i problemi di interdizione dei percorsi in quelle zone.

Intervista di Christian Roccati
Blog MB: www.mountainblog.it/christianroccati
Sito personale: www.christian-roccati.com

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