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1 Ottobre 2018

Ambiente e Territorio · Abruzzo · Appennini · Aree Montane · Italia

Acqua Gran Sasso. Indagati per inquinamento ambientale i vertici INFN e Strada dei Parchi

Gran Sasso. Fonte: Ansa

Iscritti nel registro degli indagati 10 persone, tra cui anche dirigenti dei Laboratori e Ruzzo

Ad un anno dall’avvio dell’inchiesta sul sistema Gran Sasso, in seguito ai diversi sversamenti di sostanze inquinanti registrate nel corso del tempo, la Procura di Teramo firma l’avviso di conclusione delle indagini, iscrivendo nel registro degli indagati 10 persone tra vertici dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn), Strada dei Parchi e Ruzzo Reti, tutte accusate di inquinamento ambientale.

Ad essere raggiunti dall’avviso di garanzia il presidente dell’Infn Fernando Ferroni, il direttore dei Laboratori Stefano Ragazzi, il responsabile del servizio ambiente dei Laboratori Raffaele Adinolfi Falcone, il responsabile della divisione tecnica dei Laboratori Dino Franciotti, il presidente di Strada dei Parchi Lelio Scopa, l’amministratore delegato di Strada dei Parchi Cesare Ramadori, il direttore generale di Strada dei Parchi Igino Lai, il presidente della Ruzzo Reti Antonio Forlini, il responsabile dell’Unità operativa di esercizio della Ruzzo reti Ezio Napolitani e il responsabile del servizio acquedotto della Ruzzo Reti Maurizio Faragalli.

Capo di imputazione

Tutti, come si legge nel capo di imputazione, “ciascuno tenendo nei rispettivi ambiti di competenza le condotte colpose di seguito specificate, abusivamente cagionavano o non impedivano ed, in ogni caso contribuivano a cagionare o a non impedire un permanente pericolo di inquinamento ambientale e, segnatamente, il pericolo di compromissione o deterioramento significativo e misurabile delle acque sotterranee del massiccio del Gran Sasso”.
In particolare la Procura contesta ai vertici dell’Infn di aver mantenuto in esercizio i Laboratori senza aver verificato se vi fosse “un adeguato isolamento idraulico delle opere di captazione e convogliamento delle acque destinate ad uso idropotabile ricadenti nella struttura rispetto alle limitrofe potenziali fonti di contaminazione” e quindi senza attuare le misure “atte a scongiurare il rischio di contaminazione delle acque sotterranee”, così come di aver omesso di adottare “le misure necessarie per l’allontanamento della zona di rispetto delle sostanze pericolose detenute ed utilizzate nelle attività dei laboratori”.
Fonte: Ansa