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11 Dicembre 2019

BIGO e l’idea di economie climbing sostenibili (pt 1 di 4)

Cari amici,
inizia oggi un’intervista semplice e veloce, in 4 tappe, che parli delle vie attrezzate e riqualificate in ottica sicura dal grande Fabio “Bigo” Pierpaoli, quasi una piccola leggenda all’ovest Italia, uno dei più importanti chiodatori italiani, noto per l’abilità e l’etica, sostenibile e sociale.

Lo scopo è capire come un piccolo grande progetto, permetta economia ecocompatibile. Molti vorrebbero fare e pochissimi fanno davvero, nelle realtà appenniniche d’Italia diciamo “sempre gli stessi”. In una società d’apparenza, ecco quindi qualcosa di semplice e possibile, sebbene molto faticoso!

Fabio Pierpaoli nato il 28 dicembre del ’69 a Moneglia, uno dei borghetti più magici e nascosti nella riviera di levante ligure, è potatore di olivi e… moltissime altre cose. Vorrei prima conoscerlo meglio e poi affrontare la prima delle quattro tappe.

Da quanto chiodi vie e come hai iniziato?
Direi dal 1988, anno del mio primo corso di alpinismo a Genova. Ho cominciato sulle lastre di arenaria di casa piantando chiodi tradizionali.

Quante vie hai chiodato e dove?
Non ho una contabilità aggiornata ma potremmo avvicinarci al migliaio, in Liguria, Piemonte, Lazio e Trentino.

Qual è il tuo stile di chiodatura?
Attrezzo sempre calandomi dall’alto, quindi non ho le problematiche di chioda dal basso, mi prendo il tempo per cercare di posizionare la protezione nella maniera più congeniale al moschettonaggio, e a distanze quasi sempre mai oltre i tre metri per favorire un approccio soft anche ai principianti.

Come hai iniziato ad andare in montagna e quando?
Da ragazzino ho avuto la fortuna di avere amici dei miei genitori che mi hanno portato subito in alta montagna, con l’ausilio di una guida alpina, collezionando già a quindici anni un bel numero di quattromila, nel gruppo del Rosa.

Come ti sei avvicinato al pianeta “arrampicata”?
Bah è stato molto difficile perché mio padre non ne voleva sapere (erano altri tempi), ma poi alla fine è arrivata anche la maggior età… e tutto è potuto cominciare! Nel 1987 si era ai primordi dell’arrampicata sportiva e l’ambiente alpinistico della riviera di Levante era ancora troppo legato al vecchio stile montagnardo, il contatto con l’ambito genovese è stato determinante per la mia crescita personale.

In che modo attrezzi le pareti? Cosa è importante?
La mia attività è esclusivamente mirata alla diffusione di questa splendida disciplina, quindi il mio stile è ‘popolare’, nessuna vocazione elitaria, nessun spavento da far prendere ai ripetitori, ma solo ore spensierate, possibilmente in un bell’ambiente che riconcili anche solo per breve tempo con le brutture del quotidiano.

Com’è la tua vita? La tua tipica giornata?
Ho cinquant’anni, lavoro da più di trenta e ho ormai capito cosa mi basta per vivere come voglio… Comanda poi sempre la pioggia o il sole, quindi capitano periodi molto pesanti fisicamente alternati a pause anche forzate di riposo, uniti all’alternanza delle stagioni, che è sempre affascinante. La giornata poi non ha orari da rispettare ne cartellini da timbrare, semplicemente dall’alba al tramonto, il che vuol dire che a giugno…

Qual è il tuo sogno nel cassetto? Il tuo prossimo progetto?
Trovare una falesia vergine da cento tiri (non di più), attrezzarla in maniera moderna e corretta e far sì che possa diventare fonte di reddito per una famiglia o più, tramite un attività commerciale di accoglienza e ristoro alla sua base. Sono anni che opero solo con progetti chiari e finaziati almeno per quanto riguarda il rimborso delle spese vive, ma diventa sempre più difficile perché le risorse degli enti sono veramente al lumicino, e tra gli arrampicatori non c’è la minima sensibilità al problema dei costi del materiale infisso in parete. si pensa troppo spesso che i chiodi nascano a primavera con i fiori…

Dopo una tua presentazione iniziamo a parlare dell’area più semplice e più vicina a casa tua.
Quante falesie ci sono nell’area di Genova?

Con accettabili canoni di sicurezza per l’attualità, direi una decina.

Quali sono le novità?
Certamente la zona più in evoluzione negli ultimi anni è stata la val Polcevera ma qualcosa si è finalmente mosso anche nel Levante cittadino.

Parliamo allora delle ultimissime realizzazioni di riqualificazione, per esempio il progetto Cravasco.
…é di gran lunga la falesia più frequentata data la facilità di accesso e le difficoltà tecniche adatte a un pubblico di neofiti con annessa chiodatura molto rassicurante. E’ stata una bella esperienza soprattutto sotto l’aspetto umano, avendo la possibilità di conoscere un manipolo di persone veramente legate al territorio da cui è poi nata la volontà di creare una Asd che si prendesse in carico la cura e manutenzione di questi luoghi. Bisogna comunque purtroppo sottolineare che da altre entità che dovrebbero essere preposte a queste cose il sostegno è stato veramente impalpabile.

Ci sono altre possibilità in quella zona?
Direi che ci potrebbero essere altre sorprese, sempre con le modalità d’Appennino, cioè con un gran lavoro preventivo di pulizia e disgaggio, ma qualche altro bel sito potrebbe saltar fuori.

Cos’è Cravasco climbing?
E’ l’associazione che ha avuto origine dal gruppo che ha portato a termine il cantiere della Grande di Cravasco, persone che si sono conosciute o ritrovate faticando per dare una falesia modello a tutta la ‘comunità rampicante’ e che hanno deciso di prendersi cura della manutenzione delle falesie circostanti. Ammirevoli.

Che cos’è la Rocca del Garsello?
‘Un appicco di quaranta metri’ come scrive il mitico Euro Montagna su Palestre di arrampicamento genovesi, antesignana di tutte le guide di arrampicata liguri, e noi siamo andati a cercarlo in un pomeriggio invernale, tra la neve e il ghiaccio del versante nord e il caldo sole du plein sud, con vista su Pegli. E con gran sorpresa ci siamo imbattuti in un compatto metagabbro veramente inconsueto per l’Appennino, con difficoltà e inclinazioni adatte ai principianti ma anche qualcosa di più impegnativo per chi ha dita più forti. E allora perchè non valorizzarlo?!?

E la Pria di Quàttro Canti?
Quella la conoscevamo già, ma non avevamo le risorse per intervenire che in seguito ci sono state offerte dal comando dei VV.FF di Genova, che ci ha fornito gran parte del materiale visto che poi loro possono usufruire di queste strutture per fare esercitazioni di intervento in ambiente. La collaborazione poi è continuata poi anche al Garsello.

Ci sono altre potenzialità nell’area ligure limitrofa a Genova?
Negli ultimi anni l’altra zona che ci ha dato molte soddisfazione in quanto a realizzazioni è stata quella delle montagne di levante, la val d’Aveto.

Direi che questo sarà l’argomento della prossima intervista …prima di parlare di grandi pareti!

Christian Roccati
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