MENU

24 Gennaio 2022

Luca Colli: Antartide e le sue 11 …Seven Summits

Cari amici,
oggi ho voglia di parlare di spedizioni e di avventura ed è per questo che ho deciso di far quattro chiacchiere con il mio amico Luca Colli, rientrato da poco dall’Antartide, dopo aver completato il suo grande progetto Running Seven Summits – Luca’s List. Vorrei scoprire insieme i dettagli della sua ultima avventura e parlare un poco del personaggio e dei grandi e nuovi sogni.

Quando si è svoltala tua ultima spedizione?
Ciao Christian, innanzitutto grazie per invitarmi sempre alle tue belle interviste. La mia ultima spedizione si è svolta “a cavallo” del nuovo anno: dal 10 Dicembre al 3 Gennaio.

In cosa è consistita?
E’ stata una delle spedizioni più importanti della mia “carriera”: si trattava di scalare “in velocità” la montagna più alta dell’Antartide, il Mt. Vinson (4893 m). L’idea era di partire dal Campo Base e salire in vetta senza soste e senza sci.

Cosa hai provato quando l’aereo è decollato verso l’Antartide e cosa quando è atterrato?
E’ stato un susseguirsi di sensazioni forti: partivo per la mia “ultima” spedizione, quella che avrebbe chiuso le Seven Summits. Un misto dolce amaro: ero consapevole che un ciclo si stava chiudendo; un periodo della mia vita, durato dodici anni, che mi ha portato a scoprire la bellezza del mondo. Tutto questo però è svanito nel momento in cui l’aereo ha toccato il ghiaccio: l’Antartide è il confine del mondo, un pianeta di ghiaccio solitario, remoto e brutale, che affascina e annichilisce con la potenza della Natura. La sensazione di essere solo un piccolo uomo di fronte alla maestosità del creato, che ho provato molte volte prima, lì è incredibilmente aumentata: quasi opprimente, eppure tremendamente affascinante.

Come si è svolta la salita? Ci racconti tattica e svolgimento?
Come ti dicevo, l’idea era quella di partire dal Campo Base e raggiungere la vetta senza soste intermedie e senza l’utilizzo degli sci. Avrebbe rappresentato un record mai tentato prima. La salita consiste in una decina di km in falsopiano che portano al Campo I a 2700 metri. Da lì, il tratto più duro: 1200 metri di ghiaccio a 45° da affrontare “dritto per dritto” fino a raggiungere il Campo II a 3900 e da lì altri dieci km con pendenza dolce che sale sempre più fino a raggiungere la cresta finale. Sfortunatamente, a 50 metri dalla cima, abbiamo avuto un problema con la radio e siamo stati costretti a fermarci in un cono d’ombra per cambiare le batterie. Quarantatre gradi sotto zero e il vento ci hanno fatto perdere la sensibilità alle mani e ai piedi in quei pochi minuti. In quelle condizioni diventava molto pericoloso proseguire. Abbiamo provato a scaldarci e a fare qualche metro in salita, ma era troppo pericoloso. Abbiamo deciso di scendere al Campo II a 3900, trascorrere qualche ora, dopodiché siamo saliti in cima.

Cosa hai provato durante la salita? E in vetta?
Durante la salita ero molto concentrato e non ho pensato a nulla. In vetta invece, sono stato travolto dalle emozioni. Era la mia “ultima” vetta, ero in cima al continente più remoto della Terra e, quasi un anno prima, ero in un letto d’ospedale a lottare contro la polmonite da Covid. Sono crollato in ginocchio e ho pianto come un bambino.

Come ti sei allenato? Tipologia? Mesi?
Ho iniziato la preparazione atletica con gli amici pugili della palestra KBK di Vigevano alla fine di agosto con sedute giornaliere alternate a pesi e forza in palestra. Poi ho continuato la preparazione atletica all’aperto con il mio amico preparatore e mental coach Davide Tucci, alternando sempre sedute giornaliere di forza in palestra e aggiungendo almeno un’uscita in Montagna che riproducesse le caratteristiche della salita in Antartide, quindi almeno 10-12 ore di uscita. In totale mi sono allenato circa 3 mesi e mezzo.

E’ una salita paragonabile a Everest o Denali?
L’Everest è veramente fisicamente devastante, come tutti gli 8000. In questo caso direi che si è più vicini alle condizioni climatiche e morfologiche del Denali in Alaska.

Hai mai avuto paura di rimanere lì?
No, assolutamente. E poi si stava benissimo: tende grandi e comodissime (praticamente degli appartamentini) e uno chef italo argentino che cucinava “da cinema”!

Com’è stato ritornare?
Sinceramente non bellissimo. Devo dire che in Antartide, ai campi, ma soprattutto in Chile nella vita di tutti i giorni, pur rispettando in toto le prescrizioni e linee guida nei confronti del covid, non c’era tutto il terrorismo mediatico che c’è qui in Europa e particolarmente in Italia. Le persone vivono serenamente nel rispetto delle linee guida e vaccinandosi. Qui l’impatto è stato molto violento: credevo di trovare una situazione migliore rispetto alla partenza, invece ho trovato persone annichilite da un terrore ingiustificato rispetto alla “vita”. Lo dico da “reduce” dal covid e vaccinato doppia dose. Credo sia giunto il momento di tornare a vivere. Restare a casa terrorizzati nell’attesa che le cose tornino come prima credo non porti a nulla.

Che cosa è Running Seven Summits – Luca’s List?
La Luca’s List è la mia lista personale che riguarda le Seven Summits: sono il primo al mondo ad aver unito sia la lista originale, quella ideata da Bass negli anni ’80, che non comprende la Piramide Carstensz in Indonesia e la lista Messner che la comprende. Inoltre ho scalato le montagne più alte di ogni continente secondo tutte le interpretazioni geografiche e geologiche. La mia lista perciò comprende: Elbrus, ma anche Mt. Bianco per l’Europa, Kilimanjaro, Aconcagua, Denali, Kosciuszko per l’Australia, Piramide Carstensz, ma anche Mt. Wilhelm e Mt. Cook per l’Oceania, Everest e Vinson. Non più sette vette, ma undici.

Quale sarà il tuo prossimo obbiettivo?
Ho un paio di idee, che sto valutando insieme agli sponsor. Mi piacerebbe arrivare ad ottenere lo “Snow Leopard”, un’onorificenza che i russi danno a chi scala tutti i 7000 dell’ex Unione Sovietica. Sono cinque, distribuiti tra Tajikistan, Kazakistan e Kirghizistan. E poi sto anche pensando ad un altro sogno… Il K2…

Sei anche una guida e lavori insieme alle guide alpine e a un tour operator: quali sono i tuoi prossimi giri?
Accompagno in escursioni giornaliere e weekend praticamente ogni settimana. Lavoro con Kailas e accompagno in alcune avventure “casalinghe” come “Notte sotto le stelle”, un campo in stile invernale che ricalca esattamente i campi in stile himalayano, “Margherita come una volta”, la salita al rifugio più alto d’Europa sul Monte Rosa, in tenda, senza prendere gli impianti di risalita in 5 giorni, Tour del Monviso, Tour del Monte Rosa e, prossimamente, Traversata della Corsica e Traversata delle Creste in Ticino e Grigioni. Per quanto riguarda invece i viaggi-spedizione sono tour leader sull’Elbrus (5642 m) in Caucaso, sul Kilimanjaro (5895 m) in Tanzania, sull’Aconcagua (6962 m) in Argentina e al Colle Nord dell’Everest (7050 m) in Tibet.

Cosa vuoi dire a un ragazzo che si avvicina al mondo delle spedizioni?
Posso dirgli di non demordere e …di abituarsi alla solitudine. Gli allenamenti, le alzatacce, i sacrifici, ma anche la pianificazione, sono cose che si fanno principalmente da soli. Pochi capiscono. Ancor meno ti aiutano davvero. E’ un viaggio molto difficile e duro: tante porte in faccia, tanti commenti da parte di chi non capisce e non capirà mai. Tanta solitudine insomma, ma anche una straordinaria ricchezza, di quelle che nessuno ti può rubare: perché quei cinque minuti che trascorri in vetta, dove nessuno ti applaude, dove nessuno ti dà una medaglia, sono tuoi e nessuno te li porterà mai via. Io sono l’uomo che è stato in cima al mondo e alle montagne più alte di tutti i continenti: e lo sarò per sempre…

Che dire? Avevo voglia di parlare e soprattutto di ascoltare racconti di avventura, di montagna, di viaggi, di evoluzione e senso di rivalsa, di determinazione. Ho cercato la persona giusta. Attenderò la prossima esperienza ai confini del mondo con entusiasmo!

Christian Roccati
Instagram Facebook Sito