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28 Giugno 2023

Alpinismo e Spedizioni · Vertical · Resto del Mondo

Nanga Parbat: niente ‘ciliegina sulla torta’ per David Goettler e Benjamin Vedrines

Benjamin Vedrines (sx) e David Goettler (dx) in Pakistan, Nanga Parbat, giugno 2023. Fonte Alpine Adventure Guides:Twitter

I due alpinisti tornano dal loro tentativo in stile alpino sull’enorme parete Rupal senza aver raggiunto la vetta ma soddisfatti

David Goettler e Benjamin Vedrines, partiti lo scorso mese  per tentare in stile alpino la famosa parete Rupal sul Nanga Parbat, non ce l’hanno fatta. Non si conoscono ancora i dettagli, ma i due non sono riusciti a scalare la parete fino in vetta.

“Spedizione al Nanga Parbat dalla Rupal. Dopo 36 giorni di stacco, che piacere condividere con voi alcuni dei momenti salienti vissuti sulle montagne del Pakistan! – scrive Vedrines – È stata un’avventura con la A maiuscola, con le sue tante sfide, a volte belle e a volte brutte. Non vedo l’ora di raccontarvi tutto questo più nel dettaglio, perché anche se non c’è stata la ciliegina, la torta era buonissima!
Un enorme grazie ai miei soci per avermi aiutato in questo tentativo ad alta quota! E grazie a David Goettler per essere stato il mio compagno di stanza per oltre un mese!”

“Questa spedizione aveva tutto – ha commentato brevemente Goettler – La quantità di emozioni è stata enorme e intensa, non da ultimo, il finale dolce-amaro… “

Rupal: 4500 metri in verticale, la più alta parete al mondo

La Rupal si sviluppa per quasi cinque chilometri, dalla base alla cima. Raramente  tentata, è considerata la parete più grande dell’Himalaya. Con i suoi 4.500 metri in verticale, non è mai stata scalata in inverno o in stile alpino.

La prima salita della parete Rupal risale al 1970 ad opera di Reinhold Messner e di suo fratello Gunter, tragicamente deceduto durante la discesa. Nel 1976, Hans Schell e la sua squadra, salirono una lunga via dal versante Rupal che evita la parete. La linea è stata ripetuta più volte. Nel 1985, una squadra polacco-messicana aprì una nuova via sulla destra della parete. E nel settembre 2005, Steve House e Vince Anderson salirono una nuova via diretta sulla parete, in otto giorni. Tale ascensione valse ai due americani il quindicesimo Piolet d’Or.

 

 

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Aggiornamento del 28 giugno:

David Goettler : “Avrete capito che non siamo riusciti a raggiungere la vetta del Nanga Parbat. Ecco perché: non è stato a causa del maltempo o delle cattive condizioni. Siamo tornati indietro perché ho avuto una brutta giornata. Ecco perché. Non mi sentivo come sapevo di dovermi sentire per una giornata di vetta come quella. Benjamin Vedrines stava andando forte e probabilmente avrebbe potuto fare tutto il lavoro per portarci entrambi in vetta, ma poi? La discesa non è diretta: prima c’è un lungo traverso su e giù. Naturalmente non c’erano corde fisse, visto che eravamo saliti con soli 60 metri di corda tra di noi. Non c’era una grande traccia e non c’erano altri arrampicatori sulla via: solo Ben e io. È il bello di scalare una via come questa in uno stile come questo. La bellezza e la crudeltà. Avere una giornata storta significa non arrivare in cima.
Come disse una volta il mio grande amico Ueli Steck: “Non essere epico”.
Ho pensato alle sue parole. Sapevo che se avessimo continuato avrei scatenato un’epopea. Così siamo tornati indietro. Grazie Ben per essere stato tutto ciò che si può desiderare in un compagno di cordata.”

I due si sono ritirati da 7500 metri di quota, a soli 600 metri dal vertice.

Benjamin Vedrines: “All’ombra del Nanga Parbat, torniamo indietro. In quel momento, il mio cuore si è raggelato come la temperatura qui a 7500m. Ogni speranza è svanita. Stiamo facendo buoni progressi, anche se David si sente debole da quando abbiamo lasciato il bivacco. Me lo ha detto lui stesso.
Sono determinato e in buona forma. Gli dico che posso continuare a guidare fino alla vetta. Siamo sul versante Diamir quando questa discussione si rende necessaria, a 600 metri dalla vetta. Fino a quel momento c’erano stati pochi dubbi. Le condizioni erano buone. Con le ciaspole evitiamo di sprofondare fino alle anche.
Anche se i nostri sogni di decollare dalla vetta erano stati infranti dal vento a 30 km/h, potevamo immaginare di raggiungere gli 8.126 m in stile alpino. È un sogno. Ci vuole uno duro sforzo per arrivarci, quando tutti gli elementi si allineano.
David analizza le sue condizioni fisiche e conclude che è troppo debole per continuare. Conosce se stesso. Un lungo momento di impotenza mi attanaglia. Perché oggi? Mi sento attratto dalla vetta ma legato, bloccato. Il cuore in alto, la ragione in basso. Siamo in due, in cordata, in stile leggero. Insieme, dipendenti l’uno dall’altro, accomunati da un destino comune. È in momenti come questi che la corda è tanto crudele quanto significativa. Un significato che invita alla compassione, a condividere il dolore, a sacrificare l’ego in nome dell’unità, nel bene e nel male.
Tornato al 7100, i miei impulsi  mi hanno portato a immaginare una salita in solitaria il giorno successivo. Ne parlai a David. Era pronto a continuare la discesa senza di me. Cosa posso fare? L’opportunità c’è, mi sento capace. Il senso di colpa mi attanaglia, non riesco a immaginare di lasciare il mio compagno da solo per molto tempo. Mi rifiuto di assecondare il mio egoismo interiore.
Siamo partiti in due, saremmo tornati in due…! Questo è il senso dell’avventura, questo è lo stile alpino.
Non posso nascondere il mio dolore, né posso biasimare il mio amico David Goettler. All’ombra del Nanga, posso osservare le mie contraddizioni, i miei difetti, la mia passione e tutte le emozioni che ho provato su questa impegnativa parete sud del versante Rupal, che ha scosso indelebilmente i miei valori di alpinista. Shukriya.”