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22 Gennaio 2021

Periodo difficile? “Dopo, tutto è più Dolce”

Cari amici, ogni giorno sento parlare di voglia di cambiamento, di desiderio di leggerezza, di progetto creativo, di sogni di libertà.

Oggi vorrei parlare con voi di un bel libro che racchiude questi concetti, qualcosa di positivo che mira all’evoluzione personale in un momento per tanti così cupo e difficile, per alcuni piuttosto tremendo. Oggi vi parlo di Dopo, tutto é più Dolce.

L’autrice è Camilla Dell’Orto Necchi… molti lo sanno dato che l’opera è piuttosto conosciuta. Ma se vi dicessi che Camilla… non esiste? Il mistero s’infittisce!

Proviamo a scoprire insieme cosa si cela dietro alla splendida opera e quanto, ognuno di noi, si può riconoscere in essa, soprattutto in questo periodo!

Chi è davvero l’autrice di questo libro? 
Camilla Dell’Orto Necchi è una signora milanese di una certa età…..che non esiste! È infatti lo pseudonimo usato da Emanuela Canali (da una vita attiva nell’editoria) e da Patrizia Mezzanzanica (giornalista e caterer) per firmare il loro primo romanzo insieme, Dopo, tutto è più dolce. pubblicato da Piemme nel 2017.

Perché uno pseudonimo?
I nostri nomi sono un po’ lunghi e così abbiamo pensato di ricorrere a uno di fantasia, prendendo il nome vero della nonna di una di noi due, Camilla Dell’Orto, e aggiungendoci Necchi, in omaggio a Villa Necchi, uno dei luoghi più incantevoli di Milano che ha una grande importanza nel nostro romanzo.

Il libro “Dopo, tutto è più dolce” parla un po’ di tutti noi, di ciò che siamo o di ciò che potremmo essere. Quanto c’è di voi in questo volume?
C’è molto e nello stesso tempo poco. Si inizia sempre un racconto mettendoci del proprio ma poi, grazie al cielo, la storia prende forma e i personaggi diventano altro da noi. Direi che ciò che maggiormente ci rispecchia è la determinazione della protagonista a non darsi per vinta, nonostante la fatica e, a volte, i dubbi.

Com’è nata l’idea del libro? E come mai lo avete scritto a 4 mani?
Entrambe abbiamo avuto avuto davvero occasione di lavorare in un ristorante con catering per un lungo periodo della nostra vita e a un certo punto ci siamo dette: “ma perché non proviamo a scrivere una storia ambientata proprio qui?” e appena abbiamo cominciato a pensare a questa idea, il racconto da solo ci è venuto incontro accompagnato dall’intreccio e da tutti i personaggi. Siamo quindi partite da una situazione concreta e da episodi molto spesso realmente accaduti, e all’inizio per i caratteri principali ci siamo ispirate a persone vere, poi però la narrazione ci ha preso la mano e tutto si è trasformato in qualcosa di più grande, in un romanzo appunto, che è montato poco a poco come un bel soufflé da portare in tavola con un certo orgoglio.
Ecco dunque perché lo abbiamo scritto a quattro mani: era un periodo in cui eravamo vicinissime, ci vedevamo tutti i giorni, è stato facile iniziare e poi proseguire.

 

Come si riesce a comporre un’opera a 4 mani? Avere cooperato capitolo per capitolo? Vi siete divise i lavori?
È stata una combinazione fortunata, una cosa veramente straordinaria, che non so se riusciremo più a ripetere: c’era una tale sintonia in quel periodo, tutto era spontaneo, non solo scrivere insieme, ma anche dividerci il lavoro senza grandi discussioni. Nei fine settimana andavamo spesso a camminare in montagna (è una cosa che piace moltissimo a entrambe e un ottimo esercizio per schiarirsi le idee) e durante le nostre passeggiate parlavamo della trama, montavamo quella delicatissima impalcatura fatta di intrecci e di rimandi e concordanze, e poi ognuna decideva la parte che voleva scrivere, che veniva poi mandata all’altra per le proprie osservazioni; alla fine si rileggeva tutto e si procedeva all’assemblaggio. Quello che a posteriori ci sembra quasi miracoloso è come siamo riuscite ad amalgamare lo stile perché non ci sembra che si notino due mani differenti (o almeno così ci hanno detto spesso e ci piace credere).

Cosa vorresti che accadesse in un lettore? Una forma di evoluzione oppure semplicemente che passasse un buon momento?
Cosa ci siamo proposte con lo scrivere questo romanzo? Be’, prima di tutto ci siamo divertite, tanto. Non c’è niente di più stimolante ed eccitante che lavorare con la fantasia: costruire delle storie, dar vita a dei personaggi, creare mondi nuovi e opportunità che magari nella realtà non capitano così spesso. Quello che speravamo di trasmettere ai nostri lettori è proprio questo: la piacevolezza di leggere una buona storia che non fosse solo fine a se stessa, ma che potesse fare buona compagnia e in cui magari qualcuno si può identificare. Betta, la nostra protagonista, è una donna over fifty che si trova improvvisamente senza lavoro e senza più nessun punto di riferimento. Nonostante sia stata una cicala nella prima parte della sua vita, ha comunque la forza di non piangersi addosso, ma di rimboccarsi le maniche e trovare una nuova via per sopravvivere. Il fallimento diventa l’occasione per liberarsi finalmente dalla superficialità e dall’approssimazione con cui aveva affrontato la vita fino ad allora e per concentrarsi sulle cose importanti e necessarie, su quello che aveva imparato e di cui poteva fare tesoro, riuscendo di fatto a rimettersi in piedi. La sua idea di un catering basato sulla filosofia del “bello, e buono, con poco” diventa così la metafora della sua nuova vita, che può ripartire con pochi ingredienti di qualità. Basta lussi, ostentazioni e false illusioni ma concretezza, umiltà e attenzione alle persone, al mondo intorno che parla, se ci si ferma ad ascoltare.
Anche se il libro è uscito nel 2017 è ancora drammaticamente attuale vista la situazione lavorativa odierna che purtroppo impone un riesame sia delle nostre aspettative che delle nostre realtà quotidiane.

Come vedete quest’opera a 3 anni dalla sua pubblicazione?
Il messaggio positivo del nostro libro è che anche questa crisi, però, può servire a farci trovare la parte più autentica di noi stessi, a metterci giocoforza in discussione, a scoprire capacità e creatività che magari abbiamo soffocato per anni. In questo senso continua a essere un romanzo piacevole da leggere, istruttivo, non “cretino” come invece, in molti, ancora tendono a pensare della letteratura femminile rosa. Senza parlare degli altri due punti di forza del libro: offre un mondo di idee per cucinare e decorare le nostre tavole (piccolo contributo che aiuta a portare letizia nelle nostre vite), e racconta una Milano insolita, la Milano che noi amiamo con tenerezza, descrivendo luoghi meno noti e poco frequentati ma proprio per questo ancora più belli e che ci auguriamo che tutti (presto!) possano scoprire.

Siete pronte per un nuovo progetto? Avete qualche opera o sogno in cantiere?
Da qualche mese stiamo lavorando a un nuovo progetto dove ritroveremo molti dei personaggi del libro.
Non voglio anticipare nulla perché ricreare la magia della prima volta non è sempre scontato, ci sono i momenti di entusiasmo ed armonia ma anche quelli di stallo. Ce la stiamo mettendo tutta per costruire una nuova storia che possa appassionarci e appassionare. Certo, la separazione a cui siamo tutti costretti non aiuta ma in cima alla lista dei buoni propositi del 2021 c’è proprio quello di raggiungere la stessa intesa anche senza vedersi fisicamente. Distanti ma unite non deve rimanere solo uno slogan per noi.

Come vi ha cambiato o cosa è cambiato in voi, dopo questo libro?
Non so se l’uscita del libro ci ha cambiato. Forse ci ha cambiato di più scriverlo. Ci ha ricordato quanto è rassicurante fidarsi di un’altra persona, quanto è appagante condividere le stesse emozioni e ci ha insegnato quanta gioia si prova a trovare insieme un’idea geniale, quel qualcosa, in una trama, che dà un senso al tutto. Credo che chiunque abbia assistito ad una nostra presentazione abbia colto questi aspetti e si sia divertito. E forse anche noi, come la protagonista, siamo diventate più forti. Per quanto le cose possano mettersi male, siamo certe che c’è sempre una via d’uscita.

Christian Roccati
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