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2 Dicembre 2020

Alpinismo e Spedizioni · Vertical · Alpi Centrali · Aree Montane · Italia · Lombardia

Pizzo Badile: Della Bordella e Schupbach salgono “Crossway of Friendship”

Matteo Della Bordella e Silvan Schüpbach salgono “Crossway of Friendship”, sullo spigolo Nord del Pizzo Badile, 2020. Foto: Silvan Schüpbach. Fonte: M.Della Bordella/instagram

La nuova variante sulla Nord-Est del Badile, è stata dedicata all’amico Matteo Bernasconi

Matteo Della Bordella e lo svizzero Silvan Schüpbach   il 26 novembre hanno salito “Crossway of Friendship” sulla parete Nord-Est del Pizzo Badile, nei monti della val Bregaglia, al confine tra Italia e  Svizzera.

I due scalatori hanno dedicato la linea al loro comune amico Matteo Bernasconi, vittima di una valanga a maggio di quest’anno, che tanto avrebbe voluto aprire una nuova via di misto su questa parete.

“Era il tuo sogno e non il mio … – scrive Della Bordella sul suo instagram  – Che io sia arrivato sotto questa parete è stato un caso, spinto dalla curiosità e dalla semplice voglia di vivere e avventurarmi in montagna con un amico, come piaceva anche a te. Non è la linea che avevi immaginata, non è una via nuova, ma piuttosto una combinazione nata dall’istinto … È quella che tante volte ti ha fatto brillare gli occhi: la parete Nord-Est del Badile in piolet traction!! Grazie a @silvanschupbach per aver condiviso questa avventura e grazie a @maeseschenk per tutte le informazioni su condizioni e logistica”.

Matteo Della Bordella e Silvan Schüpbach salgono “Crossway of Friendship”, sullo spigolo Nord del Pizzo Badile, 2020. Foto: Silvan Schüpbach. Foto arch: Matteo Della Bordella/Silvan Schüpbach

Matteo Della Bordella e Silvan Schüpbach salgono “Crossway of Friendship”, sullo spigolo Nord del Pizzo Badile, 2020. Foto: Silvan Schüpbach. Foto arch: Matteo Della Bordella/Silvan Schüpbach

Della Bordella e Schüpbach non hanno studiato un itinerario; la via si è compiuta scalando.

La nuova variante “Crossway of friendship” (difficoltà max M6) è una combinazione di vie esistenti sulla parete nord-est del Pizzo Badile in condizioni invernali. La prima parte della via segue un lungo traverso “inedito” (a conoscenza Della Bordella/Schüpbach) mentre la seconda parte segue la via “Linea Bianca”, aperta da Igor Koller e Stanislav Silhan nell’agosto del 1978. La via è oggi una delle grandi classiche della parete e conta diverse ripetizioni.

 

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Il racconto di Matteo Della Bordella

Matteo Della Bordella e Silvan Schüpbach salgono “Crossway of Friendship”, sullo spigolo Nord del Pizzo Badile, 2020. Foto: Silvan Schüpbach. Foto arch: Matteo Della Bordella/Silvan Schüpbach

È davvero impossibile guardare alla nord-est del Badile in condizioni invernali senza pensare a Matteo “Berna” Bernasconi. Ho perso il conto delle volte in cui mi ha parlato di quella parete, di quante volte lo abbia incantato e poi illuso con le sue condizioni, riassumibili in una sola parola: effimere.

Il suo racconto dello spigolo Nord in inverno è un regalo fantastico che ha lasciato a tutti noi. Testimonianza di spontaneità, entusiasmo, gioventù e avventura allo stato puro. Per noi, alpinisti, è difficile non riconoscersi nelle sue parole, anche se in contesti differenti.

Quella parete lo aveva stregato e ci teneva sempre a sottolineare che il suo sogno non era la nord-est del Badile in invernale, bensì la nord-est del Badile in piolet-traction. Differenza insignificante per i non-alpinisti, ma fondamentale per lui che per anni ha cercato di spiegare a sé stesso come si fossero formate quelle colate di ghiaccio. Quelle perfette che nel 2005 gli hanno permesso di provare la “via del fratello” arrampicando con piccozze e ramponi su terreno verticale, senza quasi mai toccare la roccia. Ha ricercato queste stesse condizioni per lungo tempo, in numerosi tentativi, ma non le ha mai più ritrovate. Condizioni effimere che si sono presentate proprio adesso, senza preavviso, senza motivo e senza alcun senso, come tante cose che accadono nella vita. Quanto può essere ironica la vita.

Stavo passando in tranquillità queste settimane di “lockdown” quando, dopo aver sentito vari amici per combinare qualcosa in montagna, è stato Silvan Schüpbach a lanciare l’amo. “La nord-est del Badile sembra essere in condizioni, proviamo?”. L’informazione arriva da Marcel Schenk, fortissimo alpinista svizzero e grande conoscitore di questa montagna, colui che nel 2016 per primo ha salito la nord-est in piolet-traction seguendo la linea immaginata e tentata varie volte da Berna.

Silvan ed io non siamo certo dei grandi conoscitori della montagna e della zona. Per me l’unica esperienza sulla nord-est è stata nell’estate 2003 con mio padre Fabio, lungo la via Cassin. Lo stesso vale per Silvan che ha salito la stessa linea oltre dieci anni fa. Partiamo quindi con lo zaino carico di tanti dubbi, ma anche di tanta curiosità e voglia di avventura. Mercoledì 25 novembre saliamo al rifugio Sasc Fura. Il giorno dopo ci muoviamo nella neve profonda, in più il buio e la mancanza di conoscenza del luogo ci rallentano. Quando arriviamo al colle, dove parte lo spigolo nord, siamo decisamente in ritardo rispetto alla tabella di marcia.

Matteo Della Bordella e Silvan Schüpbach salgono “Crossway of Friendship”, sullo spigolo Nord del Pizzo Badile, 2020. Foto: Silvan Schüpbach. Foto arch: Matteo Della Bordella/Silvan Schüpbach

La parete è completamente bianca, ricoperta da una corazza di ghiaccio e neve uniforme. ricopre quasi completamente il granito, che affiora di tanto in tanto come gli scogli emergono dal mare. È tutto bianco e fatichiamo a identificare le vie già esistenti, inoltre nutriamo ancora parecchi dubbi sulla tenuta di questo strato di neve e ghiaccio attaccato alla parete. Non sappiamo bene cosa fare e anche se siamo abituati alle grandi pareti, l’ambiente in cui ci troviamo è serio e ci intimorisce. Dopo un breve confronto sul da farsi rompiamo gli indugi e ci lasciamo semplicemente abbandonare al nostro istinto, attaccando la parete nel modo che a noi pare più logico: un infinito traverso di 300-400 metri sulle placche ricoperte da ghiaccio e neve. Non sappiamo dove salire e non conosciamo le insidie della parete. Decidiamo di continuare a seguire la curiosità e l’istinto che ci hanno condotto fino a quel punto. Lo strato di ghiaccio è sempre molto sottile e difficile da proteggere. I ramponi e le piccozze entrano che è un piacere, così continuiamo (per lo più) “in conserva”, con una o due protezioni tra di noi.

Al termine del traverso la parete si impenna e vediamo una bellissima striscia bianca, perfetta, che scende lungo un diedro. Decidiamo di seguirla, senza sapere dove porti. L’unica certezza che abbiamo è di essere almeno 50 metri o più a destra della “via Cassin”. Silvan conduce da primo tre lunghi tiri spaziali, su lingue di ghiaccio molto sottili, proteggendosi dove affiora la roccia. L’ultimo è senza dubbio il più impegnativo, con qualche sporadico passo in dry tooling e protezioni più precarie. Dopo passo io al comando e con un lungo tiro di circa 80 metri raggiungo lo spigolo nord, che seguiamo fino in vetta al Pizzo Badile.

Sono le 16.30, la luce della sera ci inonda mentre i ricordi riaffiorano. Cinque mesi fa in questo stesso posto abbiamo sparso le ceneri di Berna. Sulla croce di vetta ci sono ancora i tappi di birra legati insieme e la scritta “ciao Berna”. Dentro di me un turbine di emozioni, positive e negative. Non riesco a decifrarle. Tutto scorre velocemente, tutto mi passa davanti senza spiegazioni.

Raggiungiamo il bivacco Redaelli che sarà il nostro riparo per la notte. Con Silvan una stretta di mano sincera, dopo l’ennesima grande avventura insieme. Un’avventura diversa dalle altre, che lascia un vuoto e tante domande, cos’è per ognuno di noi l’amicizia?