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24 Marzo 2015

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UN VIAGGIO ALLA FINE DEL MONDO con Glowacz. Bevera di Sirtori (Lc), 16 aprile 2015

Stefan Glowacz. Fonte: Portrait, www.glowacz.de

Stefan Glowacz. Fonte: Portrait, www.glowacz.de

“AT THE END OF THE WORLD” – “ UN VIAGGIO ALLA FINE DEL MONDO”. SERATA CON STEFAN GLOWACZ

La montagna continua a far da padrona nelle serate “A tu per tu” anche con il protagonista che, con il consueto contatto ravvicinato, si presenterà il prossimo 16 aprile presso il salone del punto vendita di df Sport Specialist a Bevera di Sirtori (LC).

Un altro alpinista, allora? Si e no, allo stesso tempo, perché se Stefan Glowacz è si un arrampicatore, anzi uno dei più forti arrampicatori di ogni tempo, il suo rapporto con la montagna è tanto particolare che il termine alpinista non gli si addice nel senso tradizionale della parola.

Occorrono certamente delle spiegazioni per dare conto di come un campione della sua levatura non possa essere incluso nel numero degli alpinisti che vediamo rincorrere le vette di alta quota, dai nomi altisonanti, da tutte conosciute. Si, certo, Stefan può vantarsi di aver avuto con la montagna un approccio precoce, prima ancora di saper camminare, quando i suoi se lo portavano appresso nelle loro frequenti salite sui monti di casa. Ma, già di queste salite, che gli rimaneva in mente era soprattutto un ricordo che lo riportava all’arrampicata, tanto che ben presto trovò un gusto irresistibile nell’arrampicare su ogni masso che gli fosse possibile. E riuscì a fare questo cos’ bene che, come ancora si racconta, furono molti a rimanere senza parola nel vederlo muoversi con incredibile eleganza sui tiri più duri esistenti nella metà degli anni ’80.

Nato a Oberau nel marzo del 1965, la sua inclinazione per l’arrampicata pura lo spinge dapprima verso l’arrampicata sportiva, da dove sbocca presto nel mondo delle competizioni. Già nel 1985 si classifica al primo posto nella prima gara a livello europeo organizzata dalla neonata F.A.S.I. a Bardonecchia. Lo stesso gradino più alto del podio se lo aggiudica ripetutamente nel 1987, 1988, 1989 e 1992 prendendo parte al Rock Master di Arco. Darà definitivamente l’addio alle competizioni nel 1993, dopo essersi classificato secondo al Campionato del Mondo di Innsbruck. Da quel momento per lui arrampicare vorrà dire soltanto trovarsi di fronte alla roccia e alla montagna come ambiente integrale: non è più lo sport, ma l’avventura quello di cui va ora in cerca.

E se già prima aveva conseguito risultati memorabili sulle più rinomate falesie, realizzando perfino impressionanti vie a vista, dopo il ritiro dalle competizioni si sente più libero e pronto per le grandi pareti. Si aggrega, in un team prestigioso, ai già famosi connazionali, quali Kurt Albert e Bernd Arnold, e con loro va ad aprire vie estreme nelle più remote regioni del mondo, in località addirittura inaccessibili, dove applicare possibilmente il concetto di “rotpunkt”. Qui si coglie l’esclusiva caratteristica di Stefan Glowacz, quella che consiste essenzialmente nell’accanita ricerca di pareti inesplorate, che devono essere raggiunte con lunghe e perigliose marce di avvicinamento, per venire poi salite con arrampicate al limite dei possibili gradi di difficoltà. Resta significativa in tal senso la prima della parete Nord della Renard Tower, di 900 metri, in Antartide, con un’arrampicata durata cinque giorni, su ghiaccio e roccia, con difficoltà fino al IX grado.

Ma non sarà da meno quello che ci verrà proposto il 16 aprile: il filmato della spedizione effettuata nella primavera del 2008 all’Isola di Baffin, situata tra la Groenlandia e la Baia di Hudson, con la quale Stefan ha aperto la via “Take the long way home” (700 m, 8a+, A4), in una zona mai visitata prima dagli alpinisti. Lì il fuoriclasse tedesco, assieme a Robert Jasper, Holger Heuber, Klaus Fengler e Mariusz Hoffamn, si è spinto nel settore nord-orientale dell’isola, nell’area del Buchan Gulf ed è riuscito a tracciare l’incredibile via che si svolge su una ripida muraglia a picco sul golfo. Ci sono volute ben due settimane, dal 2 al 14 maggio, ricorrendo alle corde fisse e bivaccando quasi sempre (a parte quattro notti) alla base della montagna. Un’avventura nella quale l’incredibile ascensione ha rappresentato soltanto l’intermezzo tra i 250 chilometri di avvicinamento con le guide Inuit, percorsi in motoslitta dal 25 al 29 aprile, e i 350 chilometri del viaggio di ritorno, dal 15 maggio al 2 giugno, ma questa volta percorsi a piedi o sugli sci, e in qualche occasione con l’aiuto delle vele.

Non mancherà davvero nulla per farci trascorrere una serata sussultante, ricca di avventure sorprendenti e ininterrotte: ma soprattutto per farci conoscere un personaggio, un uomo, che esprime passione ed entusiasmo che conquistano.

Renato Frigerio

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