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29 Gennaio 2012

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Urban Climbing

Il 1980 a Torino è l’anno del progetto “Sport uomo”, una grande mostra allestita presso il Palavela di Italia ‘61, nata da un’idea del giornalista sportivo Gian Paolo Ormezzano e del giovane Assessore allo sport del Comune di Torino Vincenzo Alfieri.
Si tratta di una rassegna che racconta la nascita e la diffusione di tutti gli sport legati ai gesti primordiali dell’uomo. Tra questi, l’arrampicata, un movimento che l’essere umano ha compreso e utilizzato per la propria sopravvivenza fin dalle origini, suggerisce all’Accademico del C.A.I. e architetto Andrea Mellano la costruzione di una struttura fissa che riproduca le forme e gli “ostacoli” naturali della montagna.

Viene così realizzata la prima palestra d’arrampicata indoor cittadina, la più grande d’Italia, che consta di una vasta superficie suddivisa in cinque settori con un’altezza variabile dai sei agli otto metri. Vi trovano spazio: un monoblocco di legno rivestito di uno spesso composto gommoso che permette, con pendenze variabili, di riprodurre l’arrampicata sul ghiaccio, una vasta parete articolata rivestita di lastre di pietra gneissica di Luserna, che ricorda in modo più naturale la roccia; vi sono poi delle fessure geometriche ricavate nel cemento armato, camini, tetti, una parete a quinte mobili di legno con apertura modulare.
Una struttura futurista insomma, il cui successo di pubblico andrà ben oltre la rassegna di “Sport uomo”.
Inizialmente gestita in collaborazione con l’Assessorato allo Sport di Torino, il C.A.A.I. e con l’assistenza tecnica del Comitato piemontese, ligure e valdostano delle Guide Alpine, la palestra vedrà nei vent’anni successivi l’avvicendamento di due generazioni di scalatori subalpini, molti dei quali diverranno i futuri protagonisti delle pareti e delle montagne occidentali. E’ l’affermazione della scalata urbana, spettacolarizzata, in quei primi anni ottanta, anche dalla salita di un edificio torinese: l’aspirante guida alpina Marco Bernardi, astro nascente della futura arrampicata sportiva, scala lo “spigolo” di un seicentesco palazzo della centralissima ed elegante Via Garibaldi sotto gli occhi incuriositi di centinaia di passanti.
Nel 1983, alla presenza dell’allora sindaco della città di Torino Diego Novelli, delle autorità cittadine e dell’alpinista Reinhold Messner, ospite d’eccezione, la palestra del Palavela viene intitolata alla memoria di Guido Rossa, Accademico del CAI, operaio dell’Italsider e sindacalista ucciso dalle BR nel 1979.

Sono gli anni in cui nascono i primi corsi serali di arrampicata indoor tenuti da istruttori ISEF, Accademici del CAI e guide alpine. Sempre nei primi anni ‘80, i free-climber torinesi Roberto Mochino e Massimiliano Giri s’inventano il primo libero sito urbano per la pratica dell’arrampicata, utilizzando il muro divisorio del Giardino dei Caduti di Cefalonia con il retrostante vallo ferroviario. E’ l’archetipo dell’odierno street boulder. L’”arrampicata urbana” diviene un movimento giovanile di massa e, per iniziativa di chi scrive, al Liceo Volta di Torino nasce il Gruppo Montagna Volta, uno dei primi gruppi liceali di scalatori organizzati, con tanto di seminari autogestiti tematici e uscite di gruppo.
Dopo le prime gare di arrampicata internazionali di Sport Roccia 1985 a Bardonecchia, volute dallo stesso Andrea Mellano con il giornalista Emanuele Cassarà e l’Accademico Alberto Risso, nel 1987 la palestra “Guido Rossa” tiene a battesimo la Federazione Arrampicata Sportiva Italiana (FASI) e la Società Arrampicata Sportiva Palavela (SASP – Torino); quest’ultima, sarà la prima società sportiva italiana di arrampicata.

Negli anni ’90 in città nasceranno altre palestre al coperto, ed altre società destinate a divenire anch’esse colonne portanti dell’arrampicata indoor subalpina. La successiva vittoria di Torino quale sede per le XX Olimpiadi Invernali del 2006, prevede che la storica palestra sia smantellata con il resto delle strutture per far posto all’impianto di pattinaggio artistico su ghiaccio. A nulla varranno i tentativi di sottolineare l’importanza che la struttura ha avuto nella storia dell’arrampicata stessa. Il 24 giugno del 2002, in occasione dei festeggiamenti patronali di San Giovanni, il sottoscritto, con Loredana Carisio e gli istruttori SASP Tito Pozzoli e Andrea Jannon, scalerà la Mole Antonelliana, simbolo cittadino, nella speranza di sollecitare l’attenzione delle autorità comunali proprio sulla “questione Palavela”.

Ma il Toroc stesso, peraltro organizzatore di quell’evento, ne decreterà il definitivo smantellamento nel 2003.
Nel 2007 viene costruito il Centro Arrampicata Torino (CAT) presso la moderna struttura del PalaBraccini, con oltre 1000 metri quadrati di muri e con pareti alte fino a 18 metri. Il CAT è tutt’oggi gestito dalle tre società storiche torinesi: la SASP, il B-Side e il CUS Torino.
Tuttavia, la “Guido Rossa” della Società Sportiva Palavela di Torino, è ancor’oggi un autonomo punto di riferimento per un migliaio di scalatori torinesi. Lontani ormai i tempi della grande struttura di cemento del Palavela, la palestra è attualmente ospitata in una tensostruttura di notevoli dimensioni situata nella vecchia zona operaia di Mirafiori sud, proprio di fronte ai cancelli della FIAT. Un giusto omaggio, quasi simbolico, all’operaio e sindacalista Guido Rossa, la cui effige di bronzo salvata dalla demolizione interna della struttura di Italia ’61, è ancora lì all’ingresso della palestra a ricordare agli appassionati 30 anni di scalata urbana subalpina.