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9 Aprile 2013

Climbing · Insight · arrampicata · Christian Core · Climbing · experience · meditazione · tecniche di meditazione · yoga · Climbing · Vertical · Insight

YOGA E ARRAMPICATA Le posizioni per chi fa climbing

“Alba del Nirvana” e “Risveglio di Kundalini” (Val di Mello, Lombardia), “Mantra Positivo” (Monte Bracco, Piemonte), “Mandala” (deserto della California) sono tutti nomi legati all’antica disciplina indiana, ma sono anche nomi di “vie”, tracciati di arrampicata su pareti di roccia. «La fusione tra yoga e climbing è naturale» dice Christian Core, 33 anni, di Savona, che ha vinto ogni tipo di gara di boulder (specialità di arrampicata su massi senza corda) fino a divenire tre volte campione del mondo.

Christian scala dall’età di 12 anni e pratica yoga fin da ragazzino, seguendo l’insegnamento di due maestri: Danilo Ebrille, che gli ha trasmesso le tecniche di meditazione, l’aspetto più spirituale, la ricerca interiore più profonda, l’essenza dello yoga; ed Elio Moraglio (mancato nel 2000) che, invece, gli ha illustrato l’aspetto più fisico, quello legato alla pratica di asana e pranayama. «Entrambe persone straordinarie – spiega Christian – che mi hanno indicato come vivere la vita in profondità e poter essere una persona migliore. Due insegnanti con cui ho passato momenti bellissimi e con cui si è creato un feeling particolare, quello speciale tra maestro e allievo». Christian è talmente “nello yoga” che sta cercando sette bei massi (a Varazze, Liguria) su cui tracciare linee perfette per praticare boulder, a cui dare i nomi dei chakra. Cinque li ha già trovati.

«Il climbing, come lo yoga – dice Christian – ti mostra chi sei veramente, ti permette di trovare te stesso. Entrambe le discipline ti svelano le tue paure e ti indicano come superarle. In parete come nella vita». Quando si scala ci si pone automaticamente in uno stato di vuoto mentale “yogico”. Durante l’arrampicata, infatti, è prioritario porre l’attenzione sulla consapevolezza fisica entrando in modo spontaneo in contatto con il proprio corpo e ritrovando il proprio equilibrio dinamico. «Mentre scalo – spiega Core – mi lascio andare mentalmente, mi “perdo” nei gesti e non penso più a nulla, entrando in uno stato inconscio profondo dove nulla ha più importanza se non il momento presente. Entro in comunicazione con la roccia, per ritrovarmi alla fine della via, soddisfatto e felice come un bambino. Ciò che rende straordinario questo sport è proprio il fatto che più ci si perde, più in realtà si trova se stessi». Dunque è una sorta di meditazione “dinamica”: ma invece di camminare si scala. E questo lo può sperimentare chiunque, indipendentemente dal livello di preparazione. Infatti, mentre si arrampica, è “obbligatorio” ascoltare il proprio corpo e la mente si svuota: dal momento in cui si comincia a salire cambia qualcosa, inizia un percorso di evoluzione. Chi coglie la vera essenza del climbing, come nello yoga, ha a disposizione un mezzo per provare a diventare un individuo migliore .

Fonte e per l’approfondimento: www.yogajournal.it (articolo di Corinna Montana Lampo)

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