Carlos Soria. A 86 anni, parte per il Manaslu.
Carlos Soria Fontán, nato il 5 febbraio 1939 ad Ávila, è oggi una leggenda vivente dell’alpinismo mondiale. A 86 anni, non solo ha mantenuto viva la sua passione, ma ha perseverato con una determinazione che sfida ogni aspettativa legata all’età. Ora parte per un nuovo, significativo tentativo: salire sul Manaslu, l’ottava montagna più alta del mondo (8 163 m), in occasione del 50° anniversario della prima spedizione spagnola che raggiunse un Ottomila; una spedizione che vedeva proprio lui tra i partecipanti cinquant’anni fa.
La lunga scalata verso i quattordici ottomila
L’avventura di Soria comincia presto: a 14 anni esplora la Sierra de Guadarrama, e già a 21 attraversa l’Europa su una Vespa per salire sulle Alpi. Negli anni ’60 e ’70 prende parte alle prime spedizioni spagnole alpinistiche: sul Monte Elbrús nel 1968 e sul Denali nel 1971. Nel 1973 e 1975, è tra i protagonisti delle prime spedizioni spagnole in Himalaya: nel 1975 assiste alla prima vetta spagnola di un ottomila, proprio al Manaslu.
Il suo primo ottomila lo conquista solo nel 1990, a 51 anni: il Nanga Parbat. Da allora, la sua gloriosa scalata cresce passo dopo passo: Gasherbrum II (1994), Cho Oyu (1999), Monte Everest (2001), K2 (2004), Broad Peak (2007), Makalu (2008), Gasherbrum I (2009), Manaslu (2010), Lhotse (2011), Kanchenjunga (2014) e Annapurna (2016). Aggiunge inoltre una salita (centrale) allo Shishapangma nel 2005, spesso non conteggiata ufficialmente.
È l’unico alpinista al mondo ad aver conquistato dieci ottomila dopo i 60 anni, inclusi K2, Broad Peak, Makalu e altri, imponendosi come un caso unico di resistenza e passione senza età.
Inoltre, a oltre 70 anni, completa i “Seven Summits” dei sette continenti: Elbrús, Denali, Aconcagua, Everest, Monte Vinson, Carstensz e Kilimanjaro.
Una carriera accompagnata da imprevisti e resilienza
Il cammino di Soria non è privo di ostacoli. Nel 2018 deve applicare una protesi al ginocchio, affrontando con coraggio il proprio declino fisico, ma dimostrando ancora una volta la sua volontà inflessibile. Nel 2023, durante un tentativo al Dhaulagiri, viene accidentalmente travolto da uno sherpa a circa 7 700 m, riportando fratture al perone e tibia: un incidente terribile che avrebbe scoraggiato molti, ma non lui.
Tanto è vero che l’anno successivo, a 86 anni, scala l’Aconcagua (6 962 m), dimostrando una mobilità e una grinta incredibili nonostante le recenti operazioni mediche e gli acciacchi caratteristici dell’età. Questo successo prepara idealmente il terreno per il suo nuovo progetto: tornare al Manaslu, dove quasi mezzo secolo fa iniziò la sua avventura con gli ottomila.
Il nuovo tentativo al Manaslu: un gesto simbolico e personale
Dopo averla inizialmente annunciata per la Primavera 2025, la sua spedizione punta adesso a settembre per permettere l’acclimatazione nella valle del Khumbu prima di affrontare la montagna. Con lui ci sono compagni di fiducia come Luis Miguel Soriano (film-maker e alpinista), Pedro Mateo e Juan Boada, sebbene questi ultimi non puntino alla vetta. L’obiettivo è raggiungere la cima tra il campo 1 e campo 2, ma il tentativo assume un rilievo ben più ampio: commemorare la prima spedizione spagnola al Manaslu (1975) e celebrare la longevità del sogno di Soria.
Se riuscirà, supererà il record di Yuichiro Miura come persona più anziana a salire un ottomila. Attualmente ha completato 12 dei 14 Ottomila: gli restano Dhaulagiri e Shishapangma, quest’ultimo con la cima centrale ancora controversa sul riconoscimento ufficiale.
Carlos Soria è una pietra miliare del nostro tempo: arrampica con umiltà, quasi in solitudine, supportato in modo limitato — se non negli ultimi anni dalla banca spagnola BBVA — e convive con i rischi, le difficoltà e le incertezze della montagna. Eppure la sua è una storia fonte d’ispirazione: dimostra che una vita intensa non ha scadenza, e che la passione può trasformare la vecchiaia in una continua gioventù, non in un limite.