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9 Agosto 2010

Cult · Cervino CineMountain Festival · experience · Cultura

I FILM PREMIATI AL CERVINO CINEMOUNTAIN

Non è stato semplice ma alla fine la giuria della XIIIma edizione del Cervino Cinemountain-Festival Internazionale del Cinema di Montagna ha emesso con piena soddisfazione, e con una linea di pensiero sostanzialmente concorde, i giudizi per le assegnazioni dei Premi del 2010.

Mario Dalmaviva, Joel Conroy, Eileen Hofer, Gabriela Kuhn e Lucio Pellegrini hanno manifestato tutto il loro apprezzamento sulla scelta dei titoli presentati dal comitato di selezione che con sapienza ha proposto lavori di alta qualità cinematografica e con contenuti di notevole spessore culturale. Ne esce trionfatrice la montagna, ammirata in tutte le opere in concorso e ancora una volta grande protagonista con tutti i suoi aspetti e a tutte le latitudini.

I premi
Le Grand Prix “XIII Cervino CineMountain” Conseil de la Vallée
al film “Oyan” di Esmaeel Monsef. L’opera affronta il tema doloroso dell’assenza in maniera delicata e complessa, che lascia spazio a molteplici interpretazioni. La parsimonia del dialogo affida il messagio alle immagini pittoriche.
Tra le montagne dell’Iran, una giovane donna aspetta lettere dal marito, prigioniero oltre il confine. Un postino trasporta la posta da un capo all’altro della nazione, fino a che, un giorno, si accorge che le lettere che la donna aspetta con ansia, non sono lettere scritte dal marito.

Premio Festival per il miglior Grand Prix dei Festival 2009/2010
al film “Carmen meets Borat” di Mercedes Stelenhoef per la testimonianza di come un intervento esterno possa stravolgere la realtà sociale che racconta e per aver ridato realtà e umanità ai protagonisti reali.
Carmen ha diciassette anni e vive in un villaggio zingaro della Romania. La sera, tornata a casa, guarda una soap opera spagnola e davanti allo schermo si immagina un futuro migliore. Ma il suo sogno di adolescente è destinato ad infrangersi quando l’immagine dell’occidente che si è costruita, viene a scontrarsi con la dura realtà. La troupe americana di Borat: Cultural Learnings of America for Make Benefit Glorious Nation of Kazakhstan sceglie proprio il villaggio di Carmen per ricreare una finta ambientazione kazaka, mettendo cosi a dura prova l’equilibrio all’interno del villaggio e prendendosi gioco della buona fede degli abitanti del luogo, dipinti nel film, a loro insaputa, come un popolo di stupidi, stupratori e prostitute. Con questo film la regista si è aggiudicata nel 2009 il Gran Premio Festival della Lessinia.

Menzione speciale
al film “Himalaya, le chemin du ciel” di Marianne Chaud per la delicatezza dell’approccio e per il rispetto nei confronti di una cultura diversa e dei suoi rappresentanti. Questo unito ad un’alta qualità delle immagini e dei suoni, frutto di una grande sensibilità.
Il film, girato tra le montagne aride e possenti dello Zanskar, in India, affronta la questione dei monaci bambini, soffermandosi in particolare sulla vicenda privata di uno di loro, Kenrap, che sin dall’età di cinque anni e stato riconosciuto dalla come reincarnazione di un anziano monaco. Passando in rassegna i gesti quotidiani e i riti dei monaci buddisti del monastero di Phukthal all’interno del quale vive Kenrap, il film offre una preziosa testimonianza sulla vita dei monaci e sulla vitalità di un bambino di otto anni che non si sottrae alle domande e alla telecamera, vivendo con singolare naturalezza la propria duplice condizione di bambino e di vecchio saggio. Il film ha vinto il 58° Premio “Città di Trento”.

Premio “Montagne passion”
al film “Mount St. Elias” di Gerald Salmina per la forza e la tensione con cui coinvolge lo spettatore nell’impresa sportiva e per come esalta la grande determinazione dei protagonisti.
E’ un’avventura folle e ineguagliabile, quella che affrontano i due scialpinisti austriaci Axel Naglich e Peter Ressmann, insieme a Jon Johnston, freerider americano: la discesa con gli sci del Mount St. Elias, in Alaska. 5489 metri di altitudine, per la più lunga discesa mai realizzata prima. Un racconto drammatico attraverso le immagini di un film in cui la montagna diventa teatro di un’impresa tanto pericolosa quanto emozionante, durante la quale i tre uomini protagonisti dovranno fare i conti con le proprie capacità fisiche e mentali e col proprio coraggio, oltre che con un’indispensabile dose di fortuna. Il film ha vinto a febbraio scorso l’edizione 2010 del Festival di Torello.
Gerald Salmina è nato in Austria nel 1965. Dopo una carriera da windsurfer, ha fondato la Planet Watch, una casa di produzione video specializzata in sport estremi, natura e tematiche giovanili. Cuore pulsante dei suoi documentari è sempre l’incontro tra uomo e natura, portato ai suoi limiti più estremi. Tra i suoi ultimi lavori, Light & Shadow (2007), Memento (2006), The red tower (2006) e The cave (2005).

Premio “Vie de Montagne”
al film “Obcina” di Björn Reinhardt per la capacità di capire e rappresentare le numerose problematiche della vita di una comunità, ed in particolare di una famiglia che fa i conti con l’avanzare della modernità.
Obcina e un piccolo villaggio sperduto tra le montagne, che durante l’estate si popola di decine di uomini e donne di etnia rutena. Ogni anno, però, gli abitanti del luogo sono costretti a tornare a valle prima che arrivi l’inverno, per mettersi al riparo dalle difficili condizioni di vita che la stagione fredda porta con sè. Solo la famiglia Cut, tra mille difficoltà, decide di rimanere a Obcina ad affrontare il freddo, l’isolamento e la neve. Una scelta caparbia e pericolosa, che costerà loro grande fatica e sacrificio. Il film ha vinto nel 2009 il Bergfilm Festival di Tegernsee.
Björn Reinhardt nasce nel 1963 a Berlino e inizia a lavorare come assistente alla direzione alla Deutscher Fernsehfunk Berlin. Ha studiato stage design alla Art-High School Berlin Weisensee e nel 1995 ha cominciato a lavorare come regista di documentari per la televisione romena e tedesca. Dal 2002 lavora come regista indipendente a Maramures, in Romania.

Premio Montagne Toutcourt
al film “Alone on the Wall” di Peter Mortimer e Nick Rosen, dove un giovane arrampicatore nonostante sia diventato una leggenda riesce a mantenersi semplice e naturale.
Alex Honnold è diventato presto una leggenda, in California, quando appena 23enne ha scelto di affrontare la parete nord-ovest dell’Half Dome in free solo, senza corda. Una delle più maestose formazioni rocciose statunitensi, alta 2700 metri e situata all’interno del celebre Yosemite National Park, per un’impresa senza precedenti. Il film ci accompagna passo dopo passo, insieme al giovane climber americano, nel viaggio dal deserto dello Utah alla parete granitica dell’Half Dome dove Honnold, con determinazione e coraggio, riuscirà a portare a termine brillantemente la sua avventura, segnando così una nuova e storica tappa dell’arrampicata su roccia. Il film ha vinto il Kendal Mountain Festival nel 2009.

Premio per il miglior film d’alpinismo Club Alpino Italiano
al film “L’ultima battaglia delle Alpi” di Roberto Cena e Fabio Canepa per aver affrontato il delicato tema, raramente documentato, di quella fase della Seconda Guerra Mondiale che nella Valle d’Aosta porta gli italiani a combattere sotto diverse bandiere.
Nei giorni della Liberazione, le Alpi Occidentali sono testimoni di un’ultima aggressione. Nel caos della primavera 1945, infatti, l’Armee francese attacca l’Italia sulle creste alpine, col fine nascosto di annettere la Valle d’Aosta. Ma il piano segreto di De Gaulle rimette in gioco gli ideali dei combattenti italiani. Partigiani e repubblichini si alleano contro l’invasore, prolungando la battaglia oltre la fine della guerra. Il film racconta, dalla prospettiva dei protagonisti, i fatti drammatici ed eccezionali avvenuti su quel fronte di rocce e neve. Riparati all’interno dei bunker di ghiaccio, i soldati dell’una e dell’altra parte imparano a combattere una guerra difficile. E l’avversario più insidioso è la montagna.

Premio “Ecomountain” Assessorato Territorio e Ambiente
al film “Shaman Tour” di Laetitia Merli per l’ironia e la leggerezza con la quale viene denunciato il rapporto tra i turisti e gli autoctoni. Questo incontro modifica tradizioni e costumi degli abitanti ed il loro rapporto con il territorio.
La Mongolia è rimasta per molto tempo isolata dai flussi turistici. Con il suo ingresso nella rete dell’economia globale, è diventata oggi una meta molto frequentata da viaggiatori provenienti da tutto il mondo. Il film racconta il rapporto tra i turisti e gli abitanti del luogo, due mondi apparentemente inconciliabili che entrano in contatto tra loro e che l’autrice sceglie di raccontare attraverso il punto di vista di una famiglia di allevatori di renne del nord della Mongolia. Una testimonianza incredibile sulla trasformazione in atto, all’interno di un Paese rimasto per secoli chiuso entro i propri confini.

Premio del pubblico
Crossing the Himalaya” (Irlanda, 2009, 49′) di John Murray
Ogni anno gli abitanti della zona di confine tra il Tibet e il Nepal sono costretti a lasciare l’alta montagna e ad intraprendere un lungo viaggio attraverso l’Himalaya, per sfuggire alla rigidità dell’inverno e agli stenti, prima che arrivino le grandi nevicate a sorprenderli. Il film racconta la lunga e impegnativa traversata di una famiglia di pastori nomadi e dei loro yak sopra ai tetti del mondo, lungo un tragitto pieno di insidie e di pericoli, nascosti dietro ogni angolo. Un viaggio che, giorno dopo giorno, si rivelerà una lotta contro il tempo che Kharma, il protagonista del film, e i suoi dovranno affrontare prima di raggiungere la meta. Il film ha vinto il Gran Premio Festival di Autrans nel 2009.

L’organizzazione del Festival è curata dal Comune di Valtournenche e dall’Associazione Culturale Strade del Cinema con la collaborazione della Presidenza del Consiglio Regionale della Valle d’Aosta e il sostegno dell’Assessorato al Turismo, Sport, Commercio e Trasporti della Regione Autonoma Valle d’Aosta, Fondazione CRT, Compagnia di San Paolo, Banca Popolare di Milano, CVA, il Club Alpino Italiano, Fiat e Sony.

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