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25 Settembre 2022

Insight · Resto del Mondo

A Stefania Gentili la Honorable Mention di IPA per “Mustang – Punto Senza Tempo”

A Stefania Gentili la Honorable Mention di IPA per “Mustang – Punto Senza Tempo” – Intervista

L’IPA, International Photography Awards, è una delle più prestigiose competizioni fotografiche internazionali, alla quale ogni anno partecipano fotografi, professionisti e non, con opere che rientrano nelle più diverse categorie tematiche: dalla pubblicità, al cinema e all’architettura, all’editoria, alla natura e alle persone, solo per citare le principali.

Stefania Gentili ha ricevuto la Honorable Mention nella categoria “Book-Documentary non professional” – in tutto solo 6 premiati con questa onorificenza – per il suo progetto di libro fotografico “Mustang – Punto Senza Tempo”: un reportage fotografico accompagnato da brevi testi, che racconta un viaggio condotto nel 2019 nella regione himalayana nepalese del Mustang, con lo scopo di documentare i profondi mutamenti incisi sull’ambiente e sulle popolazioni dal cambiamento climatico.

Abbiamo intervistato Stefania – che è anche una collaboratrice di Mountainblog, e sta lavorando con noi ad un progetto di viaggi esperienziali in Natura – per parlare con lei delle motivazioni che hanno dato origine a questo progetto fotografico e a questo risultato così prestigioso.

D.: Che cosa spinge un fotografo a partecipare a questo genere di competizioni?

R.: l’IPA Photography Awards è un premio fotografico internazionale decisamente prestigioso. La moderna condivisione della fotografia digitale comprende, tra i suoi aspetti positivi, la possibilità di accedere a competizioni di questo genere anche per fotografi non professionisti come sono io.
Nel partecipare a questo tipo di contest, inevitabilmente l’obiettivo è quello di puntare in alto. Personalmente credo che non sia il livello di prestigio della competizione a determinare il lavoro del fotografo, quanto piuttosto l’intensità di intenti con cui si presenta il proprio progetto. Nel mio caso, sento fortemente che i miei lavori fotografici sono un riflesso diretto dei valori in cui credo, di approccio al viaggio, al mio lavoro e a tutta la mia vita. Partecipare ad un contest di questo tipo vuol dire darsi la possibilità di condividere con il resto del mondo questi valori.
Se poi la competizione vanta anche un prestigio significativo come quello di IPA, allora nel momento in cui arriva il riconoscimento si può decisamente affermare di essere sulla giusta strada!

D.: Perché, volendo raccontare fotograficamente i segni del cambiamento climatico, hai scelto il Mustang?

R.: Le remote regioni dell’Himalaya hanno sempre suscitato in me una profonda attrazione dal punto di vista spirituale e culturale. Il Mustang è stato meta di studio di grandi esploratori come Tucci, Peissel, Terzani, solo per citarne alcuni.
Nel 2013, il noto giornalista documentarista Stefano Ardito ha pubblicato il libro “Mustang, Himalaya che cambia” in seguito ad un viaggio in questa regione, in cui racconta la storia delle migrazioni interne a cui interi villaggi sono sottoposti a causa dei cambiamenti climatici e delle condizioni ambientali.
La vita nelle regioni Himalayane si appoggia su delicati equilibri naturali. Luoghi di tale fragilità ecologica risentono più di molti altri delle variazioni globali in atto.
Questo ha suscitato in me un ulteriore interesse, spingendomi ad un livello di studio ancora più approfondito, motivato dalla mia formazione scientifica e naturalistica.

D.: Di che tipo di viaggio si è trattato e come ha influito questo sul tuo lavoro fotografico?

R.: La regione del Mustang è compresa nei confini dell’Area Naturale Protetta dell’Annapurna. L’ingresso è consentito ad un numero limitato di visitatori all’anno e necessita il pagamento di un permesso di ingresso (500$ per 10 giorni più altri 50$ per ogni giorno in più).
Noi abbiamo organizzato il viaggio in modo da percorrere l’intera regione a piedi, risalendo la valle del fiume Kali Gandaki da sud a nord fino alla capitale Lo Manthang per la prima parte del trekking, per poi ridiscendere la valle sulla sinistra orografica e arrivare fino a Muktinath.
Trattandosi di un viaggio di trekking con tappe giornaliere molto lunghe, i tempi per ottenere il materiale documentaristico erano circoscritti e limitati.
Durante le interviste era necessario andare subito al punto delle questioni senza troppi giri di parole, e con la macchina fotografica puntare l’obiettivo e scattare, cercando sempre di cogliere il momento giusto e la condizione giusta.
Nessuna delle fotografie del reportage è stata scattata in condizioni di “studio”, ma solo nelle condizioni ambientali (luci, ombre, disponibilità dei soggetti ecc..) che si presentavano momento per momento.

D.: Perché “Punto Senza Tempo”?

R.: Nel periodo di pianificazione del viaggio, a maggio del 2019, insieme agli altri componenti della spedizione ci siamo trovati per giorni a lavorare sull’itinerario del trekking. Nel tracciare digitalmente i percorsi, ci siamo accorti che le mappe riportavano la definizione “punto senza tempo” in corrispondenza di determinate collocazioni.
Questo tecnicamente avviene perché le tracce GPS sono file composti da una lunga lista di dati, che comprendono le coordinate geografiche dei punti, la quota, la data e l’ora di rilievo. Quando la traccia rilevata non riporta l’indicazione temporale, i punti sulla mappa vengono indicati come “punto senza tempo”.
Per noi, assorti nello studio del percorso della spedizione, questa definizione è apparsa, in maniera molto evocativa, una descrizione perfetta per la meta del nostro viaggio.
E quando ci siamo trovati fisicamente in quel Luogo ne abbiamo avuto conferma. “Punto Senza Tempo” è la perfetta immagine suscitata della suggestiva valle del fiume Kali Gandaki: un luogo in cui gli antichi Gompa tibetani, gli isolati villaggi e gli alti passi ventosi fanno perdere ogni riferimento spaziale e temporale a chi la attraversa…

D.: Che cosa sta avvenendo in quelle remote regioni, in collegamento ai cambiamenti climatici, e che impatto ha sulla vita delle popolazioni locali?

R.: Negli ultimi decenni le regioni Himalayane stanno vivendo al loro interno radicali cambiamenti. In Mustang, in particolare, i fattori di modifiche sono di diversa natura: un tale territorio ricco di storia e cultura millenaria rischia infatti di scomparire, minacciato dall’avanzare della desertificazione e dal turismo di massa. La situazione geopolitica in continuo mutamento mina la sua stabilità, mentre la costruzione di una strada che avrà grande percorrenza, proveniente dalla Cina, ne mette a dura prova l’integrità territoriale.
Da un punto di vista ambientale il punto debole è l’acqua. L’intero territorio si presenta come caratterizzato da un ambiente asciutto, con vegetazione rada. L’unica acqua che scorre in superficie è quella dei torrenti temporanei di scioglimento delle alte nevi, alimentati dalle piogge, che sfociano nel grande fiume Kali Gandaki.
L’aumento globale delle temperature influisce direttamente con l’innalzamento della quota delle nevi perenni e il conseguente abbassamento dei livelli di acqua nelle falde acquifere. Ciò determina lo spostamento geografico delle sorgenti naturali: quelle che si trovano a quote più elevate tendono a prosciugarsi, costringendo interi villaggi ad abbandonare le terre alte per andare alla ricerca delle fonti ancora attive che si trovano a più basse quote.

D.: Quanto hanno influito le testimonianze della spiritualità buddista locale (penso ai monasteri che avete visitato) sulla tua percezione di ciò che fotografavi?

R.: La spiritualità è parte integrante della vita quotidiana delle persone che vivono in questa regione. La sua storia religiosa affonda le radici nella tradizione Bon prima che Buddhista.
Il Mustang è stato per anni un Regno chiuso ai visitatori e questo ha permesso a innumerevoli antiche tradizioni, così come all’arte tradizionale religiosa, di sopravvivere inalterate lontano dalla modernità e all’occidentalizzazione.
È un Luogo intriso di storie e leggende, di racconti delle imprese di grandi santi (il Guru Rinpoche, Padmasambhava, avrebbe sconfitto qui il demone che assillava l’altopiano del Tibet), in cui saggi del calibro di Milarepa si ritirarono per meditare.
Ogni pietra respira il respiro più sottile della Terra che aspira al Cielo, con la sua aria rarefatta di altopiano sormontato dai Giganti.
Ogni passo calcato al ritmo con il respiro lento e costante, è espressione dell’incessante suono del sacro Mantra Om Mani Padme Hum, inciso sulle pietre Mani scolpite da artigiani di tutti i tempi.
Tutto questo è quasi invisibile, ma palpabile. La fotografia qui non può che diventare espressione della spontaneità creativa che si innesca quando lo sforzo intellettuale e mentale sono messi da parte e rimane semplicemente un essere nel momento.

D.: Il viaggio è cambiamento e da un viaggio si torna sempre diversi: che cosa ti ha lasciato questa esperienza, sia personalmente che professionalmente come fotografa?

R.: L’atto del fotografare induce in me un profondo senso di Presenza. Uno stato d’essere non alterato dai condizionamenti mentali. Questo senso di pienezza è stato ampiamente appagato dall’esperienza vissuta in Mustang, complice l’intensità spirituale del Luogo e il mio intenso percorso di ricerca e crescita spirituale in cui sono immersa da anni.
Era il viaggio che desideravo da una vita. Era la meta che mi chiamava a gran voce.
Ho portato tutta la mia Anima e il mio Cuore in ogni singolo scatto effettuato.
Aver ricevuto questa Onorificenza da uno dei più importanti concorsi fotografici internazionali mi permette di pensare che il salto professionale nel campo della fotografia sia possibile non tanto grazie alle competenze tecniche acquisite o all’equipaggiamento che possiedo, quanto piuttosto alla capacità di essere presente con il Cuore e di sentire profondamente ogni singolo progetto a cui in futuro deciderò di lavorare.

>Stefania Gentili Photography >

Intervista di Andrea Bianchi – Mountainblog

La spedizione “Mustang – Punto Senza Tempo” effettuata nel 2019 e da cui è nato il reportage di Stefania Gentili è stata il risultato dell’impegno di un gruppo; questi i componenti del team di spedizione:

  • Mauro Cappelletti – Guida Ambientale Escursionistica AIGAE e Guida della Riserva Naturale Monti Navegna e Cervia;
  • Stefania Gentili – Fotografa, Guida Ambientale Escursionistica AIGAE e naturalista freelance;
  • Dario Gentili – Antropologo culturale;
  • Federico Agostinelli – Guida Ambientale Escursionistica AIGAE e Guida della Riserva Naturale Monti Navegna e Cervia;
  • Laura Amori – Appassionata di trekking e cammini;
  • Giovanni Negro – Camminatore e Pilota di parapendio.