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17 Ottobre 2017

Alpinismo e Spedizioni · Vertical · Resto del Mondo

Jost Kobusch racconta la prima assoluta in solitaria del “Nangpai Gosum II” (7296 m) per

Jost Kobusch in vetta al Nangpai Gosum II

L’alpinista tedesco, 24 anni, ha firmato la salita in stile alpino e senza ossigeno della quinta vetta, ancora inviola, più alta del mondo in Nepal, nell’area del Cho Oyu. Ecco il suo racconto della salita

Il Nangpai Gosum II (7.296 m) o Nagpai Gosum II come riportato da testate nepalesi,  è un picco situato nella zona di confine tra il Nepal e la Cina. E’ la cima centrale delle tre che costituiscono il Nangpai Gosum, la cui vetta principale di 7.351 metri è meglio conosciuta come Jasemba (ufficialmente, Pasang Lhamu Chuli). La terza, la cima Sud, sale fino a 7.240 metri. Il Nangpai Gosum II era fino ad ora la quarta montagna più alta del mondo, ancora inviolata.

Il tedesco Jost Kobusch, di soli 24 anni, ha compiuto la prima salita assoluta di questa vetta, il 3 ottobre e, inoltre, lo ha fatto in solitaria e senza ossigeno.

La notizia l’abbiamo già data il 12 ottobre scorso. Ora pubblichiamo  il racconto di Kobusch dell’impresa:

“Il Nangpai Gosum II, quarta montagna più alta del mondo ancora inviolata, è stata tentata in precedenza da un team di guide alpine francesi, ma senza successo a causa di condizioni troppo secche e di frequenti frane di pietra.

arch. Jost Kobusch, Nangpai Gosum II

Il 12 agosto ho lasciato la Germania per il Nepal e sono arrivato al campo base, dopo l’acclimatazione, il 5 settembre per tentare  la salita in solitaria di questa vetta tecnica. Durante le settimane successive, ho portato il mio carico (compresi 500 metri di corde) sulla montagna. L’idea era di fissare le corde nei passaggi più tecnici, da fare solo una volta e che mi avrebbero permesso una rapida discesa in caso di maltempo o lesioni. Il 25 settembre ho cercato di montare  in Campo 2, il punto più alto raggiunto dalla spedizione francese , a circa 6.600 metri.

Uno dei problemi di questa via è che si tratta di una parete sud e quando il sole è alto il ghiaccio si scioglie rapidamente sul granito, cosa che rende la salita difficile ed espone a frane di pietre. Per contro, se nevica, cadono regolarmente valanghe sull’itinerario. Durante l’ascesa ho scalato una parete di ghiaccio di 80° a circa 6.300 metri di altezza, in quanto ho trovato condizioni molto asciutte in cima, rivelatosi un collo di bottiglia. L’unico modo per continuare era quello di superarlo, ma il ghiaccio era troppo sottile e fragile e finiva in pietra liscia. 

Il sole era così forte che si scioglieva tutto sotto le mie piccozze. Ho deciso di rientrare a causa delle condizioni. Mi sono sentito molto più sicuro quando ho scalato l’Annapurna (8.091 m), considerata una delle montagne più pericolose. In piena notte, ho raggiunto il Campo 1 (6.100 m),  le corde erano state tranciate da una grande frana di pietre. Sono stato colpito anch’io diverse volte dai sassi  ma per fortuna non sono rimasto seriamente ferito … che giornata!

Tornato al campo base, il cuoco e il suo assistente si preparavano a lasciare la zona, ma non potevo lasciarli andare finché non avessi provato tutto. Così ho deciso di tentare un percorso alternativo nel mio stile preferito: in solitaria, leggero e veloce. Ho iniziato nuovamente il 30 settembre e ho lasciato la maggior parte della mia attrezzatura alla base della montagna. Ho preso una corda leggera da usare in caso di salvataggio con elicottero e ho cominciato a salire alle 3:00, quando cadevano meno valanghe. Sono salito dal mio campo base avanzato (5.600 m)  e attraversato il campo 1 (6.400 m), da dove ho raggiunto il campo 2 (6.840 m) il giorno successivo. Da qui, ho iniziato la salita alle 22:00, scalando di notte, fino a raggiungere la parte sommitale dove  ho lottato con la neve fresca, profonda quasi fino alla vita. Ho raggiunto la vetta il 3 ottobre alle 10:25 della mattina. Il vento a oltre 60km/h  non mi ha permesso di fermarmi tanto in vetta.

Quando sono rientrato al Campo Base, ho scoperto che tutti erano andati via; e che il fotografo Raphael Schardt mi stava aspettando in una  tenda.