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11 Marzo 2019

Alpinismo e Spedizioni · Vertical · Resto del Mondo

L’albanese Uta Ibrahimi tenterà la Sud del Lhotse con Hong Sung Taek

arch. Uta Ibrahimi

E’ stata la prima albanese del Kosovo a scalare l’Everest ed ora sta lavorando ad un nuovo progetto: il primo tentativo di risalita della parete Sud della quarta montagna più alta del pianeta, attraverso una variante della via Kukuczka

Una telefonata dell’alpinista-esploratore Hong Sung Taek,  della Corea del Sud, convince l’albanese del Kosovo Uta  Ibrahimi ad accettare un progetto comune sul Lhotse (8.516 m): il primo tentativo di risalita della parete Sud attraverso una variante della via Kukuczka. La via prende il nome dal celebre alpinista polacco Jerzy Kukuczka  che perse la vita proprio su quella via il 24 ottobre 1989: precipitò a 8.200 metri di altezza, a causa della rottura di una corda.

Uta Ibrahimi è stata la prima alpinista albanese del Kosovo a scalare l’Everest.

Per il coreano si tratta del sesto tentativo sulla stessa parete: nel 2017, rinunciò a 200 metri dalla cima.

Ibrahimi durante la spinta verso la cima dell’Everest. Foto: arch. Uta Ibrahimi

La difficoltà del percorso si trova principalmente nel muro di ghiaccio di 3.300 metri, con una pendenza a tratti quasi verticale. A questo vanno  aggiunte le condizioni climatiche, quasi sempre proibitive,  e l’alto rischio di valanghe e caduta di massi.

Spiega Ibrahimi: “La via Kukuczka non è mai stata scalata ed è considerata una delle vie più difficili dell’Himalaya. Soprattutto nell’ultima sezione, dai tre ai quattrocento metri, scali in verticale. È anche rocciosa, il che la rende più complicata perché si tratta di scalare su misto.

Alto il rischio di valanghe, oltre a quello della caduta di massi. Tutte le persone che hanno perso la vit [su questa via] sono morte a causa di una valanga o della caduta di massi. L’ultima volta che Hong ha tentato questa via, è quasi morto a causa di una valanga!” – conclude l’alpinista.

Parete Sud del Lhotse: la via che tenterà Ibrahimi con i suo compagni di scalata. Foto: arch. Uta Ibrahimi

Di seguito vi proponiamo l’intervista a Ibrahimi pubblicata dalla rivista Rock and Ice:

Il Kosovo ha recentemente festeggiato il suo 11 ° anniversario il 17 febbraio. La sua popolazione è incredibilmente giovane: il 70% della popolazione ha meno di 35 anni. Che cosa significa per un paese così giovane e per te fare queste imprese in montagna?
Quando sono partita per l’Everest, il mio preparatore e sostenitore, Xhimi Begeja, ha detto: “Stai portando avanti un progetto che non appartiene solo a te, sarà qualcosa di molto, molto più grande.” Sì, sto facendo un Ottomila, è un grande progetto, ma non è un progetto così grande, perché ci sono state tante persone che lo hanno già fatto. Ma essendo la spedizione di un piccolo paese, senza molta esperienza in alpinismo, questo non riguarda solo me,  riguarda il mio paese.Nel 2016, quando sono andata all’ufficio permessi per scalare in Nepal, il Kosovo non faceva parte dell’elenco dei paesi accettati [nessuno ci aveva mai scalato prima]. Questa era la prima volta che la bandiera del Kosovo saliva in cima al mondo.

Ho dovuto affrontare tante sfide in quanto donna, soprattutto per fare alpinismo. Ci sono barriere:  “le montagne non sono proprio per le ragazze”, ed è difficile raccogliere fondi. Mi è stato detto, “Perché dovrei contribuire a finanziare il tuo hobby?”

Fortunatamente ho incontrato Xhimi Begeja, che faceva parte della prima squadra albanese sull’Everest, e che voleva organizzare una spedizione con donne provenienti dal Kosovo e dall’Albania. Siamo arrivati in cima all’Everest nel 2007,  siamo stati la prima squadra del Kosovo a farlo.

Quindi cerco di spingere altre donne, non solo a diventare alpiniste, ma a raggiungere i loro obiettivi. Di recente sono stata premiata delle Nazioni Unite per obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) e per il lavoro sull’uguaglianza di genere e per le questioni ambientali nei Balcani, oltre che per la diffusione di questi principi.

Stai raddoppiando sul Lhotse – hai scalato la montagna per la prima volta nel 2018. Perché ritornare?
Nel novembre del 2018, ho scalato l’Ama Dablam (6.812 metri). Per acclimatarmi a quella salita, ho scalato l’Island Peak (6.300 metri). Abbiamo passato 30 minuti lì, fotografando la parete Sud. Ho pensato, “Wow, questa è una parete meravigliosa.”, ma mai avrei pensato di ritornarci per scalarla, è molto al di là del mio livello.

Quando Hong mi ha contattata [all’inizio di quest’anno], ha detto: “Vorremmo che tu fossi nel nostro team”. Ho pensato, “Huh, forse questa è una buona occasione per alzare il livello… Perché questo è  un progetto di un livello completamente superiore. ”

Non sia ha sempre l’opportunità di scalare con professionisti  come Jorge [Egocheaga], che ha salito vette di 8000 metri e Luo Jing, una donna cinese che ha chiuso l’anno scorso tutti e 14 gli 8000 e un alpinista esperto come Hong.

In un gruppo di soli nove scalatori, dobbiamo fare di tutto, lavorare su  corde fisse, trasportare le nostre tende, prepararci il cibo, sarà dura, ma sarà un livello diverso di scalata, qualcosa che ho sempre voluto fare fin dall’inizio, ma che non avevo agganci per realizzare [finché non ho iniziato a scalare gli 8000].

Per arrivare in vetta, abbiamo bisogno di una  finestra ampia, bel tempo per cinque giorni. Dobbiamo essere davvero fortunati ad avere cinque giorni di fila di bel tempo.

La spedizione sulla Sud del Lhotse si svolgerà da marzo a maggio 2019.