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6 Giugno 2016

Alpinismo e Spedizioni · Vertical

SUL MASSICCIO DEL MONTE BIANCO CON PATAGONIA: diario di un product test ad alta quota (seconda parte)

Il nostro Francesco Russo ha partecipato ad un product test di Patagonia sul massiccio del Monte Bianco in una tre giorni di attività ad alta quota. Ecco il diario della sua esperienza che pubblicheremo in tre puntate: dopo la prima (che trovate a questo link), ecco la seconda.

FOTO 2

Neve. Vento. Freddo. Le nuvole avvolgono tutto ciò che ci circonda e rendono il paesaggio spettrale. I fiocchi cadono fitti come nelle migliori nevicate di pieno inverno. Sento Matt Helliker che mi comunica di scendere per circa un centinaio di metri e poi prendere il nevaio sulla nostra sinistra: siamo a Les Grands Montets.

Ore 6. Vi è mai capitato di svegliarvi immediatamente e pieni di energia? Ecco, questa è una di quelle mattine in cui mi sento così ed ho un sorriso a 360 denti stampato sulla faccia: dev’essere la voglia che ho di andare sul Bianco e scalare! Il tempo purtroppo non è dei migliori ma lo staff decide di partire lo stesso. Destinazione Les Grands Montets.

Usciti dalla funivia indossiamo imbrago, ramponi e ci leghiamo in conserva (Esistono diversi tipi di progressione in conserva: a seconda delle difficoltà tecniche e della lunghezza dei tratti da percorrere o superare si possono consigliare le seguenti progressioni: 1) conserva corta: terreno facile su neve e roccia; 2) conserva media: tratti rocciosi e creste di moderata difficoltà; 3) conserva lunga: facili pareti di neve o di ghiaccio, ampie creste, successioni di gradoni. Generalmente si effettua con movimento simultaneo di tutti i componenti della cordata legati assieme con distanza variabile 3/10 metri (corta- media – lunga). La cordata da tre è un buon compromesso tra sicurezza e velocità. Nei punti più pericolosi si può optare per la progressioni a tiri. Può essere utile la costruzione di nodi a palla a distanza variabile da ogni componente. La corda deve essere il più possibile tesa quando si procede e con piccozza alla mano o a portata di mano per qualsiasi evenienza.)

Come guida, io e il mio compagno di cordata Corey Simpson (PR Manager Usa per Patagonia) abbiamo Matt Helliker (Alpinista Inglese/Francese). Dietro di noi un’altra cordata sarà condotta da Zoe Hart (Alpinista Americana/Francese). Sono due fortissimi alpinisti e non mi sembra vero poter arrampicare con loro.

Ci incamminiamo verso NORTH WEST RIDGE OF THE GRAND MONTETS (Difficoltà della via: PD. Via prevalentemente di roccia con passaggi di misto. Roccia sempre eccellente. Grado di difficoltà III+) dove, arrivati vicino alla parete, Matt incomincia a scalare sotto una forte nevicata.

E’ impressionante come le condizioni del tempo possano far sembrare e rendere una semplice scalata difficile. Mentre Corey fa sicura a Matt guardo le raffiche di vento spazzare via la neve dai pendii della montagna. Dentro di me mi accorgo che questa situazione in cui la natura fa da padrona mi piace. E’ una sensazione strana da spiegare ma sentirmi piccolo in questi momenti mi esalta. La parete che decidiamo di scalare non presenta grosse difficoltà alpinistiche ma per me qualsiasi arrampicata è vissuta come una grande avventura. Tocca a me. Il vento continua forte a sferzare la roccia granitica del Bianco. La neve nasconde le fessure che la mia piccozza, quasi come giocasse a nascondino con la roccia, deve cercare faticosamente. Ho le mani ghiacciate e arrivato alla prima sosta mi accorgo che ho la piccozza in mano ma non sento forte la mia presa. Mi è già capitato altre volte perciò non sono preoccupato e mentre Matt riprende a scalare, incomincio a muovere e sbattere le mani sapendo che presto sentirò un forte bruciore ma che almeno riprenderò la sensibilità.

 

FOTO 3Al terzo tiro siamo in un passaggio chiave dove fatico non poco a superare un salto di 4 metri di roccia. Le punte del rampone sinistro sono salde in una fessura e quasi come un equilibrista cerco la posizione ideale per spostare il mio peso e allungarmi con la mano destra dove il mio sguardo ha individuato una crepa nella roccia. Dopo qualche tentativo riesco a bilanciare il mio peso e a spingere con la gamba sinistra per allungarmi fin dove la mia mano potrà avere presa sulla roccia. La mano si tende e tac, con mio rammarico la fessura mi ha ingannato. Dal basso sembrava avere uno spazio profondo per poter saldamente posare la mia mano mentre a malapena riesco a infilare il primo centimetro di guanto. Sono bloccato.

Non riesco più a ritornare indietro e sono in equilibrio solo sul piede sinistro. Come non dovrebbe capitare in quei momenti la mia mente non riesce a ragionare e mi fisso solo sul movimento appena fatto. Dentro di me penso “cavolo, mi dovrò far tirare su se non mi sbrigo a passare”. Ritento riprovando il movimento ma il risultato è il medesimo: la fessura non accoglie la mia mano.

Poco dopo sento la voce di Zoe che mi dice qualcosa. Il vento non mi permette di capire bene. Sono fermo. Zoe ritenta e sento: mi consiglia di portare il piede destro in spinta sulla parete mentre con la mano sinistra di cercare di sfruttare un micro appiglio che non avevo notato appoggiandomi appena. Mi devo fidare. Tento. Non so se avete mai arrampicato ma questi sono quei momenti in cui la tua mente cerca di comunicare ad un determinato muscolo di spingere ma quello non si muove quasi non fosse il tuo. Come fossi paralizzato cerco di spingere con la gamba e il braccio ma questi non ne vogliono sapere di farlo.

“Dai Fra” mi dico. “Forza”. Improvvisamente riprendo il controllo del mio corpo e di ogni suo muscolo e mi trovo subito a spingere e ad alzarmi in parete. Aveva ragione lei. Il movimento mi viene fluido e l’arrampicata prosegue tra creste e salti di rocce, mentre il cattivo tempo ormai è un compagno instancabile.

Arrivati in vetta attendiamo la cordata di Zoe per farci i complimenti e ringraziare la montagna per la bella arrampicata. Scattiamo due foto e via, dritti verso il rifugio.

FOTO 4

FOTO 5

FOTO 6

In montagna ho imparato una cosa molto importante che cerco di tenermi ben stretto anche nella vita: non è importante il raggiungimento della cima ma lo è trovare quello che cerchi durante la scalata. Quando credi, ti impegni a fondo e dai tutto te stesso per una cosa (non solo riferito ad una cima) penso che comunque vada, uno abbia già vinto in partenza. Non fraintendetemi: arrivare in cima è bellissimo. Ma ciò che ti lascia dentro tutta l’arrampicata (la fatica, le risate con i compagni, le chiacchiere, il timore di non riuscire e lo stupore nel vedere quello che stai facendo, ecc..) penso lo sia di più.

Rientrati in Albergo ci confrontiamo un po’ sulle varie vie fatte e sui materiali. E’ bello come la serata prosegue tra risate quasi fossimo una grande famiglia. Altra cosa bellissima della montagna: unisce. Domani ci aspetta l’Aiguille du Midi. Non vedo l’ora. Buonanotte.

(continua…)

Francesco Russo – MountainBlog.it