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19 Novembre 2020

Alpinismo e Spedizioni · Vertical · Cultura · Resto del Mondo · Corbaccio · Narrativa

Emilie Brouze, Bérénice Rocfort–Giovanni

L’ultima sfida

Gli ottomila d'inverno

Himalaysmo invernale: l’ultima sfida dell’alpinismo

«C’è qualcosa nell’animo umano che ci spinge all’esplorazione, ad andare alla scoperta dell’ignoto. Per farlo bisogna avere un animo da esploratore… Mi sono innamorato dell’inverno: in questo momento, in questa stagione, puoi vedere e ascoltare la montagna come mille anni fa.» Simone Moro

«E’ difficile far parlare un alpinista, ci avevano avvisato. Per scoprire le ragioni che li spingono lassù, non bisogna essere troppo diretti. Chiedere ‘perché?’ non porta a niente. Per capirli bisogna aggirare la ‘via normale’, osservarli, interrogare chi gli sta intorno. Se anche abbiamo trovato dei tratti in comune, ben presto abbiamo dovuto arrenderci all’evidenza: non esiste un’unica risposta a questa domanda. Attraverso l’esperienza dell’alta quota e delle condizioni estreme per il corpo e per la mente, queste persone si sentono vive o dimostrano di esserlo. Si cercano, si distinguono, placano la loro ansia o il loro disagio, si sentono libere.»

Alpinismo invernale. È la ricerca del limite definitivo, nelle condizioni più estreme per il corpo e per lo spirito. Solo una manciata di alpinisti è abbastanza forte da salire a più di 8000 metri di altitudine con temperature che scendono a 50 gradi sotto zero e venti che soffiano a 150 chilometri l’ora. È la prova suprema, è l’ultima frontiera, l’ultima sfida. Il recupero spettacolare di Élisabeth Revol sul Nanga Parbat a 8125 metri nel gennaio 2018 daparte di Denis Urubko e Adam Bielecki, così come il tentativo di salvataggio di Daniele Nardi e Tom Ballard del 2019, hanno portato alla ribalta dei media una pratica ancora poco conosciuta: l’himalaysmo invernale. Ma chi sono gli alpinisti che si dedicano a questa disciplina oltre ogni limite? Quali sono le motivazioni che li spingono e qual è la storia di questo modo di fare alpinismo? Pochi osano avventurarsi in Himalaya durante la stagione più ostile. E moltissime, per contro, sono le tragedie avvenute. Grandissimi alpinisti, come Anatolij Boukreev, Jean-Christophe Lafaille, Tomasz Mackiewicz, non sono mai più tornati indietro. Eloquente è la testimonianza dell’italiano Simone Moro, una delle figure di punta dell’alpinismo invernale, così come affascinanti sono i dialoghi con la Revol e i suoi soccorritori, instancabili «Guerrieri del ghiaccio», come sono stati definiti gli alpinisti polacchi, specialisti dell’inverno.

Attraverso una minuziosa ricerca e interviste ai protagonisti diretti (come, ad esempio, Krzysztof Wielicki e Leszek Cichy, che per primi hanno salito un ottomila in inverno, l’Everest, ma anche la stessa Revol, Moro, e altri ancora), le autrici hanno deciso di entrare in questo universo insensato, restituendo un libro che si rivolge a tutti coloro che sono affascinati da questi «conquistatori dell’inutile».

“L’ultima sfida. Gli ottomila d’inverno”, di Emilie Brouze, Bérénice Rocfort–Giovanni, è in libreria per Corbaccio.

Gli Autori

Émilie Brouze è nata nel 1988 nell’Alta Savoia, vicino a quelle montagne che ha presto imparato a conoscere nelle sue passeggiate domenicali. Laureata in giornalismo a Grenoble, lavora nella redazione parigina di Rue89 e dell’Obs.

Bérénice Rocfort-Giovanni è nata nel 1984 a Enghien-les-Bains (Val d’Oise). Laureata in giornalismo alla Sorbonne, lavora dal 2006 al Nouvel Observateur. La sua passione per la montagna è nata dopo aver letto il bestseller di Jon Krakauer, Aria sottile.


L’ultima sfida

Autore: Emilie Brouze, Bérénice Rocfort–Giovanni

Editore: Corbaccio - Milano - 2020

Pagine: 162

Prezzo di copertina: € 18


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