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6 Agosto 2013

Trail&Sky Running · action · corsa in montagna · Tor des Géants · trail · Valle D'Aosta · volontari · Running · Trail Running

TOR DES GEANTS Dietro le quinte, 1500 volontari

Per qualcuno il Tor des Géants® è un’esperienza che dura un anno intero. Per gli atleti, che si preparano correndo e allenandosi, ma anche e soprattutto per i volontari. Sono 1500 le persone che si attivano per una gara definibile essa stessa come “gigante”. In questo caso parlare di “macchina organizzativa” non rende sufficientemente l’idea: i volontari non sono solo parti di un ingranaggio, per quanto perfetto, ma persone che dedicano tempo e passione alla manifestazione, impegnandosi per mantenere uno standard qualitativo e di sicurezza che difficilmente ha eguali. Lontano da numeri e statistiche, anche loro sono l’anima del Tor. Nulla può essere lasciato al caso: ognuno dei 700 atleti in gara deve essere seguito lungo l’intero percorso di 330 km, che abbraccia tutta la Valle d’Aosta snodandosi lungo i sentieri di montagna.

Il racconto di chi lavora dietro le quinte è appassionante, anche se è difficile riassumere un’esperienza tanto travolgente in poche parole. Piero Bordon, veterano del Tor fin dalla prima edizione, responsabile dei volontari, è un po’ il direttore d’orchestra. I “musicisti” vengono reclutati in ogni comune, sono persone che con entusiasmo si mettono a disposizione, seguendo anche le proprie inclinazioni. “C’è tutta la Valle d’Aosta dietro il Tor des Géants®” racconta Piero Bordon. “C’è chi lavora prima della gara, organizzando gli ordini e stipando i materiali, chi prepara i rifugi, i bivacchi, le basi e i punti di ristoro, chi sistema le bandierine della gara, gli striscioni, le transenne, chi consegna i pettorali, chi prepara le sacche. Basta pensare anche solo al cibo, che va ordinato e portato nelle giuste quantità in ogni base o punto di ristoro: servono 2500 pasti al giorno, per i corridori, i volontari, le guide, la croce rossa. Anche i sentieri devono essere controllati, sia quelli attraversati dalla manifestazione, sia quelli di riserva, utilizzati per le emergenze. Se una frana rende inagibile un sentiero, o se il maltempo imperversa, la gara non si interrompe, ma prosegue a quota più bassa, su un percorso alternativo. I tracciatori controllano i percorsi e posizionano le bandierine gialle catarifrangenti sufficientemente vicine per poter essere notate in ogni punto del percorso. Abbiamo scoperto che camosci, mucche e stambecchi le considerano una leccornia, perciò i volontari salgono nuovamente a controllare che tutto sia pronto a ridosso del passaggio degli atleti. Durante la gara la tensione è massima. C’è chi accoglie gli atleti in corsa, nei punti di passaggio o di sosta più o meno attrezzati, mantiene i collegamenti radio, si assicura che non manchi nulla, e che nulla sia di troppo. Il quartier generale è vicino alla sede della protezione civile, da lì è possibile seguire via radio tutti i punti della gara, e sapere dove si trova ogni singolo corridore. Intanto, in questo modo, siamo sempre accanto ai corridori, come presenza discreta e necessaria. In condizioni tanto estreme si stringono legami forti, tanti ci chiedono di aspettarli al traguardo, Per questo all’arrivo, a Courmayeur, ci sono sempre così tanti volontari”.

Riccardo Taolin ha seguito da volontario le prime tre edizioni della manifestazione. “Ero appena arrivato in Valle d’Aosta, sono appassionato di corsa, cercavo un modo per continuare a vivere in quell’ambiente. E ho trovato molto di più di quello che pensavo” racconta. “Il mio coinvolgimento è andato crescendo, il primo anno accoglievo i corridori al Bertone, il secondo ho lavorato alle partenze, il terzo ho seguito sia la questione del vettovagliamento, con la distribuzione del cibo in tutte e 34 le postazioni, sia, durante la gara, il trasporto delle sacche. Assieme ad altri due volontari abbiamo portato su e giù ininterrottamente i borsoni dei partecipanti, con tre pullman, arrivando a fare 1500 km ciascuno in una sola settimana, girando tutta la Valle. Per me il momento più emozionante è la partenza: tutta la tensione accumulata si scioglie al via, finalmente si parte, l’avventura ha inizio”.

Anche Daniele Mombelli non nasconde l’entusiasmo. Lui copre un ruolo delicato, quello di “scopa”. Non si tratta di ramazzare i pavimenti dei rifugi, tutt’altro. “Seguiamo gli ultimi concorrenti, tappa dopo tappa, metro dopo metro, siamo i loro compagni di strada. Se qualcuno ha dei problemi siamo lì per fornire pronta assistenza, se un concorrente si ritira ci occupiamo di lui. I corridori ci chiamano angeli custodi”. Non è retorica, come spiega Daniele. “Sono tanti 330 km, le persone sono stravolte, dobbiamo essere un po’ psicologi, capire come motivarle, intuire quando hanno bisogno di silenzio per concentrarsi e quando invece cercano qualcuno con cui parlare. Per lo più anche noi siamo corridori, quindi sappiamo cosa stanno passando. Ricordo con grande emozione quando l’anno scorso abbiamo accompagnato Francis De Stefani, un italo-francese, 67 anni, l’ultimo finisher. Abbiamo parlato e scherzato moltissimo, ci descriveva in diretta le allucinazioni dovute alla fatica, alla stanchezza, vedeva i nostri visi cambiare colore. Quando ha tagliato il traguardo, acclamato dalla folla, beh, le lacrime sono scese anche a noi. Siamo un bel gruppo di amici, e vedere dei ragazzoni ben piantati piangere all’arrivo è incredibile. E’ tanta l’emozione che ci investe in quei momenti che le parole non sono sufficienti a descriverla”.

Sono sempre le scope ad assicurare che dopo il passaggio dei concorrenti la montagna riacquisti i suoi spazi: tolgono tutto, bandierine, materiali, resti di qualsiasi tipo. Chi invece attende i corridori nelle basi vita e nei vari punti ristoro assiste ad una sfilata continua di volti, persone, storie, immerso in una babele di lingue. Non importa la nazionalità o l’età degli atleti, le necessità sono le stesse per tutti: cibo, acqua, riposo, ma anche uno sguardo, un sorriso, una voce amica. Attraverso il Tor de Géants® si torna all’essenziale, alla base sicura dei rapporti umani, alla solidarietà concreta e alla fratellanza istintiva che unisce chi vive un’avventura collettiva estrema ma al contempo – incredibile a dirsi – alla portata di molte persone. Chi passa attraverso questa esperienza, una settimana lunghissima e brevissima allo stesso tempo, non è più lo stesso di prima.

Info: www.tordesgeants.it

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