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4 Agosto 2011

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INCONTRO CON ALBERTO GNERRO Christian Roccati intervista "Mister 9a"

L’estate 2011 sembra non dare spazio alla scalata dei grandi, con il tempo instabile che continua ad imperversare. Eppure, mentre molti si lamentano, alcuni grandi nel silenzio continuano a scalare e realizzare.

Oggi parliamo con Alberto Gnerro, uno dei “mister 9a” italiani, classe 1969, nato a Cossato nel biellese.

Da quando vai in montagna?
Arrampico dal maggio 1986

Come hai iniziato?
Con un corso del CAI di Biella

Da quanto pratichi l’arrampicata?
Ho Iniziato nell’ Aprile dell’ 86 al termine della stagione di gare di sci

Ricordi la prima volta che hai arrampicato?
La prima volta che arrampicai fu a Finale. A Cucco [Finale Ligure n.d.i.] con un corso del Cai. Semplicemente fantastico. Il Pittore fu la prima via …buco mano dx, piede destro alto e bilanciameno esterno con la gamba sinistra. Con un gesto che ancora oggi si fa vivo nella mente mi resi conto di essere entrato in un’altra dimensione

Quanto ti alleni e quanto e come ti sei allenato al massimo?
Ho iniziato fin da subito ad allenarmi. Provenendo da altri sport di competizione sapevo che per raggiungere certi obiettivi l’allenamento era la base. Le prime esperienze di allenamento dall’86 al 91 si basavano solo su lunghe sedute al trave e scalata durante il fine settimana. Se ripenso oggi riesco ancora a focalizzare quel tipo di motivazione che hai solo nei primi anni.
Poi nel 1991 costruisco il classico muro casalingo in un locale a casa mia. L’allenamento inizia a cambiare. Posso curare in maniera più specifica il gesto e la resistenza. Il trave e gli esercizi sulla forza pura rimangono comunque la base per me. Nel 1994–95 arrivo a tirare 84 kg sulla tacca da 2 cm…

Quali sono le tue più grandi prestazioni?
Ne ho fatte diverse e compararle è dura. Quella che amo più raccontare ritornando al periodo che oserei dire furioso e nell’estate ’89, quando partendo da casa mia al mattino mi recai a Briançon, salii due 7c e un 8a a vista dopodichè mi diressi nello stesso giorno verso Céuse per completare la giornata. Salii il sentiero come un cane in cerca della sua preda e mi feci tre 7c+ a vista. Giornata piena per me, molto dura per il mio compagno di cordata.

Di cosa vai più fiero?
25 anni di scalata al massimo , la mia costanza alle volte un po’ anomala, il sacrificare il proprio tempo per se stesso e gli altri per aprire nuove vie sono le cose che porto dentro con fierezza. Soprattutto chiodare e scoprire lasciando un segno del proprio passaggio. Purtroppo oggi pochi si dedicano a questo. Io chiodai la mia prima via con il piantaspit dopo pochi mesi dall’inizio della mia avventura.

Hai dichiarato che rimanesti folgorato nel 1986 dalla vista di Edlinger? Cosa ti colpì di lui?
Il mio narcisismo più di ogni cosa fu quello che mi fece iniziare. Non potevo dire di amare la scalata visto che non la conoscevo. Con quel film quella sera scoprii una cosa che non avevo mai visto e non potevo dire se mi sarebbe piaciuta. Ciò che mi attiro fin da subito fu il fisico del Biondo. Se per diventare cosi dovevo scalare… avrei scalato. Il resto venne da sé.

Cos’ha rappresentato per il verticale Edlinger?
Edlinger fu il mito per eccellenza. Fece cose straordinarie e soprattutto le fece per primo. Non era ben amato dai garisti dell’ epoca, ma a Bardonecchia 86 tutti dovettero inchinarsi più che alla vittoria al suo coraggio di mettere tutto in gioco. L’ ho sempre ammirato per questo come non ho ammirato alcuni che non hanno avuto il coraggio di tale gesto, ma hanno sempre vissuto del misticismo che gli altri gli addossavano.

Qual è il tuo più grande mito?
Per rispetto delle proprie scelte rimarrà sempre lui…


Sei conscio di essere tu un mito ed un punto di riferimento per altri?
Non so se sono un mito… Credo che il mito più che per i risultati è riconosciuto per ciò una persona riesce a diffondere e trasmettere. Se ho trasmesso qualcosa di positivo e sono un mito ben venga. Mi fa piacere…anche se so che alle volte con le mie idee sono stato un personaggio un po’ scomodo, ma sono dell’idea che nel bene o nel male, essere sulla bocca degli altri ti dice che non sei indifferente.

Prima delle scalate praticasti lo sci: è ancora una tua passione?
La mia passione per lo sci era riservata alle gare. Ho smesso per 17 anni per poi riprendere nuovamente qualche anno fa, nuovamente con spirito competitivo. Sciare in pista non mi da più alcuna soddisfazione. Passare in mezzo ai pali, cronometro alla mano è tutt’altra sensazione. Se vogliamo si avvicina anche un po’ all’arrampicata dal punto di vista della concentrazione e della decisione.

Hai mai fatto sci-alpinismo?
Ho fatto un po’ di sci alpinismo, ma solo di riflesso, essendo legato ad una persona che al tempo aveva quella passione.

Hai avuto stimoli o miti nell’ambito dello sci?
Stenmark e Tomba. Due opposti praticamente. Taciturno e un po’ più simile a me il primo, espansivo e divertente per le sue battute il secondo. Di Tomba mi piaceva la freddezza, la sua potenza e la capacita di sollevare polveroni e critiche. Veramente un grande, criticato ed amato da molti allo stesso momento.

Hai fatto anche alpinismo?
Nessuna esperienza in questo ambito a parte qualche via lunga sul Bianco. Non mi interessa. Il mio sogno verticale è legato principalmente alla parte mentale ed atletica di questo sport.

Tempo fa ALP mise a confronto la tua figura con quella di “Gnaro” Mondinelli: cos’hai pensato a riguardo?
Devo dire che mi ha fatto piacere avere un face off con un personaggio di cosi grande levatura. In effetti ci sono delle similitudini. Siamo due trattori che usano arti diversi. Lui lavora di grande gamba e io di braccio, ma alla fine due persone che nella fatica ritrovano se stessi. D’altronde ciò che io dico sempre e che alcune persone hanno una necessita viscerale di faticare per sentirsi vive.

Quante vie hai aperto e quante ne hai chiodato?
Ho iniziato a chiodare fin da subito e precisamente nell’estate dell’ 86. Non ho tenuto il conto delle vie aperte, ma ciò che conta e che ho aperto vie che oggi sono un riferimento.
Sicuramente ho aperto moltissime vie di grado 8, alle volte anche scavando in posti dove fare un buco ti costa un enorme fatica. Purtroppo questa pratica oggi è criticata ed il più delle volte da quelle persone che anni prima hanno scalato quelle stesse vie. Questa resta un po’ una contraddizione. Scavare ha fatto parte della storia della scalata. Non bisognerebbe criticarlo.
La montagna è il tuo mestiere?
Non più, e forse lo è stato per poco visto che la sfortuna ha fatto il suo decorso alcuni anni fa.
Ho vissuto l’arrampicata sempre nel compromesso come la maggior parte delle persone. Alle volte mi rendo conto che non sono stato abbastanza deciso nel fare le scelte giuste al momento giusto. E stranamente vivendo nel compromesso di fronte alle altre persone appari ancora più egoista rispetto ad altri che fanno scelte radicali e pensano solo alle loro pulsioni primarie. Ho vissuto come una persona normale con un energia infinita ed uno spirito di sacrificio estremo. Mi sono diviso in mille pezzi per vivere queste vite cosi differenti.
Oggi alle volte mi chiedo ancora cosa sia a spingermi avanti a non cambiare un po’. Ma forse ultimamente qualcosa di meglio nella mia vita verticale sta arrivando.

Tempo fa so che avevi pensato eventualmente di diventare guida: hai accantonato l’idea?
Accantonata definitivamente. La montagna mi piace guardarla ed ammirarla, ma l’ idea di portare in giro la gente e una cosa che non mi attira. Visto che l’arrampicata per ora risulta essere per me uno pseudo lavoro, devo gia stare attento a non nausearmi per mantenere la passione forte e viva.

In Italia, al contrario di molti altri paesi, non esiste la possibilità di fare il maestro di arrampicata: tu che cosa ne pensi?
Questo limite sminuisce un po’ il nostro lavoro, soprattutto quello di chi come me gestisce realtà che fungono da vivaio per questo sport. Mi sembra allucinante per uno come me che scala da 25 anni, non poter portare in giro ragazzi senza rischiare di prendersi una denuncia come gia accaduto in passato per qualcuno. Sicuramente qualcosa dovrà cambiare nei prossimi anni.

Allo stesso modo non è possibile fare professionalmente il chiodatore: sei d’accordo?
Chiodare non è cosa di per sé complicata. Farlo bene è molto differente. Ho visto chiodature oscene in giro soprattutto nelle vie facili. Secondo me anche questa la figura del chiodatore dovrebbe essere professionale, ma nel senso che chi lo fa dev’essere realmente in grado di farlo con grande cura.
Chiaramente uscirebbero fuori altre complicazioni quali appalti per chiodare e tutta la burocrazia che ne consegue. Io ho sempre chiodato di mia tasca senza ricevere mai aiuto economico, neanche dagli amici.

Pensi che l’arrampicata possa essere un elemento aggregante per le persone?
Sicuramente si e le realtà indoor lo mettono bene in evidenza. La gente le frequenta anche se alle volte ha poca voglia di allenarsi e vieni li anche solo per scambiare due parole.

Molte persone sostengono che l’arrampicata può generare turismo ecocompatibile tu che ne pensi?
L’arrampicatore per spirito personale è una persona che ama viaggiare e da qui ne consegue che si generi turismo. Arco e Finale sono gli esempi più eclatanti. In falesia a differenza di alcuni anni fa, alle volte vedo che c’è una carenza di educazione e modi di comportarsi.

Cosa pensi delle correnti TRAD che si stanno sviluppando molto ultimamente?
Il trad non mi piace e non lo condivido molto, se non in alcune zone nelle quali ha avuto origine. Io sono per lo sport e la sicurezza…e poi non trovo il senso di provare una via magari venti volte con la corda dall’ alto per poi fare un tentativo al limite.

Che cosa pensi della ripetizione trad del tiro “The Doors” di Matteo Della Bordella dopo aver scardinato i fixe dalla parete?
Se i friends al posto degli spit ti danno la stessa sicurezza perchè no… Credo che il problema sia ben più vasto e vada al di la dell’ etica. La roccia è di tutti e di nessuno. Se qualcuno ha messo gli spit prima di te e poi tu glieli togli …io direi con che diritto? È come l’infinita storie delle prese scavate. Non bisogna scavare! E poi alla fine vedi che tutti senza escludere i top vanno volentieri alla caccia di vie anche se hanno dei bei buchi di trapano. Come avevo detto anni fa ognuno si veste di un etica che gli fa più comodo al momento a seconda di quello che fa. Ce ne sarebbe da dire ancora come ad esempio saltare gli spit sulle vie dure o partire con il quarto spit dentro. Le uniche vere regole per me sono quelle che si adottano nelle competizioni e personalmente io cerco di seguire sempre quelle che rimangono uguali per tutti.

Che ne pensi della questione esplosa in relazione alle vie di Heinz Grill?
Mi cogli impreparato. Ho letto qualcosa sui forum ma poi ho subito cambiato canale… A me in fondo interessa solo l’arrampicata intesa nel senso di sport. Da tutte le varie discussioni che escono sui forum me ne sto abbastanza alla larga.

Cosa diresti ad un ragazzo che inizia a fare arrampicata?
Fallo perchè ti fa bene, ti fa viaggiare, conoscere gente, imparare le lingue e stare in mezzo agli altri. Ti aiuta a diventare forte psicologicamente e a superarti.

E se inizia a fare alpinismo?
Stai attento perchè non tutto dipende da quanto sei bravo…


Hai in mente altri progetti che iniziano per 9…?
I progetti a lungo termine e quindi duri sono quelli che mi danno la forza per allenarmi seriamente. Alle volte mi chiedo ancora quale sia la spinta che mi porta avanti. Mi accorgo che non ho più la freschezza dei vent’anni e l’energia vitale e minore più il tempo passa. Cerco di sopperire con l’ astuzia cercando di crearmi a volte illusioni che alla fine qualche volta diventano realtà. Alcuni progetti di 9 sono gia chiodati e sono li in attesa di essere fatti. Certe volte mi è difficile far combaciare sport e vita normale. Sento che le energie vengono meno e i periodi di forma super sono difficili da trovare.

Tempo fa sei anche stato il protagonista di un cortometraggio relativo ad una tua scalata estrema: cosa puoi dirci a riguardo?
Insieme a Valerio Folco abbaiamo girato SS2 un idea che era li da anni, ma non trovava il regista giusto. Valerio si e offerto e ne e uscita un po’ la storia delle mie vie aperte lungo la Valle d’Aosta. L’ idea di Valerio era quella di far uscire più che il climber, l’ uomo e tutto ciò che gravita attorno alla sua sfera. Quindi una persona normale che cerca con dei sacrifici di sentirsi se stesso ed esaudire le proprie pulsioni. Se siamo riusciti a fare questo, abbiamo raggiunto il nostro obiettivo. E poi era anche il desiderio di lasciare una testimonianza video di me…

SS26 from Valerio Folco on Vimeo.

Quali sono i tuoi futuri progetti?
Forse una palestra nuova e molto più grande…continuare a scalare al massimo e dedicarmi un po’ più a me stesso. …cosa che ultimamente ho fatto poco!

Com’è Alberto nella vita di tutti i giorni?
Alle sette mi alzo ed alle otto sono in ufficio…A mezzogiorno stacco mi alleno un’ora al trave e poi riprendo il lavoro fino alle quattro, ora in cui stacco e mi reco alla Runout per il mio secondo lavoro. Finisco alle dieci di sera ed alle volte mi sento un po’ esausto.

Qual è il futuro dell’arrampicata e quale quello dell’alpinismo?
Per l’alpinismo non posso parlare, anche se credo che sebbene sia diventato sempre più alla portata di tutti, ci sia ancora spazio per le grandi avventure…
Per l’ arrampicata direi che i limiti si sono spinti molto in là ultimamente anche se credo che per il fatto che non ci sia un cronometro che sentenzia la tua performance, alcune prestazioni rimangono molto legate a fattori diversi, uno dei quali è il luogo in cui queste performances avvengono.

Quale il futuro della Montagna?
Vorrei e mi piacerebbe pensare che non tutto nella montagna sia conquistato un giorno e che rimangano luoghi in cui l’ uomo non possa mettere mai piede. Abbiamo gia invaso spazi che avrebbero dovuto essere lasciati tali…

Intervista di Christian Roccati

www.mountainblog.it/christianroccati
www.christian-roccati.com


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